Dzumhur non si accorge di aver vinto e resta sbalordito: scene curiose al Roland Garros

Damir Dzumhur ha fatto il colpaccio al Roland Garros. Il tennista bosniaco numero 69 al mondo si è tolto la soddisfazione di battere Giovanni Mpetshi Perricard, al quale non è bastato il supporto del solito caloroso pubblico francese. Tensione ed emozione per Dzumhur che è stato protagonista di una gaffe nel finale del match. Non si è accorto di aver vinto.
In vantaggio due set a uno e, sul 5-4, 40-30 nel quarto il bosniaco ha sfruttato il match-joint. Un dritto del suo avversario è uscito ampiamente mettendo fine alla partita. I tifosi di Dzumhur, in minoranza, si sono fatti sentire con Mpetshi-Perricard che non ha perso tempo per avvicinarsi alla rete e salutare il vincitore. Quest’ultimo però ha colpito tutti con il suo atteggiamento: si è fatto ridare la pallina e l’ha passata al raccattapalle.
Un atteggiamento sorprendente per un giocatore che aveva appena vinto una partita da sfavorito: nessuna esultanza, nessun sussulto. Dopo qualche secondo, e dopo aver guardato il tabellone, Dzumhur si è reso conto che la sfida era finita e si è quasi scusato con tutti per la confusione correndo a scambiare il cinque con il francese. Uno dei momenti più insoliti e divertenti del torneo, che sicuramente a fine evento rientrerà tra le immagini più curiose dello stesso.
A fine match, il giocatore 33enne ha parlato delle emozioni vissute legate anche alla difficoltà del suo match condizionato da una forma fisica non eccezionale "È stato stressante dopo tutto quello che è successo. Non sapevo nemmeno come servire nell'ultimo game. Dovevo mantenere la calma mentale e dare il massimo. Ho sentito un forte dolore al ginocchio e se il fisioterapista mi avesse detto che l'infortunio era più grave, di certo non avrei continuato la partita. Mi ha detto che era solo un colpo e ho continuato a giocare. Nel quarto set, in realtà non sapevo di servire per il match. Forse è stato meglio così". E ora la sfida contro Alcaraz, in cui proverà a sognare ancora.