Paolo Canè si sfoga: “Troppe persone parlano di Sinner e di tennis. Basta con i grilli parlanti”

È un Paolo Canè quasi nauseato dalle troppe chiacchiere sul tennis e, in particolare, su Jannik Sinner. Il dibattito sulla sua mancata partecipazione alla Coppa Davis, esploso prima del trionfo di Parigi, è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’ex campione azzurro, che non vuole rinunciare alla sua visione genuina dello sport, ha aperto la nostra intervista con uno sfogo spontaneo. Canè oggi ha poca voglia di parlare, forse proprio per proteggere quel rapporto magico con la racchetta che non lo ha mai abbandonato e continua a regalargli emozioni autentiche.
"Parlo poco di tennis ultimamente – dice a Fanpage.it -. Lo seguo, mi piace, faccio sempre il tifo per gli italiani, ma siccome ne sento troppe e ne parlano troppe persone, voglio tenere quella positività che ho fin da ragazzo, con le cose semplici. Non sempre, per ogni cosa che viene fuori su Sinner, Musetti o che riguarda i giocatori italiani, le giocatrici o il mondo del tennis in generale, bisogna leggere fiumi di risposte da gente che sinceramente non seguo nemmeno più".
Ti sento davvero quasi nauseato, le tante chiacchiere post rinuncia alla Coppa Davis di Sinner sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
"Infatti, se guardi, nell’ultimo anno ho fatto pochissime interviste, pochissime cose. Ho detto due parole su Sinner quando mi hanno chiesto della Davis, in un’intervista di dieci giorni fa. Ho detto: ‘Al limite, se non va in Davis e rinuncia, diamogli una nota sul diario. Insomma, come si faceva a scuola quando dimenticavi l’astuccio' (ride, ndr)".
Ti ha infastidito il fatto che a parlare di Sinner sia stata anche gente che magari non conosce bene le dinamiche del tennis?
"Perchè alla fine il ‘prodotto Sinner' dà la possibilità a tutti di parlare di tennis, e a me questa cosa non piace. Perchè poi molti ne parlano male e sfruttano il suo nome per dire cose negative, quando invece bisognerebbe parlarne solo bene. La sua è stata una scelta. Poi dicono che lo sapevano già da un anno… sono scelte sue, cosa gli vuoi dire? E meno male che poi gli danno contro e lui vince tutte le settimane. Pensa se perdesse al primo turno, cosa gli farebbero, cosa gli direbbero! Il diritto ad un’opinione si acquisisce in base a quello che rappresenti e a quello che produci in quell’ambito. Questo ti conferisce autorevolezza. Dare spazio a tutti questi grilli parlanti che non hanno autorevolezza, il rischio è quello di trovarsi in un ambiente come quello del paese dei Balocchi, illustrato nel capolavoro di Collodi: Pinocchio".
Che Sinner hai visto a Parigi, ha dato la sensazione di non essere al 100%.
"Era molto stanco a Parigi, ha stretto i denti perchè era un appuntamento importante. Vuole mettere fieno in cascina, fare tanti punti sapendo che poi ne perderà a Torino. Ma finendo numero due, numero uno o numero quattro… cosa gli cambia? I suoi obiettivi per il prossimo anno restano sempre gli Slam. Di preparazione ci sono i Masters 1000, e la cosa più importante è che stia bene fisicamente".
Ti ha impressionato il fatto che, anche palesemente non al 100%, sia comunque riuscito a dominare?
"Certo, perchè lui soffre queste cose, secondo me. Non le esterna, ma tutti i commenti e le pressioni esterne gli arrivano addosso, e alla fine ecco che gli vengono i crampi, si blocca fisicamente. È un ragazzo, un essere umano, che nasconde molto bene perchè è un campione, ma anche lui ha dei lati deboli. È come quando ti viene fuori l’herpes: a un bambino viene perchè manca di vitamine o perchè è stressato, e lo stesso succede agli adulti".
Ha risposto sul campo alle critiche, sei convinto che meriterebbe molto di più?
"Lui sta sempre zitto, sempre gentile con tutti. Quindi io ripeto: siamo fortunati che sia italiano. Perchè se fosse cinese, brasiliano, americano o australiano, a lui cosa cambierebbe? Nulla. Lui vuole solo giocare a tennis. Ma a noi, invece, cambierebbe eccome non avere un campione come lui. A lui, in realtà, non gliene fregherebbe nulla: deve solo giocare a tennis. Che sia italiano, francese o tedesco, non cambia. Lui vuole solo giocare a tennis".
Con il boom del tennis, non trovi che ora tutti parlino di tennis anche in modo sprezzante e spesso fuori luogo?
"Solo che se io dico la mia opinione, poi vengo criticato, perchè molti non l’accettano. Ma a me non me ne frega niente. A mio parere, di tennis possono parlare poche persone, soprattutto quando si va nello specifico e nel tecnico. Incominciamo a scremare un po’, dai: possono parlare di tennis quelli che hanno giocato dieci anni in nazionale, che hanno fatto i professionisti per dieci anni e che hanno disputato tutti gli Slam al meglio dei cinque set. Gli altri possono dare giudizi o opinioni, ma senza entrare troppo nel merito. Avere pareri sì, ma senza che appena uno parla, si cerchi subito il modo per dargli contro solo per fare scena o per ricevere dei like, capito? Può parlare chi produce cultura nel nostro ambiente".

Insomma ti sei distaccato, senza perdere la tua grande passione.
"Di certe cose non ne parlo più. Sinceramente non seguo più questo sport come prima. Perchè voglio restare quel bambino appassionato che è entrato in campo per la prima volta a sette anni, e tenermi stretto quel bambino anche a sessant’anni. La passione per questo sport. Non leggo neanche niente, non seguo niente. Ora ci sono le Finals e la Coppa Davis e allora forza Italia".
Si rischia di perdere di vista le cose realmente significative e importanti.
"No, qui rischiamo — come ho detto qualche mese fa — che finisca l’inchiostro. Alla fine si scrivono solo minchiate. Adesso uno metterà la foto di Sinner che è andato a mangiare la pizza con la fidanzata invece di allenarsi o di Sinner che è andato a letto a mezzanotte e mezza invece che alle nove e mezza. Ecco, questi saranno gli argomenti del futuro".
Ti stuzzico, c'è stato un momento a Parigi in cui Sinner si è sfogato in campo con Cahill. Non è il caso di fare drammi, sono dinamiche normali, conosciute benissimo da chi mastica tennis.
"Jannik, in quel momento, ha avuto quello scambio con Cahill dicendo: ‘Ho fatto il break, devi stare attento a certi dettagli', ma è normale. Lui divide tutto il suo modo di giocare e di vivere il tennis con la sua famiglia, con le persone più vicine, che sono quattro o cinque, non di più. Sono dinamiche normali, tennistiche, voglio dire, tra giocatore e allenatore. È normale. Una lite tra i due? Certo, così possono scrivere poi… Bisogna beccarlo con le mani nella marmellata da qualche parte, no?".

Siamo a fine stagione, che bilancio è per gli italiani? Direi più che positivo.
"Ottimo, direi. Ottimo per tutti: per i ragazzi italiani, per tutti, anche per Musetti che adesso va a provare a giocare il torneo. Un altro che hanno massacrato, bravissimo. È il numero 8 al mondo, ha 24 anni, porta a casa milioni di euro, gioca benissimo, è giovane, ha la sua famiglia… ma che ca..o vogliono tutti da loro? Mamma mia. Allora, quelli che fanno così, perchè non vanno loro al posto di questi ragazzi a giocare? Entrassero loro in campo davanti a 15 mila persone e vediamo cosa combinano!".
Qualcuno ha detto che ora lui, Cobolli e gli altri dovranno responsabilizzarsi in Davis.
"Ma responsabilizzare di che cosa? Sono scelte, vediamo i ragazzi cosa fanno. E meno male che l’hanno vinta negli ultimi due anni, perchè se non l’avessero vinta, cosa scrivevano? Ma secondo te, ragazzi così belli, giovani, forti, con una buona classifica, che guadagnano bene e sono in giro tutto l’anno, pensi che gliene importi qualcosa di quello che dice la gente? Delle critiche? Se le fanno scivolare addosso, com’è giusto. Anche perchè chi scrive deve sempre trovare un argomento da affrontare. Abbiamo questi ragazzi che sono tra i primi al mondo: non è che puoi parlare d’altro, parli di loro. Ma parlando di loro dovresti solo appoggiarli e fare il tifo per loro".
Si dimentica troppo spesso che il tennis è un lavoro oltre che la loro grande passione, non credi?
"Se va male una settimana, pazienza. Un professionista deve tirare le somme a fine anno, dal primo gennaio al 31 dicembre. Com’è andato quest’anno? Bene: dieci primi turni, cinque secondi turni, tre quarti di finale, due finali. Che numero sono? Bene. Il gioco vale la candela? Sì. Non vale la candela? È uguale, perchè tanto lo faccio lo stesso. Perchè mi piace giocare, perchè sono un professionista".