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Stuprata dall’orco a scuola elementare, la storia di Manuela: “Non capivo neanche cosa stesse facendo”

La scuola elementare, il luogo dove i bambini dovrebbero essere a sicuro e felici, è l’inquietante teatro di uno stupro. Vittima Manuela (nome di fantasia), sette anni, sorpresa nei bagni da un bidello orco: “Non sapevo neanche cosa stesse facendo”.
A cura di Angela Marino
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Foto di archivio
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Manuela oggi ha sedici anni, un ragazzo e dei sogni per il futuro. Ha scritto a Fanpage.it per raccontarci il giorno che le ha cambiato la vita per sempre: "Vedevo la sua faccia ovunque, ma oggi voglio dare voce e coraggio a tutte le storie come le mie che, per paura, restano segrete".

Raccontaci di quella terribile giornata

M. "Andavo in seconda elementare, ricordo che allora mia madre mi raccomandava sempre di non andare mai nei bagni pubblici, perché oltre al fatto che sono sporchi, non si sa mai chi ci va. Quel giorno però, era urgente e così ci sono andata durante le lezioni. Quando sono entrata c’era un bidello che stava pulendo un lavandino, sembrava che stesse per andare via, allora sono entrata in una delle toilettes e ho chiuso la porta. Non appena mi sono abbassata i pantaloni, lui l'ha spalancata. Mi ha preso e mi ha buttato a terra".

Hai provato a chiamare aiuto?

M. "Ho urlato con tutta la voce che avevo, però, quasi subito, mi ha messo una mano sulla bocca per zittirmi, ha cominciato a schiaffeggiarmi e ha continuato per non so per quanto. Non sapevo neanche cosa stesse facendo, perché a sette anni non potevo capire. Non so quanto tempo è durata, per me fu un’eternità, so solo che volevo che finisse. Dopo un po’ ho smesso anche di urlare perché continuava a colpirmi. Prima di lasciarmi andare mi ha minacciato: ‘Se lo dici a qualcuno ti farò qualcosa di molto peggio'”.

La maestra non si è accorta di nulla?

M. "Quando sono tornata in classe i miei compagni e la maestra hanno notato che avevo la faccia rossa e avevo pianto. Gli ho detto che ero sbattuta contro la porta del bagno, e loro per tutta risposta mi hanno preso in giro. Alla mamma dissi la stessa cosa".

Come hai affrontato i giorni successivi?

M."Stavo male, avevo paura anche dei miei familiari, camminavo sempre a testa bassa, evitavo lo sguardo di tutti".

Lui ti ha molestato altre volte?

M."No, fortunatamente andò via un anno e mezzo dopo. Non conosco il suo nome, so solo che era un alcolizzato e che è morto di attacco di cuore qualche anno più tardi".

Come è stata la tua vita dopo quell'orribile episodio?

M."Ho cominciato a non dormire, ad avere incubi, vedevo la sua faccia ovunque. La sua fisionomia mi tormentava: era anziano calvo, con i baffi. Da allora ho cominciato ad aver paura delle persone anziane, cosa per cui ancora oggi mi prendono in giro. Alle scuole medie ho anche pensato al suicidio, ma quell'anno mia zia è rimasta incinta, la mia zia preferita. Ho pensato che non dovevo dare il dolore della mia morte alla mia famiglia, non era giusto".

Quand'è che le cose hanno cominciato a cambiare?

M."Quattro anni fa ci siamo trasferiti per il lavoro di mio papà. Cambiare città mi ha dato un po' di speranza, ma continuavo a stare male. Avevo allucinazioni, lo vedevo tre quattro volte al giorno, mi grattavo violentemente i polsi per lo stress, tanto che mi sono rimaste delle cicatrici".

Hai incontrato il tuo fidanzato

M. "Avevo provato più volte a parlarne con qualcuno, ma non ci sono mai riuscita, alla fine rinunciavo. Lui è il mio primo ragazzo, mi ha sempre ispirato fiducia. Sono contenta di averglielo detto, mi ha aiutato tanto e continua a farlo. Mi ha comprato delle fasce per i polsi e con il suo aiuto sono riuscita pian piano a non torturameli più. Mi ha spinto a dirlo alla mia famiglia".

Come lo hai detto alla mamma?

M."Era il giorno in cui ricorreva quell'episodio, il nono anniversario. Ero a piangere sul letto e le ho scritto un messaggio dove le raccontavo dello stupro. Appena lo ha letto è corsa da me, era in lacrime, tremava… si è data la colpa di tutto. In quel momento mi sono pentita di averle dato quel peso".

Ma non è stata colpa sua e neanche tua

M. "È solo colpa di quell'uomo, l'ho capito con il tempo. Da allora, anche grazie all'aiuto di una psicologa, ho cominciato a stare sempre meglio e oggi i sintomi, le allucinazioni, lo stress, gli incubi, sono molto diminuiti. So che è morto e non può più farmi del male".

Quanto è stato utile parlarne?

M. "All’inizio ero scettica. In nove anni ho sempre mi sono tenuta questo segreto, convinta che da sola potevo gestire tutto. Invece ho dovuto ammettere che mi serviva aiuto e da allora è cambiato tutto. Ho un legame più forte con mia madre, più vero e ho ribattezzato quel giorno, quel brutto giorno, come quello in cui ho ripreso a vivere".

Cosa diresti alle altre ragazze che hanno vissuto il tuo dramma?

M. "Io vorrei solo dire loro di non fare il mio stesso errore. Per anni mi sono sentita debole, ma ho capito che era solo autoconvinzione, me lo aveva fatto credere lui, mi aveva umiliata, mi aveva coperto di vergogna. E io pensavo di meritare tutto questo, di averlo meritato entrando in quel bagno dove mia madre mi aveva sempre detto di non andare. È questo è l’errore che sono certa queste ragazze fanno, questo è l’errore che non le fa reagire".

Cosa farai da grande?

M. "Voglio fare la psichiatra. Ci sono molte persone presentano dei disturbi permanenti che non si possono curare solo con la terapia psicologica e io voglio aiutare queste persone a superare questi problemi".

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