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L’orrenda caduta di Vingegaard è colpa sua: “C’è una cosa chiamata freno ma non lo usa più nessuno”

L’accusa arriva direttamente dal direttore del Giro dei Paesi Baschi, Julian Eraso che rigetta al mittente ogni accusa di cattiva organizzazione: “L’incidente è avvenuto su una discesa facile”. Nessuna spiegazione per la canalina di cemento e i massi a bordo strada: “L’importante è stato finire la corsa per la soddisfazione dei tifosi, della città d’arrivo e degli sponsor”.
A cura di Alessio Pediglieri
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La terribile caduta della quarta tappa al Giro dei Paesi Baschi, che ha coinvolto i leader della corsa nonché i migliori ciclisti del momento tra cui Vingegaard, Evenepoel e Roglic sarebbe colpa degli stessi ciclisti. Nessuna responsabilità dell'organizzazione, nessuna curva mal segnala o discesa pericolosa. Nessuna menzione ad una canalina di cemento e a massi disseminati a bordo strada. E nemmeno le titubanze dello stesso campione danese che aveva espresso, mesi prima, proprio sul quel tratto di strada, hanno portato gli organizzatori a fare un doveroso "mea culpa".

Vertebre spezzate e pneumotoraci, oltre a sterni fracassati e clavicole fratturate. Un bollettino medico da guerra più che da corsa in bici, ciò che è emerso ieri pomeriggio nel maxi schianto che ha coinvolto in totale 12 ciclisti tra cui almeno la metà hanno riportato conseguenze gravi. Ed è apparso evidente che il tutto fosse avvenuto in un tratto in cui vi erano un paio di pericoli importanti, quantomeno mal segnalati, come può esserlo una fossa in cemento per l'acqua piovana e una serie di massi posti a bordo strada.

Eppure, l'organizzazione del Giro dei Paesi Baschi, l'OCETA, l’ente che predispone tutto per la gara ha puntato il proprio dito indice sugli stessi ciclisti, colpevoli in prima persona per quanto accaduto. Al netto dei racconti sulle "bottiglie finali" e di avvertimenti mandati all'organizzazione ben prima dell'inizio della corsa, Julian Eraso, presidente OCETA, fa spallucce di fronte alle immagini che hanno terrorizzato il mondo del ciclismo e non solo: "Il problema è che i ciclisti vanno a velocità eccessiva, ed è un problema difficile da risolvere, poiché nessuno frenerà per farsi sorpassare e questo mi inqueta".

Per il numero uno del Giro dei Paesi Baschi, la caduta di giovedì è stata semplicemente "un incidente di corsa, e questo fa parte del ciclismo. Certo, quello che è successo è che è stato un incidente deplorevole, ecco perché siamo costernati da questo fatto ma tutto stava andando molto bene, la strada era larga. Quest'anno le strade sono molto più sicure che in altre edizioni, ma a volte la sicurezza gioca contro di noi perché i ciclisti vanno più veloci su strade più sicure. Tutto concorre".

Eraso rispedisce al mittente qualsiasi responsabilità diretta o indiretta dell'incidente di giovedì: "Dove è avvenuto l'incidente c'era una discesa facile, una curva a destra che era segnalata, con la sfortuna che i corridori che erano sul lato sinistro, una decina circa, sono caduti. È stata una svista, forse hanno frenato nel momento sbagliato o non l'hanno fatto. Pensiamo di avere tutto super controllato, ma poi non sai dove può sorgere un problema".

Un problema non da poco con alcuni corridori che hanno rischiato la vita: "Gli stessi ciclisti" ha continuato Eraso nella sua arringa difensiva, "riconoscono che stanno andando troppo veloci, ma è una situazione difficile da risolvere perché nessuno frenerà in modo che l'altro possa superarlo. Qual è la soluzione? Beh, tutti i corridori sono atleti molto preparati, ma la bicicletta ha uno strumento chiamato freno e nessuno più lo usa. La velocità è eccessiva, mi spaventa".

Nessuna analisi sulla canalina di cemento e sui massi posti a bordo strada che sono stati i reali motivi di un impatto così devastante sulla pelle dei ciclisti. Per Eraso è stato importante prendere in mano la situazione subito per ottenere un altro risultato: "Abbiamo subito fermato la corsa e soccorso i feriti. Poi, il pensiero è andato al voler concludere la tappa, come segno di rispetto dei tifosi che hanno potuto vedere i loro beniamini al traguardo. Una cosa che ha fatto piacere a tutti" ha concluso Eraso, "agli spettatori, alla città di arrivo e agli sponsor". Sì, agli sponsor.

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