video suggerito
video suggerito

Madre vince maratona da 100 km mentre allatta: “Come mamma ho guadagnato gioia e forza per la sfida”

Sei mesi dopo il parto e ancora in allattamento, la runner e avvocata per i diritti umani Stephanie Case ha vinto una ultramaratona da 100 km in Galles, fermandosi tre volte per nutrire la figlia. La sua impresa, diventata virale, lancia un messaggio potente: la maternità non cancella l’identità personale e ogni donna ha il diritto di scegliere il proprio percorso.
A cura di Niccolò De Rosa
0 CONDIVISIONI
Immagine

Completare una ultramaratona è un'impresa per pochi. Farlo sei mesi dopo aver partorito, fermandosi più volte lungo il percorso per allattare, è qualcosa che nemmeno una sceneggiatura cinematografica oserebbe immaginare. Eppure è ciò che ha fatto Stephanie Case, avvocata canadese per i diritti umani e runner appassionata, vincendo una delle gare più dure del Regno Unito. La sua storia è diventata celebre, non solo per l’incredibile prestazione sportiva, ma per il messaggio potente che porta con sé: la maternità non è affatto la fine della vita vissuta prima della gravidanza.

Un traguardo inatteso

L'Ultra-Trail Snowdonia, 100 chilometri tra i paesaggi montuosi del Galles del Nord, non era il luogo dove Stephanie Case pensava di brillare. Reduce da una lunga pausa forzata dalla corsa e ancora in allattamento, il suo unico obiettivo era tagliare il traguardo e garantire che la piccola Pepper, sua figlia di sei mesi, potesse essere nutrita. Aveva ottenuto un permesso speciale dagli organizzatori per fermarsi a metà percorso e allattare, oltre ai checkpoint standard a disposizione degli altri corridori.

Durante la gara, il compagno John Roberts ha supportato Case portandole la bambina ai punti di rifornimento. Ma le regole erano chiare: John poteva solo porgerle Pepper, senza aiutarla in altro. La gestione di alimentazione, equipaggiamento e allattamento era tutta sulle sue spalle. Insomma, niente a che vedere con una strategia per vincere. Eppure, dopo 16 ore e 53 minuti, con tre soste per allattare comprese nel tempo di gara, Case è risultata la più veloce tra le donne. "Non era nemmeno una possibilità che avevo considerato", ha raccontato alla CNN.

Credits: Instagram/@theultrarunnergirl
Credits: Instagram/@theultrarunnergirl

Tra fatica e identità ritrovata

La sua vittoria è arrivata dopo un percorso tutt'altro che lineare. Case aveva messo in pausa la corsa per tre anni, nel mezzo di un doloroso viaggio tra aborti spontanei e tentativi di fecondazione assistita. Quando finalmente è nata Pepper, ha deciso di tornare gradualmente alla sua passione. "Appena ho ricominciato a correre, sei settimane dopo il parto, mi sembrava che gli organi dovessero uscirmi dal corpo… ma mi sentivo di nuovo me stessa", ha spiegato.

Riprendere a correre significava anche ritrovare un pezzo della propria vera essenza, in una fase in cui molte donne faticano a riconoscersi a causa dei grandi cambiamenti che l'arrivo di un figlio comporta. Per lei, invece, la corsa è stata una forma di resistenza emotiva oltre, che fisica. "La maternità è una trasformazione totale. Ritrovare anche solo una cosa che resta stabile può fare la differenza", ha affermato.

Credits: Instagram/@theultrarunnergirl
Credits: Instagram/@theultrarunnergirl

Reazioni e riflessioni

La sua impresa ha suscitato reazioni contrastanti. Se da un lato molti l’hanno celebrata come esempio di forza e determinazione, non sono mancate le critiche: c’è chi le ha chiesto perché non fosse rimasta a casa con la bambina, altri hanno commentato il suo aspetto o la sua età. Un mix di paternalismo e superficialità che troppo spesso colpisce le madri, qualunque scelta facciano. Altre donne, invece, si sono sentite sopraffatte dal racconto, come se la resistenza di Case fornisse nuove pressioni sul loro operato: "Alcune mamme mi hanno detto che si sentivano inadeguate, come se dovessero per forza essere madri perfette, tornare in forma, lavorare e magari correre anche una maratona", ha spiegato Case. Ma per la donna io messaggio dietro alla condivisione delle sua storia era esattamente l'opposto: "Non si tratta di fare tutto, ma di poter scegliere".

Stephanie Case non vuole essere un modello irraggiungibile. "Non esiste un punto di ritorno dopo il parto. Esiste solo la fase successiva. Qualunque essa sia, andrà bene, se è quella giusta per te", ha scritto sui social. Intanto a luglio la aspetta un’altra impresa, l’Hardrock 100 in Colorado, con 160 chilometri e dislivelli vertiginosi. Ma al di là della prestazione, il vero messaggio che porta avanti è che le madri possono – e devono poter – vivere una maternità su misura, senza rinunciare a ciò che le fa sentire vive.

Come ha sottolineato ai media la dottoressa Megan Roche, esperta in medicina dello sport e consulente di Case, "l'importante è ascoltare il proprio corpo, seguire il parere degli esperti e scegliere ciò che fa stare bene". E Stephanie, con le sue scarpe da trail e la figlia in braccio, ha dimostrato che la forza di una madre può spingersi ben oltre ogni traguardo.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views