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Verso l’assemblea, Leu diviso tra scissioni e ipotesi congresso: Possibile e SI temono blitz

Domani a Roma si prevede un’assemblea di LeU ad alta tensione: il rischio rotture si fa sempre più concreto, qualora prevalga la linea di Mdp: Speranza spinge per l’inizio immediato della fase congressuale. Ma Sinistra italiana e Possibile non ci stanno, e temono di venire sacrificati sull’altare di un progetto, quello del partito unico, imposto dall’alto.
A cura di Annalisa Cangemi
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Le scintille sono assicurate. E lo spettro delle spaccature si fa sempre più incalzante. All'assemblea nazionale di Liberi e Uguali, prevista per domani, sono in tanti a temere rotture, e l'aria pesante fa presagire che, se non voleranno proprio le sedie, di certo la discussione sarà serrata, e nessuna delle parti in campo ha intenzione di mandarle a dire. Il rischio è che ci possa essere un vero e proprio blitz da parte di chi, tra coloro che si sono presentati alle elezioni del 4 marzo sotto il comune ombrello di LeU, vuole adesso accelerare per dar vita al partito unico. È Mdp-Articolo 1 a spingere per l'upgrade a partito, con una fusione con Possibile di Civati, che ha da poco passato il testimone alla neoeletta Beatrice Brignone, e Sinistra italiana, guidata da Nicola Fratoianni. Da lista elettorale a partito vero e proprio quindi, partendo magari da subito con i tesseramenti. Più facile a dirsi che a farsi. Si andrà in scena domani nel centro congressi del Marriott Park Hotel, a Roma, e sarà chiaro solo alla fine se sarà un matrimonio o l'ennesimo divorzio.

Il progetto, su cui spingerebbe volentieri il coordinatore Roberto Speranza d'accordo con Bersani e D'Alema, è quello dell'avvio immediato di una fase congressuale. La roadmap è motivata in questo modo: "Basta aspettare e traccheggiare – ha chiarito Speranza pochi giorni fa – non può bastare il dialogo sempre cordiale e piacevole tra di noi. Non sono disponibile a sostenere alcuna operazione verticistica, abbiamo già dato e i risultati sono stati molto modesti. Serve un percorso democratico autentico, senza paracadute per nessuno. Una testa un voto, per trasformarci in un partito e superare definitamente i tre soggetti di partenza che alle fine del percorso costituente dovranno sciogliersi". E d'altra parte che il vento, dopo il 4 marzo, stia soffiando in quella direzione al quartier generale di Mdp è risaputo, non solo tra gli addetti ai lavori. Basta dare un'occhiata al sito del gruppo, dove tra gli interventi spicca un blog con un titolo che è già una mozione: "Facciamo il partito di Liberi e Uguali. E per ora balliamo da soli". L'autore è lo psicanalista Maurizio Montanari, una posizione personale, certo, ma pare non dispiaccia ai vertici. La tesi è sostanzialmente questa: per fare opposizione all'esecutivo giallo-verde occorre prima fortificarsi, pena la dissoluzione. Ma il vero cruccio è: "Dialogo con il Pd sì o no?". Da Montanari il Pd viene definito senza mezzi termini una "nebulosa in via di autodistruzione". Troppo renziano questo Pd per poter essere un interlocutore. Pecca ancora di tracotanza e i dirigenti del partito, a parte l'affondo del presidente Matteo Orfini che sembra aver scaricato la colpa del fallimento alle politiche (quelle migratorie soprattutto) del governo uscente, non si sono distinti nell'arte dell'autocritica. E allora? Non tutti in Mdp pensano sia prematuro per i fuoriusciti un ritorno all'ovile.

Enrico Rossi, che pure è un battitore libero, ha detto che non bisogna "Disperdere la piccola forza che abbiamo raccolto. A condizione però che ci sia chiarezza su due temi: sulla necessità di volere un'Europa unita e socialista, diversa, più sociale ma quello è il quadro entro cui dare battaglia; e di ricostruire un’alternativa di Sinistra alla destra e ai populisti e avere una strategia di alleanza con il Pd, naturalmente un Pd che torna a guardare a Sinistra".

Nei tavoli e nelle riunioni che si stanno susseguendo in queste ore si cerca di trovare una soluzione di "sintesi", tra le istanze separatiste e quelle unioniste. Magari passando dalla mediazione di Sinistra italiana, che vorrebbe provare a battere la via della federazione, come forma di compromesso per salvaguardare l'autonomia dei tre partiti. Possibile, che comunque intende mantenere una collaborazione in Parlamento con gli altri due, è pronto a fare le valigie, in caso già domani si manifestino le prime forzature. Senza rancore insomma, ma ognuno per la strada, sfilandosi quindi dall'idea del partito unico. Possibile propende per una sorta di coordinamento politico tra i tre attori, senza rischiare così di scomparire, fagocitato dal più corposo dei tre, Mdp appunto. Un percorso inverso, per permettere a ognuno di arare il proprio campo, per poi ritrovarsi magari più avanti, e rilanciare insieme la Sinistra. Ma non prima di aver aperto ai corpi intermedi della società e ai movimenti che di questo progetto vorranno farsi promotori.

Non di poco conto poi è la questione del simbolo, ulteriore motivo di divisione. Il simbolo di Liberi e Uguali è stato infatti registrato dal leader Pietro Grasso e dagli altri tre segretari. Bisognerà capire chi la spunterà, perché qualora dovesse avere la meglio chi preme per un partito subito, dovrà prima ottenere il via libera dagli altri soggetti per utilizzarlo. Che LeU nasca cambiando logo non sembra un'idea di comunicazione vincente.

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