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David LaChapelle: “La tecnologia è il nostro Dio per questo il mondo sta andando in confusione”

Dagli esordi con Andy Wahrol al ritiro dal mondo della moda, il fotografo David LaChapelle si racconta in occasione della nuova mostra a Milano.
A cura di Clara Salzano
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David LaChapelle nella Galleria Deodato a Milano
David LaChapelle nella Galleria Deodato a Milano

David LaChapelle è stato uno dei fotografi più pop e surreali della moda. Dopo il ritiro dal mondo patinato del fashion, ha raccontato il nuovo millennio con lo stesso occhio indiscreto con cui ha fotografato star come David BowieMichael Jackson e Naomi Campbell. I suoi inizi con Andy Wahrol nella New York degli anni Ottanta lo hanno consacrato nell'Olimpo della fotografia del XXI secolo. I ritratti iperrealisti e dall'estetica pop di star come Britney Spears, Leonardo DiCaprio e Lady Gaga, svelano il fascino e l'ironia dell'arte di David LaChapelle, che è una continua dicotomia tra bellezza e degrado, popolarità e decadenza, uomo e natura. In occasione della nuova mostra a Milano, Poems and Fevers, aperta al pubblico fino a dicembre 2022 presso la Galleria Deodato Arte, abbiamo incontrato l'artista. Ai microfoni di Fanpage.it David LaChapelle racconta la sua carriera, le sue opere più iconiche e la nuova vita lontana dallo star system.

Classe 1963, LaChapelle ha vissuto una carriera costellata di successi. Col suo occhio indiscreto ha immortalato alcuni dei nomi più importanti della musica e della cultura, talvolta ponendosi come artefice della loro stessa notorietà, fino ad allontanarsi dal mondo patinato dello spettacolo e ritirarsi alle Hawaii, dove vive in un paradiso personale. Oggi le sue fotografie re-immaginano idee e valori fondamentali, temi attuali e politici con una nuova estetica e spiritualità: “Sento la responsabilità di portare luce nel mondo – afferma LaChapelle – e creare immagini che possano elevare e servire l'umanità, anche impiegando dramma e umorismo. Che siano laiche o religiose, le mie immagini fanno parte della stessa esperienza e di una prospettiva in evoluzione".

David LaChapelle, Behold, Hawaii, 2017-©David LaChapelle
David LaChapelle, Behold, Hawaii, 2017-©David LaChapelle

Dopo il successo della mostra al Mudec, lei torna a Milano con una mostra che raccoglie alcuni dei suoi scatti più iconici, in una narrazione eterna e metafisica, c’è un fil rouge che lega tutte le sue opere? Come vede la sua evoluzione artistica?

In questa mostra ci sono molti lati della mia personalità. Ci sono degli scatti che sono divertenti e pop e altri che sono più profondi e hanno un aspetto più
contemplativo e spirituale.

Quando ha deciso che sarebbe diventato un fotografo?

Ho sempre voluto fare l’artista. Ho smesso di ascoltare le lezioni a scuola quando ero ancora molto piccolo. Ho smesso di seguire gli insegnanti. Stavo in classe e disegnavo sempre. A 17 anni sono andato al liceo e lì ho imparato a fotografare, C’era un corso di fotografia e me ne sono subito innamorato perché con altre persone si creava uno spazio per lavorare insieme e io amo le collaborazioni. Mi piace poi la parte della camera oscura…la tecnica fotografica è molto importante per me. Tengo alle stampe e alla qualità delle stampe: le opere qui in esposizioni sono molto diverse da come si vedono su uno schermo.
Come sono stati i suoi esordi nella rivista Interview di Andy Warhol? Qual è stato l’impatto di Warhol sulla sua carriera? Cosa ricorda di lui? Cosa le ha lasciato quell’esperienza?

Ero molto felice di essere lì e lavorare per la rivista culturale pop più importante e con l’artista più importante che c’era. Andy Warhol era il mio artista preferito. Sono andato da lui e gli ho detto che facevo il fotografo. A lui sono piaciute le mie foto e ho iniziato a lavorare per la rivista Interview Magazine. Warhol ha voluto che gli facessi l’ultimo ritratto prima che morisse nel 1987. Per me è stato come fare l’università perché ho imparato molto.

Immagine

Ha ritratto alcuni dei personaggi più famosi, illustri e controversi dello spettacolo e della cultura, Muhammad Ali, Michael Jackson, Madonna, David Bowie, c’è un incontro che ricorda particolarmente?

Li ricordo tutti, c’è una storia dietro ogni sessione di foto con loro. Mi piace lavorare con artisti del mondo della musica e del cinema. Mi metto nei loro panni e mi chiedo come vorrei sembrare e come vorrei essere ritratto. È bello avere queste fonti di ispirazione che per certi aspetti, non sono sopra a Dio, ma sono eroi della musica e dell’arte che ci portano fuori dal nostro mondo per un po’, in un’altra dimensione dove possiamo divertirci. Con le foto racconto dei pezzi di vita delle persone. Ho fotografato Britney Spears più di ogni altro fotografo, dal primo photo shooting all’ultimo videoclip. Ho potuto conoscerla e raccontare periodi diversi della sua vita.

Britney Spears: Portrait of a Young Pop Star on the Verge of Success, 1999
Britney Spears: Portrait of a Young Pop Star on the Verge of Success, 1999

C’è un personaggio o un evento che ha influenzato in modo particolare il suo modo di fare fotografia?

Il Rinascimento italiano è stata l’influenza più grande per me. Per questo l’Italia è il mio Paese preferito. La prima volta che ho visitato la Cappella Sistina avevo 21 anni. Era la prima volta che per lavoro mi avevano messo su un aereo e mandato a Roma per fotografare delle attrici italiane. Una di loro era Alessandra Mussolini, aveva 17 anni…mi dissero: “Sai chi è suo nonno?” (Benito Mussolini). L’ho fotografata sulla via Appia Antica, era verso la fine degli anni Ottanta. Poi sono andato a visitare la Cappella Sistina. È stato incredibile perché non c’era tanta gente. Era un pomeriggio durante la settimana: mi sono messo a piangere, non avevo mai visto null. C’erano persone che non erano abituate a vedere i dipinti. Per loro vederla deve essere stata
un’esperienza soprannaturale e per me lo è tutt’oggi. Per questo non riesco a immaginare come lo era 500 anni fa. Deve essere stato incredibile. È una delle cose più incredibile nella storia dell’umanità. Per me Michelangelo è stato il più grande. È un artista pop, è popolare. Puoi andare in Giappone, far vedere la scena della Creazione di Adamo e tutti la riconoscono, è famosa in tutto il mondo e questo è il significato della pop art. Andy ha riprodotto la zuppa Campbell, qualcosa che tutti conoscevano. E l’ha disegnata mentre Michelangelo ha disegnato qualcosa che è diventata conosciuta quanto la zuppa Campbell. Un’icona diffusa in tutto il mondo che tutti oggi la riconoscono. Michelangelo è davvero un artista pop.

David LaChapelle, The Holy Family with St.Francis, Hawaii, 2019-©David LaChapelle
David LaChapelle, The Holy Family with St.Francis, Hawaii, 2019-©David LaChapelle

C’è qualche sua fotografia diventata famosa di cui si pente?

Forse ci sono delle foto che non rifarei oggi ma non mi vergogno di niente.

Cos'è davvero importante per lei? Quale obiettivo si prefissa con la sua arte?

La Bibbia descrive un mondo caduto ed è così anche oggi che siamo 8 miliardi di persone. Oggi abbiamo 24 ore al giorno di notiziari a nostra disposizione tutto il giorno. È sempre stato così, abbiamo a che fare con le stesse cose, dai tempi dei romani. Oggi vediamo film violenti e con omicidi. Ci eccitano come i romani
erano eccitati al Colosseo. Siamo cresciuti spiritualmente e moralmente rispetto a quell’epoca? Non penso, siamo cresciuti dal punto di vista tecnologico. E questo sta sostituendo Dio e non possiamo lasciare che accada. Dobbiamo mettere Dio al primo posto, la tecnologia non è Dio. Stiamo mettendo tutta la nostra fede nella tecnologia. Per questo il mondo sta andando verso la confusione e tempi bui. Spero che la mia arte provochi emozioni e riflessioni, che susciti sorrisi magari, un momento di escapismo, questa è la mia speranza.

La Galleria Deodato Arte a Milano
La Galleria Deodato Arte a Milano
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