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Mattia Gaffuri, campione d’Italia con lo Swatt Club: “Ci dicevano: sono amatori, non durano 10 km”

Mattia Gaffuri racconta a Fanpage.it la sua incredibile storia nel ciclismo tra amatori e professionisti, dal mondo virtuale della Swift Academy al trionfo con lo Swatt Club.
A cura di Alessio Pediglieri
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La storia ciclistica di Mattia Gaffuri è di quelle che farebbero storcere il naso ai più puristi e radicali del politically corect a due ruote. Nel 2023 e nel 2024 sale alla ribalta delle cronache per essere finalista nel tanto discusso contest della Swift Academy, poi rompendo il "muro di gomma" delle corse targate UCI con il gruppo amatoriale dello Swatt Club, un manipolo di dilettanti che ha ribaltato per sempre dinamiche e gerarchie, aprendo a nuove frontiere per i giovani talenti che cercano spazi nel ciclismo italiano.

Una storia che Mattia Gaffuri ha raccontato a Fanpage.it, reduce da un 2025 da favola. Dove ha prima partecipato ai Campionati italiani su strada, arrivando 5° e vinto dal compagno di squadra Filippo Conca con la maglia bianca degli amatori dello Swatt Club: "Un'avventura assurda ma studiata per bene. E alla fine ci siamo giocati al meglio le nostre carte". Poi conquistando il titolo iridato nel Campionato Gravel, sempre correndo per lo Swatt Club: "In gravel ho iniziato solo nel 2024… ma quel percorso sapevo che era perfetto per me".  Poi, con la chiamata di Ivan Basso e Alberto Contador alla Polti VisitMalta, per un contratto da stagista: "Mi ha detto: ‘Ti do una possibilità'. Ha visto cose in me che altri ancora non vedevano". In attesa di un ulteriore prossimo step: "Non dico nulla finché non ci sarà l'ufficialità…"

Sei soddisfatto di questo 2025?
Decisamente sì. E' andato bene, malgrado le due finali 2023 e 2024 nel contesto della Swift Academy dove sono arrivato ma senza vincere e nessuno mi ha preso. Quella diciamo è stata abbastanza una beffa, così ho deciso insieme a Carlo Beretta, che avremmo fatto una squadra Elite nel 2025 per provare a gareggiare comunque seriamente, diciamo in una maniera classica per provare a passare al professionismo, attraverso un po' di gare dove ci si può far notare e che sono appunto l'anticamera del professionismo.

Un upgrade importante, come ti sei trovato?
Chiaramente all'inizio ero un po' spaesato perché non ho mai gareggiato a livello di gruppo, abituato per lo più alle gran fondo dove ci sono solo una decina di atleti forti. Mentre lì mi sono ritrovato con un gruppo di 200 persone tutte che vanno forte, è stato un po' uno shock. Pian piano mi sono adattato, migliorato gara dopo gara e ho iniziato a fare dei bei risultati, a tal punto che c'era stato un primo contatto con Ivan Basso che mi ha chiamato personalmente.

Ci racconti cosa ti ha detto?
Mi stava osservando: "Guarda" mi ha detto, "a me piacerebbe farti fare attività da stagista perché secondo me hai potenziale". Al momento nessuno aveva ancora visto questa opportunità per me, però lui mi disse chiaramente: "Io vorrei darti la possibilità". Lo ringrazio molto perché ha visto un po' quello che nessuno altro vedeva, ancor prima di quanto poi è accaduto anche nel corso dei Campionati Italiani con lo Swatt Club.

Ecco, i Campionati Italiani 2025, oramai entrati nella storia del nostro ciclismo come i più assurdi di sempre, concordi?
Sì, sicuramente è stato un po' tutto abbastanza assurdo per una serie di motivi che hanno reso la corsa più imprevedibile rispetto ad altre edizioni. Già è da sempre una corsa imprevedibile perché ci sono squadre con 10 corridori, squadre con uno, in gara è tutto molto difficile da controllare, per tutti.

Ci racconti le tue sensazioni di quella memorabile gara?
Il giorno del campionato italiano era una giornata caldissima, quindi anche la gara essendo molto lunga è venuta veramente dura più dura del previsto. Il percorso sulla carta sembrava più adatto per velocisti, quindi c'era già stata la combo per cui tanti scalatori, anche i più forti come Ciccone,  pensavano che il percorso non fosse adatto a loro e non c'erano. Al contrario sono venuti tutti i più forti velocisti, uomini come Milan, Ganna. Però poi la gara si è rivelata molto più dura del previsto e quindi noi dello Swatt, soprattutto io e Filippo [Conca], che ci difendiamo bene su questo tipo di percorsi, siamo riusciti a venire fuori molto bene.

Mattia, ma il fatto di presentarvi con un gruppo di amatori che clima avete trovato in gruppo?
Diciamo che eravamo preparati… Sapevamo già da inizio anno di volerci provare, perché da regolamento ci si poteva iscrivere facendo un tot di punti in corse UCI. Nulla di scontato, capiamoci, però siamo andati a fare le gare. E anche in quel caso, noi eravamo semplicemente visti come una squadra amatoriale di base. Nessuno si aspettava davvero chissà cosa da noi, anzi. In tanti lì per lì ci hanno presi un po' per pazzi.

Tu personalmente l'hai sentito un clima un po' di diffidenza?
Io personalmente, avendo preso parte dalla nascita al progetto, sapevo che sicuramente avremmo fatto delle buone cose. Sapevo anche che saremmo andati contro il pregiudizio iniziale ma non è stato mai un problema reale per me. Dopotutto è anche un po' quello che avevo già vissuto personalmente da 2 o 3 anni con tutta la trafila dell'esperienza in Swift che è sempre stata vista come una scelta molto controversa. Quindi personalmente ero vaccinato. Ed orgoglioso perché ho ammirato ragazzi come Pettiti, Ginestra, che comunque avevano la possibilità di stare in squadre di dilettanti già molto più blasonate, hanno invece deciso di rischiare venendo da noi. Venendo poi ripagati perché tutti hanno fatto un'ottima stagione.

Mattia, le possibilità e le sensazioni di far bene le avevate, ma quando avete visto Filippo [Conca, ndr] trionfare?
E' stata una situazione assurda. Nella vittoria di Filippo ci credevo anche, sapevo che aveva qualche possibilità, perché se si va a vedere il suo palmares, sapevo che preparandola al meglio avrebbe potuto fare una gran gara e giocarsi la vittoria. Ciò che non ci aspettavamo era di essere in due nella fuga di giornata e poi in tre abbiamo fatto primo, quinto e tredicesimo.

Ma c'è stato un momento in cui in corsa avete capito che che potevate farcela?
La corsa si è decisa molto nel finale perché era quasi tutta piatta con un circuito da fare tre volte nel finale abbastanza duro. Quindi non è che sia stata una cosa decisa a lungo nei chilometri. Però, l'adrenalina ha giocato un ruolo fondamentale… Tanta roba, sapere di essere a fianco di grandi nomi come Ulissi, Bettiol, e altri.

Ti rendi conto che voi, amatori, avete riscritto la storia del campionato italiano?
Sì, sicuramente nella storia più moderna nessuno ha fatto un'impresa del genere.

Che alcuni l'hanno utilizzata per criticare il ciclismo italiano, in scivolata verso il basso. Cosa ne pensi?
È ovvio che per chi ha interpretato questa vittoria come il corridore più forte in Italia è un amatore, chiaramente fa una lettura sbagliata. Perché è una gara, come dicevo, che si fa su un giorno, e ci sono tantissime variabili. Ma è stata comunque una gara, con dei professionisti con i quali noi siamo potuti stare dentro senza nessun problema ed essere nel vivo della corsa. Ciò che ci interessava era dimostrare a noi stessi quell'aspetto. Personalmente mi ha fatto piacere dimostrarlo togliendomi il sassolino dalla scarpa contro chi ha sempre detto: "Eh, ma questi sono amatori, se provano a partire per una gara non fanno neanche 10 km e si staccano". Sapevo che sarebbe stata solo una questione di tempo, poi il livello al World Tour è altissimo e stiamo parlando del top del top del ciclismo, altre situazioni.

Dal Campionato italiano su strada a quello Gravel, dove sei stato tu a laurearti campione nazionale. Te lo aspettavi?
A pensarci solamente un anno fa sarebbe stato assurdo perché comunque il Gravel era una disciplina che ho iniziato dal 2024, quindi proprio sono relativamente nuovo. Però sapevo perfettamente che il percorso quest'anno era perfetto per me perché era molto duro, in cui mi potevo giocare le carte per la vittoria: infatti alla fine è andata benissimo.

Poi il grande salto di qualità: l'avventura nella Polti VisitMalta come stagista. La sensazione, le emozioni che hai provato e come ti hanno accolto?
Partendo dalla seconda domanda devo dire che mi sono trovato veramente benissimo e da subito non ho mai avuto l'impressione di essere considerato meno importante rispetto ai corridori della squadra, anzi. Chiaramente la Polti aveva l'obiettivo principale di cercare di fare più punti possibili per entrare nelle famose 30 squadre e io in quanto stagista non potevo portare punti. Ma i direttori sportivi, quando facevamo le riunioni pre-gara, quasi si scusavano nel non poter inserirmi proprio perché non potevo portare punti.

E tu non hai mai chiesto qualcosa in più? Non hai approfittato della situazione?
Assolutamente no, io da stagista sono entrato in punta di piedi, non ho mai espresso alcun desiderio di fare gare, anche perché non ero a livello di esperienza di altri miei compagni, che poi hanno fatto molto bene come  Piganzoli che ha fatto benissimo in tutte le gare.

E l'emozione di essere ad un passo dal sogno professionistico?
Sicuramente è stato da subito quasi surreale, trovarsi a battagliare o trovarsi a fianco a gente che guardavo in televisione fino a due mesi prima… Ad esempio la Tre Valli è stata in questo senso emozionantissima, perché è stata la gara con il livello generale più alto che ho fatto. La sera prima, guardando la start list,  mi sembrava semplicemente impossibile pensare di poter battere anche solo uno degli iscritti perché guardavo i nomi ed erano tutti ciclisti che avevano fatto il Giro oppure il Tour, piuttosto che risultati importanti altrove. Da subito mi sono reso conto che stavo entrando in qualcosa di davvero grosso…

Eppure, Mattia, lo Swatt Club non si dimentica. Cosa ti rimane di quell'esperienza straordinaria?
Sicuramente la la filosofia che stava dietro al progetto, per me resta la stessa. Anche perché all'interno dello Swatt Club io avevo anche il ruolo di allenatore e preparatore degli altri ragazzi. Quindi seguivo in prima persona una parte abbastanza importante sulla preparazione atletica oltre alla preparazione delle gare. La stessa filosofia ho cercato di portarla sempre con me, quella con cui io mi sono allenato e preparato in questi anni, ovvero curare i dettagli e non porsi limiti, provare sempre a raggiungere il massimo di gara in gara. Secondo me questo approccio è stato ciò che è riuscito a fare dello Swatt Club un grande gruppo, creando consapevolezza e sincerità tra noi. Tante volte è capitato in gara avere un misunderstanding e poi nel post gara con ancora l'adrenalina in corpo, anche litigare, ma dicendosi sempre tutto in faccia. Per poi chiarirsi e correre la volta successiva ancora più uniti.

Hai parlato di gruppo, che ha anche un motto ufficiale: "sigari". Ce lo racconti?
Credo sia nato negli anni in cui i primi ragazzi che hanno creato il gruppo sciavano. Era nata soltanto come una cosa tra loro: qualcuno aveva trovato un sigaro su una pista da sci e avevano fatto un video in cui poi esclamavano "sigari!". E da lì in poi basta: come tutte le cose divertenti e spontanee è diventato un po' il nostro slogan ancora oggi. Anche se da fuori sembra quasi tutto un po' superficiale.

Anche su questo fronte non sono mancate critiche?
Visto da fuori mi rendo conto che qualcuno lo possa trovare anche un po' superficiale, che prendiamo il ciclismo alla leggera. In parte è vero: chiunque abbia avuto modo di stare anche un po' dietro le quinte, ha compreso che per arrivare a quanto di ottimo abbiamo fatto quest'anno servano anche tutte queste piccole cose, che creano e cementano il gruppo.

Dopotutto Alex Carera, il manager di Pogacar ha detto dello stesso di Tadej: vince perché si diverte. Filosofia da Swatt Club?
Sì, esatto. Fare le cose divertendosi aiuta, anche se per tanti sembra prenderla alla leggera. In realtà per noi lo è sempre stato un divertimento e difendo questo concetto: il fatto di andare alle trasferte per noi era un piacere,  nessuno di noi era pagato. Ma andavamo a vedere il percorso, discutiamo delle strategie: tutto visto e vissuto in questa chiave e a me ha solo fatto bene personalmente.

In che senso?
La chiave della mia crescita in questi anni è stato questo approccio: io penso di essermi allenato più, forse, della maggior parte dei professionisti. Per 3 anni, senza mai essere pagato, dando tutto. E non l'ho fatto perché sapevo che nel 2025 sari arrivato… ma l'ho fatto perché è quello che mi piace fare. Mi diverto e ogni giorno per me potermi allenare e migliorare un pochino è già il traguardo: quando le cose iniziano ad andare meno bene, se non ti diverti poi è tutto più difficile. Ed è la chiave per poter migliorare sempre: ogni giorno, un passo in più.

Per arrivare dove?
Vabbè non posso dire ancora nulla, non ci sono notizie ufficiali, ma presto ci sarà qualche novità legata al mio nome…

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