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Torino, il veterinario che ha ucciso un leone: “E’ un istinto che fa parte di me”

“Fa parte della cultura contadina che mi ha cresciuto, da piccolo aspettavo il rientro dei cacciatori per vedere le loro prede. Anche se dopo aver ucciso c’è sempre un po’ di amarezza”. Si difende così Luciano Ponzetto, veterinario di Caluso, che ha ucciso l’animale durante un safari in Africa.
A cura di Biagio Chiariello
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Non arresta a placarsi la polemica per le immagini circolate nelle ultime ore sui social network del veterinario di Caluso (Torino), Luciano Ponzetto, immortalato davanti al suo ‘trofeo’ appena conquistato: un leone ucciso in Tanzania. "Su internet sto leggendo di tutto. C'è chi mi vuole far investire con la macchina. Chi mi vuole sparare in fronte. Mi hanno cercato anche a casa", dice in un’intervista a La Stampa il cacciatore 50enne. "In Italia nessuno vieta a un veterinario di imbracciare un fucile e di cacciare", si difende contro chi ne chiede la radiazione dall'albo. Il medico, che dal 1999 è direttore sanitario del canile di Caluso, l’unica struttura che nel Canavese si occupa dei randagi, sottolinea come non ci sia alcuna incompatibilità tra il curare gli animali nel suo studio e invece, nel tempo libero, cacciarli nei safari.

"Fa parte della cultura contadina che mi ha cresciuto", racconta al quotidiano piemontese. "Da bambino aspettavo il rientro dei cacciatori per vedere le loro prede. Ho questo istinto, anche se dopo aver ucciso c'è sempre un po' di amarezza", aggiunge. "So bene di non aver fatto nulla di irregolare. Sono frastornato – prosegue -, mi trovo a dover rispondere di una fotografia vecchia di cinque anni. Adesso perfetti sconosciuti mettono in dubbio la mia professionalità, il mio lavoro e l'amore che ho sempre avuto per gli animali". Il veterinario assicura che questa vicenda non ha intaccato la sua passione e continuerà a cacciare "fino a quando le leggi lo permetteranno" ma che "se un giorno dovessi fare una scelta, di sicuro sceglierò quella professionale".

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