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Terremoto in Iran e Iraq: sale a 530 il numero dei morti

Il bilancio delle vittime sembra essere destinato a salire ulteriormente visto che tra le migliaia di feriti molti versano in gravi condizioni.
A cura di Davide Falcioni
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E' salito ad almeno 530 morti il bilancio delle vittime del violentissimo terremoto che domenica sera ha colpito le regioni occidentali dell'Iran, al confine con l'Iraq. Le ultime notizie rilanciate dall'agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna riferiscono inoltre di almeno 7.817 feriti. Sono dodicimila le case "completamente distrutte" dal sisma. Lo riferisce la Bbc citando una funzionaria della Mezzaluna Rossa, Mansoureh Bagheri. A seguito del sisma e dell'altissimo numero di morti per oggi in Iran è stato proclamato un giorno di lutto nazionale. Bagheri ha precisato che le operazioni di soccorso sono finite e che ora la priorità è quella di dare un riparo alle persone colpite al più presto possibile. Nel frattempo la televisione di Stato iraniana ha riferito che migliaia di sopravvissuti hanno trascorso un'altra notte all'aperto o in campi di accoglienza. E' stato sconsigliato il ritorno nelle abitazioni rimaste in piedi a causa delle decine di scosse di assestamento seguite alla prima.

Secondo fonti dei soccorsi, centinaia di persone potrebbero essere ancora intrappolate sotto le macerie di un complesso residenziale. Il conto delle vittime, quindi, sembra essere destinato a salire ulteriormente: alcune località in questa regione montagnosa sulla catena degli Zagros non sono ancora state raggiunte dai soccorritori a causa delle strade bloccate dalle frane, inoltre molti dei superstiti versano in condizioni disperate. Da Teheran sono arrivate unità cinofile dei vigili del fuoco. Ma alla tv alcune persone hanno denunciato lentezza delle operazioni. Sui siti e social media iraniani, inoltre, crescono gli interrogativi sulla differenza nel numero delle vittime in Iran e in Iraq. Secondo alcune testimonianze, tra gli edifici crollati ve ne sarebbero alcuni costruiti durante il governo del presidente ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad nell'ambito di un programma di edilizia popolare a costi contenuti.

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