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Totò Riina è morto, la mafia no

Toto Riina è in fin di vita. Oggi il “capo dei capi” compie 87 anni. I figli al suo capezzale

L’indiscusso boss di Cosa Nostra sta scontando 26 condanne all’ergastolo nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma: è in coma farmacologico dopo due interventi. I figli possono vederlo: il Ministro Orlando ha firmato il permesso. “Per me non sei Riina, sei il mio papà” scrive Salvo, su Facebook.
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A cura di Biagio Chiariello
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Il capo dei capi, Salvatore ‘Toto' Riina, è in fin di vita. Malato da tempo, il boss originario di Corleone (Palermo) è ricoverato presso il reparto detenuti dell'ospedale di Parma. Il capomafia, che proprio oggi 16 novembre compie 87 anni, è in coma da diversi giorni dopo due interventi chirurgici. Suo figlio Salvo gli fa gli auguri su Facebook: "Per me tu non sei Totò Riina, sei il mio papà. E in questo giorno per me triste ma importante ti auguro buon compleanno papà. Ti voglio bene, tuo Salvo". Salvo, insieme a Lucia, Maria Concetta e Giovanni potranno stargli vicino in queste ore in ospedale, visto il precipitare delle condizioni del padre: con il parere positivo della Procura nazionale antimafia e dell'Amministrazione penitenziaria, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha firmato il permesso per i suoi familiari (anche la moglie e i parenti più stretti) ,che saranno autorizzati a stare vicini al proprio congiunto, la cui situazione di salute è peggiorata drasticamente dopo i due interventi subiti nelle ultime settimane.

Arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza, Riina è ancora considerato dagli inquirenti il capo indiscusso di Cosa Nostra. Dopo il doppio intervento chirurgico, i medici avevano da subito avvertito che difficilmente il boss, le cui condizioni sono da anni compromesse, avrebbe superato gli interventi.

Il padrino corleonese sta scontando 26 condanne all’ergastolo per numerosi omicidi, incluse anche delle stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati del ’92 in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e quelli del 1993 a MilanoRoma e Firenze. Fu lui a lanciare Cosa nostra in un’offensiva armata contro lo Stato nei primi anni Novanta, dopo che le condanne del maxi processo divennero definitive. Riina non si è mai pentito: solo tre anni fa si vantava dei fatti di Capaci, parlando col detenuto Alberto Lorusso nel carcere milanese di Opera. Sempre in quell'occasione a minacciare di morte magistrati come il pm Nino Di Matteo. L’ultimo processo a suo carico, ancora in corso, è quello sulla trattativa Stato-mafia, in cui è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato insieme a carabinieri come Mario Mori e Antonio Subranni e politici come Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino.

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