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Perché il sesso nella Gen Z è solo virtuale: “È difficile gestire l’impegno con un’altra persona”

Un ragazzo su tre fa sesso virtuale. A incidere su questo fenomeno la pandemia e i cambiamenti della nostra società. Quali sono le ripercussioni a livello del benessere psicofisico dei giovani? Ne abbiamo parlato con Marco Rossi, psichiatra e sessuologo.
Intervista a Dott. Marco Rossi
Psichiatra, sessuologo e presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale
A cura di Eleonora Di Nonno
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I giovani non fanno più sesso? In Italia un ragazzo su tre fa sesso ma solo virtualmente. A dirlo è una recente indagine promossa dalla Società Italiana di Andrologia (SIA) che ha studiato i cambiamenti delle abitudini sessuali della Gen Z in seguito alla pandemia. Questo dato mette in luce un rapporto con la sessualità molto diverso dalle altre generazioni, ne abbiamo parlato con Marco Rossi, psichiatra e sessuologo.

Sessualità e Gen Z

"La digitalizzazione del sesso ha reso i rapporti sessuali sempre più slegati dalla relazione o dalla procreazione. I ragazzi delle nuove generazioni, per una serie di ragioni, spesso non riescono a gestire l'impegno con un'altra persona – spiega lo psichiatra – L'uso del sexting viene utilizzato come un vero e proprio sostituto del corteggiamento tradizionale. Il disagio si verifica nel momento in cui si cerca di portare la virtualità nella realtà". Quale è il fattore che incide maggiormente su questa situazione? "È assodato che la nostra sia la società della performance e della velocità in cui tutto viene inteso come una prestazione. Ciò si ripercuote anche sull'idea che i giovani hanno del sesso – continua Marco Rossi – Ogni aspetto dei rapporti sessuali è finalizzato all'orgasmo, alla prestazione. Un quadro molto negativo in quanto il benessere psicofisico non deriva esclusivamente dall'atto sessuale ma anche dalle emozioni collegate a esso".

Calo o trasformazione del desiderio?

"Si sta verificando sia un calo che un trasformazione del desiderio. Da una parte c'è un uso smodato della pornografia online, cresciuto durante la pandemia, che porta all'assuefazione dello stimolo eccitatorio – chiarisce lo psichiatra – Dall'altra le pulsioni vengono orientate verso rapporti occasionali o masturbazione. Molti ragazzi praticano sexting ma al di fuori di determinati contesti si comportano come se fossero assessuati". Quali sono le problematiche che lamentano più spesso? "Il problema più grave è l'ansia da prestazione, proprio perché, come detto prima, tutto viene proposto loro come una performance. In questo caso l'approccio terapeutico consiste in un percorso di riattribuzione dei valori al sesso e alle relazioni" sottolinea Marco Rossi.

Le ripercussioni sociali della virtualizzazione dei rapporti

La pandemia ha inciso nel processo di smaterilizzazione della realtà, basti pensare all'introduzione massiva della didattica a distanza o dello smartworking. Tra le conseguenze più evidenti c'è stata anche la riduzione delle interazioni sociali e dei contatti fisici. "Il COVID ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nell'accelerazione di dinamiche già in atto, può sembrare banale ma i ragazzi invece che parlare telefonicamente, in quello che può essere giudicato come un contatto più "intimo", preferiscono scambiarsi messaggi – conclude lo psichiatra – Confinati nelle loro camerette hanno scoperto un nuovo modo di vivere e sono rimasti ancorati a quello. La chiusura sociale e il disinteresse verso i rapporti interpersonali, o anche sessuali, ha portato e porta a forme depressive".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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