
Negli ultimi mesi mi è capitato spesso di imbattermi in una parola che, pur nella sua leggerezza, parla moltissimo del nostro tempo. Boysober. Un termine che scivola nei feed come un hashtag qualunque, ma che racchiude una scelta intima, a volte dolorosa, a volte liberatoria. L’ho osservato nelle stories, negli articoli, nelle conversazioni con le amiche e ho capito che non è solo un trend: è un modo per mettere ordine dentro di sé, soprattutto per chi, come me e come molte donne, conosce bene quella sensazione di aspettare qualcosa dagli altri per poi dover rimettere insieme i pezzi da sola.
Il boysober non è rifiuto dell'amore, ma una fase di lucidità
Essere boysober significa scegliere di prendersi una pausa dal romanticismo eterosessuale tradizionale, soprattutto dai rapporti con gli uomini che, non sempre ma spesso, prosciugano le nostre energie più che offrirne. Non è un ritiro definitivo o una pensione anticipata dalla vita sentimentale, né un’improvvisa disillusione, ma una fase di lucidità. Prendersi un periodo boysober, almeno per quanto riguarda me e molte donne che conosco, significa fare spazio per noi stesse, dedicare il poco tempo prezioso che abbiamo, tra lo stress quotidiano e i numerosi impegni, al nostro benessere psicofisico. Una pausa dal controllare il telefono, dal domandarsi cosa significhi un messaggio arrivato tardi, dal costruire castelli emotivi che poi crollano. Boysober significa praticare una sorta di detox sentimentale che non toglie nulla alla propria natura romantica, ma anzi la protegge, la ripara, la prepara a tornare quando sarà il momento.
Tra mammoni di 40 anni e ragazzini che fanno ghosting siamo emotivamente stanche
Non posso negare che capisco quindi benissimo questo recente trend. In più occasioni, tra un bicchiere di vino e qualche sigaretta di troppo, io e le mie amiche ci siamo raccontate le peggiori situationship, i break-up e le situazioni tragicomiche. Tra uomini di 40 anni che chiedono il permesso alla mamma per ogni cosa, traditori seriali e ragazzini che fanno ghosting, quello che ne è emerso è che il fenomeno del boysober avviene per ragioni che hanno poco a che vedere con la tendenza in sé e molto con la stanchezza emotiva. Relazioni instabili, attenzioni intermittenti, disponibilità a metà: essere boysober è spesso un modo per interrompere cicli che feriscono. Accade quando ci accorgiamo che l’amore, o meglio il suo surrogato, non può essere l’unico pensiero capace di farci vibrare. Ed è un passaggio quasi necessario in un periodo storico in cui siamo bombardate da inviti a performare, anche nella sfera affettiva: essere desiderabili, essere leggere, essere comprensive, essere "facili da amare". Toglierci da questo schema, anche solo temporaneamente, diventa una forma di igiene mentale e autoprotezione.
Cosa ho scoperto nel mio periodo boysober
La parte sorprendente è ciò che arriva dopo aver intrapreso questa fase. Restare boysober riempie uno spazio vuoto e ferito di tutto ciò che avevamo trascurato. Lavoro, amicizie, passioni, persino la creatività, come quando riprendi a dipingere, a scrivere e l'unica persona con cui devi scendere a compromessi sei tu. È un tempo che restituisce concentrazione e radici. E così la pausa, che all’inizio sembrava una rinuncia, diventa un ritorno a sé. Non per diventare insensibili all’amore, assolutamente io aspetto sempre e comunque il mio Mr. Darcy, ma per ricordarsi che l’amore che diamo agli altri merita una base solida dentro di noi. Un giorno, quando finisce la fase boysober, ci si accorge di aver costruito qualcosa di più grande: un modo nuovo (e molto più sano) di stare al mondo.