Maturità 2025, i consigli dello psicologo per gestire ansie e paure: “L’esame non decide chi siete”

In Italia, l’Esame di Stato non è soltantouna prova scolastica: è un rito di passaggio, una soglia simbolica che separa l’adolescenza dall’età adulta. Per i maturandi rappresenta una tappa densa di significato, carica di emozioni, aspettative e timori. È il momento in cui si fa il punto su cinque anni di scuola e, al tempo stesso, si inizia a guardare oltre, verso il futuro. Come ogni rito di iniziazione, la Maturità porta con sé tensione, incertezza, ma anche la possibilità di scoprirsi più forti di quanto si creda. A parlarne con profondità e chiarezza è Giuseppe Lavenia – psicologo, psicoterapeuta, saggista e docente universitario – che a Fanpage.it ha spiegato non solo che l’ansia può trasformarsi in un utile propulsare per dare al massimo, ma anche i genitori ricoprono un ruolo attivo e cruciale, a patto però che riescano a supportare senza diventare a loro volta un'ulteriore fonte di pressioni e timori.
Professore, l’ansia prima degli esami è la grande compagnia dei maturandi che si apprestano ad affrontare l'Esame di Stato. È possibile gestirla senza rimanerne paralizzati?
L’ansia non è un errore. È una reazione. Accade ogni volta che ci troviamo davanti a qualcosa che conta, qualcosa che ci espone. L’esame, per molti ragazzi, non è solo un test: è uno specchio. E fa paura guardarci dentro. Il problema non è l’ansia in sé, ma quando la trasformiamo in un giudice implacabile che sussurra: "non ce la farai". Per gestirla serve normalizzarla e ritualizzarla. Normalizzarla vuol dire capire che è legittima, che non sei "strano" o "sbagliato" se tremi prima di entrare. Ritualizzarla, invece, significa costruire una routine rassicurante: orari, pause, alimentazione, sonno, movimento, respiro. E un tempo, anche breve, per staccare la mente. L’ansia si placa quando ci sentiamo preparati, sostenuti e non soli. E se non si placa, si attraversa. Non bisogna eliminarla, bisogna imparare a conviverci.

A parte non aprire un libro qual è l’errore più grande che uno studente può commettere in vista dell’esame?
Pensare che l’esame dica chi sei. Non è così. È un momento, non una definizione. Il voto che prenderai non racchiude il tuo valore, ma solo una prestazione, in un giorno preciso, su un contenuto specifico. Nient’altro. Un altro errore è paragonarsi continuamente, ma attenzione: confrontarsi, se fatto bene, può aiutare. Serve a misurarsi, a capire dove si è, a prendere spunti. Ma se diventa un metro per sminuirsi o auto-sabotarsi, diventa tossico. Il punto non è essere i migliori della classe, ma sapere di aver dato il massimo possibile nelle proprie condizioni. E non è poco. Perché ci sono ragazzi che studiano mentre lavorano, mentre combattono ansie, pressioni familiari, stanchezze profonde. Chi arriva all’esame, arriva già da vincitore, perché ha resistito.
Che ruolo giocano i genitori in questi giorni tanto intensi?
Essenziale. Ma non per correggere, spingere o indagare. Il ruolo del genitore è tenere la posizione emotiva, mentre il figlio attraversa la sua tempesta. Serve dire meno "studia di più" e più "so che ce la puoi fare". Meno "vediamo come andrà" e più "qualunque cosa succeda, io ci sono". In quei giorni, i ragazzi non hanno bisogno di consigli, ma di una presenza stabile. Non serve un genitore perfetto, ma un adulto che non vacilla mentre loro tremano. Chi riesce a comunicare fiducia, senza invadere, regala sicurezza. Chi pretende, invece di contenere, alimenta la paura di fallire.

Quanto è importante mantenere un atteggiamento positivo?
Pensare positivo non significa illudersi che andrà tutto bene, ma allenare la mente a non scegliere solo il peggio.
Significa ricordarsi che non siamo soli, che non tutto dipende da noi, e che anche se qualcosa andrà storto… si potrà aggiustare.
Un consiglio che darebbe ai ragazzi e le ragazze che se la vedranno con l'Esame di Stato?
Ogni sera, scrivete tre cose che avete fatto bene: anche minuscole. Serve a rimettere a fuoco la realtà, e non solo le paure.
E poi parlate, condividete, scegliete con chi stare: i pensieri negativi si moltiplicano nella solitudine, ma si ridimensionano quando trovano un ascolto. Infine, ricordatevi che l’esame è una prova, non un’etichetta. È un passaggio, non un verdetto. E quando lo capirete, vi accorgerete che sì, fa paura, ma non ha il potere di definire la vostra vita.