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Giro d'Italia 2024

Gianni Bugno a Fanpage: “Bernal primo tra i favoriti, ma sarà un Giro d’Italia apertissimo”

Gianni Bugno è uno dei corridori più amati dagli appassionati di ciclismo italiani. Il vincitore del Giro d’Italia del 1990 ci parla della Corsa Rosa che partirà da Torino nelle prossime ore: “Il favorito è Bernal, ma sarà una lotta apertissima”. L’ex ciclista e attuale presidente del CPA a Fanpage.it ha parlato delle differenze che vi sono nel ciclismo di oggi rispetto ai suoi tempi e delle nuova generazioni di corridori del nostro paese.
A cura di Vito Lamorte
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Pochi come Gianni Bugno sono stati in grado di accedere e di infiammare l'immaginario degli appassionati italiani di ciclismo. L'ex corridore, che ha all'attivo due campionati del mondo su strada ed è l'attuale presidente del CPA (il sindacato mondiale dei corridori), è uno dei simboli del ciclismo italiano e quando si parla del Giro d'Italia il pensiero non può non andare al suo trionfo nella Corsa Rosa nel 1990, quando indossò la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa: quella vittoria lo fece entrare nel cuore di tanti amanti di questo sport, che ancora oggi lo ricordano per lo stile della sua pedalata e gli scontri epici con Kelly e LeMond, con Jalabert e Indurain fino alle guerre interne con El Diablo Chiappucci.

Storie di un ciclismo che sembra ormai lontano ma Bugno, considerato uno degli ultimi in grado di poter competere sia nelle classiche di un giorno che nelle corse a tappe; da poco ha pubblicato la sua autobiografia "Per non cadere. La mia vita in equilibrio" edita da Baldini+Castoldi e a Fanpage.it ha parlato del suo passato senza ricorrere a espedienti nostalgici, si è soffermato sulle differenze che vi sono con il ciclismo di oggi e sulle nuova generazioni di corridori italiani.

In cosa e come è cambiato il ciclismo dai suoi tempi a oggi?
"Sicuramente sui mezzi, sulle strade, sulla tecnologia, sull’abbigliamento e sulla preparazione ci sono delle differenze ma di fondo c’è sempre un atleta che deve andare più forte degli altri per arrivare davanti a tutti. C’è sicuramente più attenzione e specializzazione rispetto a prima ma il succo resta quello".

Su di lei si è sempre detto che poteva vincere di più e che ha mollato troppo presto: cosa si sente di rispondere a chi le fa questi appunti per la sua carriera ?
"Non ho nessun rimpianto, ho fatto quello che ho potuto. Se avessi osato di più avrei raggiunto qualche risultato in più ma non si può dire nulla su cose che non sono accadute quindi va bene così. Sono contento di quello che ho e mi va benissimo così".

È vero che non ha conservato nulla sua vita da ciclista professionista?
"Non mi piace vivere di ricordi, è il mio modo di essere. Guardo al futuro e non al passato. Tutto quello che ho raccolto l’ho regalato perché mi piace vivere nel presente e in quel che sarà, non in quello che è stato".

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Lei è uno dei ciclisti più apprezzati per lo stile e la classe.
"Ho sempre curato lo stile. Ho sempre badato alla postura corretta in bicicletta ma non l’ho mai ricercata, era spontanea. Naturale. I complimenti mi hanno sempre fatto piacere, inutile nasconderlo. E devo dire che è una cosa che noto molto: non mi piacciono i ciclisti sgraziati".

Ci sono dei momenti che ricorda in particolare della sua carriera?
"Come nella vita anche il percorso sportivo è fatto di momenti belli e brutti. Non ci sono momenti migliori e peggiori, perché ce ne sono stati tanti di entrambi nella vita di un corridore. La cosa importante non è la distinzione ma essere in grado di rialzarsi dopo essere caduti".

Com’ è cambiato il ciclismo col Covid?
"È cambiato perché ci sono dei protocolli da rispettare, perché non c’è il pubblico e perché l’ambiente intorno non è più lo stesso. Tante corse sono state cancellate, più l’anno scorso che quest’anno, ma non c’è stato un ridimensionamento nel numero di professionisti perché hanno stretto i denti un po’ tutti e si è riusciti poi a fare quasi tutto. Siamo ancora in una situazione che non dà sicurezza e quindi bisogna essere prudenti, poi a fine anno si vedrà. Grazie ai protocolli internazionali si è riusciti a fare ciò che magari ad un certo punto sembrava impossibile fare e bisogna essere già contenti di questo".

Come si passa dal sellino delle biciclette agli elicotteri?
"Nasce da una passione perché volevo entrare in accademia ma dopo ho intrapreso la carriera sportiva e non se n’è fatto più nulla. Appena ho smesso, però, ho preso il patentino da pilota ed è un’attività che svolgo da vent’anni".

Come nasce il titolo dell’autobiografia ‘Per non cadere. La mia vita in equilibrio'?
"Il ciclismo è lo sport a cui sono sempre stato avvezzo ma non sono come quei funamboli che sanno andare dappertutto, io ho dovuto imparare ad andare in bicicletta da solo e a stare in mezzo al gruppo. Tutto questo sempre con la paura di stare in piedi e di non cadere. Non ho mai pensato al risultato subito ma ho sempre pensato prima a non cadere".

Ci sono degli atleti in cui si rivede oggi?
"Direi di no. Epoche diverse e tante situazioni da mettere in relazioni troppo differenti".

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Ci sono dei ciclisti che apprezza?
"Ce ne sono tanti che vanno forte. Pogačar e Roglic sono quelli che hanno caratterizzato gli ultimi due anni. C’è Van Aert che ha fatto cose eccezionali e van der Poel è un talento. C’è una nuova generazione che si sta affacciando e continua a fare prestazioni eccellenti. Con il calendario dell’anno prossimo, magari un po’ più dilatato e con la speranza che la pandemia ci dia tregua, sicuramente capiremo ancora meglio di che pasta sono fatti".

Come giudica la generazione attuale di ciclisti italiani?
"È una generazione forte ma non avendo una squadra con tutti i riferimenti si disperdono nel panorama internazionale e su di loro non viene investito nulla perché non essendo della nazione di cui la squadra è rappresentante difficilmente riescono ad emergere. Quindi vanno a fare i gregari ad altri per poi perdersi. Sarebbe bello ci fosse una squadra italiana per portare avanti dei ragazzi del nostro paese e per aiutarli a crescere".

Chi vince il Giro d’Italia 2021?
"Quello che parte favorito è Bernal ma ci sono tanti corridori che potrebbero infastidire. Vedo un Giro apertissimo e per gli italiani dobbiamo capire come sta Nibali. Conterà rimanere sempre davanti, concentrati, e non sottovalutare nessuno perché qualcuno ne potrebbe approfittare in qualsiasi momento".

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