Perché la Juventus si è ritrovata da Trump mentre parlava di Israele e Iran in una scena surreale

Le immagini che nelle ultime ore hanno fatto il giro del mondo sono surreali. Donald Trump, seduto alla scrivania nello Studio Ovale, parla di guerra tra Israele e Iran, attacchi militari, atleti transgender e geopolitica. Dietro di lui, impettiti e visibilmente a disagio, i volti della Juventus: da John Elkann ai calciatori, passando per dirigenti e staff tecnico. Nessuno ride, ma il contesto è inverosimile, con il calcio che all'improvviso entra in scena in uno dei momenti più delicati della politica internazionale. Con i calciatori bianconeri tirati in ballo e messi in imbarazzo su temi scottanti finché un dirigente non ha preso la parola per togliere tutti dall'impaccio.
Eppure è successo davvero. La Juventus, in trasferta negli Stati Uniti per il Mondiale per Club, prima di scendere in campo contro gli emiratini dell'Al-Ain (battuti con un rotondo 5-0), è stata ricevuta alla Casa Bianca. Con loro anche il presidente della FIFA Gianni Infantino. Il perché? Nessuna spiegazione ufficiale da parte del club, della FIFA o della presidenza americana. Ma qualcosa si può intuire.
Il motivo sembra però essere abbastanza chiaro: la Juventus è un brand globale. E John Elkann, amministratore delegato di Exor, ha relazioni e interessi ben radicati negli Stati Uniti. La sua presenza accanto a Trump – non la prima da quando è stato rieletto presidente – sembra dunque una mossa che ha poco a che vedere con il calcio giocato. Sembra piuttosto una dimostrazione di forza politica ed economica, non solo una passerella.

Secondo quanto riferito da The Athletic, diversi presenti – rimasti anonimi – hanno confermato che l'invito è partito direttamente dalla Casa Bianca. E che dunque nell'agenda del presidente degli Stati Uniti c'era spazio per lodare pubblicamente l'imprenditore italo-americano: "Un fantastico imprenditore, un uomo che ha fatto un lavoro fantastico nell'industria automobilistica, proveniente da una stirpe di vincitori".
Non è difatti la prima volta che i due si incontrano. E il legame tra gli Stati Uniti e la famiglia di John Elkann è storico e profondo. L'attuale numero uno della Juventus, nato a New York, è difatti l'erede designato della dinastia Agnelli, nipote di Gianni, ex patron della Fiat e figura simbolo dell'italianità nel mondo nonché amico intimo del potentissimo Segretario di Stato americano Henry Kissinger. Oggi John Elkann controlla, tramite Exor, non solo la Juventus ma anche importanti organi di stampa (compreso The Economist), oltre a essere presidente di Stellantis (che include marchi come Fiat, Jeep, Peugeot, Alfa Romeo, Chrysler, Opel, Dodge, Citroen) e della Ferrari. Non c'è da sorprendersi dunque il motivo per il quale ad essere invitato alla Casa Bianca tra tutti i club presenti al Mondiale per Club è stato proprio quello di cui è proprietario John Elkann.
C'è però un altro dettaglio che ha sorpreso molti: alcuni calciatori non sapevano di essere destinati a comparire nello Studio Ovale. Né Timothy Weah né Weston McKennie – cittadini americani – erano stati avvisati dalla US Soccer Federation. Anche parte dello staff juventino è stato colto di sorpresa.
Intanto, mentre Trump si esprimeva su possibili conflitti in Medio Oriente, alle sue spalle Vlahovic, Locatelli, Gatti, McKennie e altri osservavano in silenzio. Consapevoli di trovarsi nel posto giusto al momento sbagliato. Simbolo perfetto del nuovo mondo della comunicazione globale, dove calcio, potere e diplomazia si mescolano senza regole precise.