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Errori evidenti e colpi proibiti non visti: “Ecco perché esiste il Var”

Clement Turpin, arbitro francese tra i migliori della Champions League, ricorda nella serie tv targata Uefa dedicata al mondo dei direttori di gara quella volta in cui la Var gli fu indispensabile per garantire giustizia in un match degli ottavi tra Chelsea e Bayern Monaco: “Non potevo vedere quel colpo, a questo serve la tecnologia”.
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Quando l'Ifab si disse finalmente pronta per l'introduzione della tecnologia a supporto degli arbitri, gli addetti ai lavori avevano ben in mente gli episodi sui quali intervenire. Casi come il doppio fallo di mano di Henry nello spareggio mondiale contro l'Irlanda nel 2010 che costò la qualificazione agli allora uomini di Trapattoni, oppure il goal fantasma di Lampard contro la Germania proprio ai Mondiali in Sudafrica. Situazioni evidenti, che minano la credibilità di una partita e – se capitano in momenti cruciali – rischiano di alterare totalmente il corso di una competizione e del sistema calcio in generale. Clement Turpin, arbitro Uefa della categoria Elite (quella che raccoglie i migliori fischietti europei, ndr) è ancora grato per la rivoluzione tecnologica che ha investito il mondo del pallone. Chelsea-Bayern Monaco, gara di andata degli ottavi di finale dell'ultima Champions League. Il difensore dei Blues Marcos Alonso sbraccia e colpisce Lewandowski. Turpin fischia. "Non avevo la visuale chiara sulla situazione, era più una sensazione. Interruppi il gioco e lo ammonii per condotta antisportiva". In venti secondi il Var gli suggerisce la review, "chiaro colpo al volto". "Ecco perché secondo me esiste il Var", dice Turpin. "Guardavo il pallone, non potevo guardare anche il contatto".

La serie tv "Man in the Middle", diffusa su Uefa.tv e incentrata sugli arbitri dell'ultima edizione della Champions League, permette di ascoltare le inedite comunicazioni in campo tra i direttori di gara, oltre a offrire spunti regolamentari e mostrare le vite dei fischietti europei quando non sono impegnati sul terreno di gioco. Per Danny Makkelie, olandese, il suo lavoro di poliziotto non è così diverso dall'arbitrare. "In entrambi i casi ti occupi di giustizia", dice. "Servono comunicazione e leadership, intorno a te sono tutti molto coinvolti emotivamente, e devi prendere decisioni alla svelta".  Carlos Del Cerro Grande, spagnolo, ringrazia l'arbitraggio per avergli consentito di viaggiare in ogni parte del mondo. Studia le squadre prima di trovarsele di fronte sul terreno di gioco ("Lipsia e Tottenham sono rapide nei contrattacchi"), spiega le sue decisioni ("È fallo, anche se tocca il pallone e dopo c'è un tackle"), pretende ordine in campo ("Dele Alli, possiamo parlare, ma non fare gesti"). "Per me ‘rispetto' è una parola bellissima, bisognerebbe anche capirla e applicarla". Lo chiede anche Daniele Orsato a Sergio Ramos, durante Real Madrid  – Manchester City, per sollecitare l'uscita dal campo di Vinicius. "Sergio, facciamo presto, rispetto per l'arbitro e per gli avversari".

Come si allenano gli arbitri in lockdown

L'epidemia da Coronavirus ha modificato radicalmente anche le abitudini degli arbitri. La Champions League si è fermata per poi ripartire sotto forma di mini-torneo a eliminazione diretta da disputare in Portogallo. Per tenere gli arbitri in allenamento nel periodo di stop forzato, il responsabile Uefa della preparazione fisica Werder Helson si è inventato delle video-riunioni con programmi specifici per tutti i suoi atleti. "Si tratta di sessioni online che i ragazzi potevano fare a casa senza equipaggiamento", dice. "Ci concentriamo principalmente su quattro topic da 20 minuti: forza e prevenzione infortuni, braccia e spalle, concentrazione e decision making, cardio". Gli arbitri seguono dove possono: chi in balcone, chi in giardino, qualcuno, come Makkelie, ha una palestra privata.

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Helson è anche insegnante di Teorie dell'allenamento sportivo all'Università belga di Leuven. "Per questo – dice – ho accesso a numerosi dati e studi scientifici. Un arbitro Elite, ad esempio, corre una distanza totale dai 10 ai 13 chilometri, di cui almeno 3 oltre i 20 chilometri orari, quindi ad alta intensità. Non solo, in base allo sviluppo del gioco fanno circa 1800 cambi di direzione". Per questo tenerli allenati è fondamentale, soprattutto nelle partite di Champions. Da un paragone con le competizioni nazionali, infatti, emerge che nelle gare europee le sollecitazioni fisiche degli arbitri che portano il battito cardiaco dell'85% oltre la media durano almeno 15 minuti in più. "Questo – sostiene Helson – per due motivi: i match sono più intensi, e c'è maggiore probabilità che si arrivi ai supplementari".

Taylor, l'arbitro che consegna la spesa agli anziani

Anche per Anthony Taylor la pandemia ha stravolto l'arbitraggio. "Paradossalmente è più difficile concentrarsi in uno stadio vuoto", dice. Rimboma tutto, le voci si sentono più nitidamente, e l'attenzione va portata al massimo. Ma l'emergenza sanitaria ha stravolto anche la sua vita privata, fuori dal terreno di gioco. "Nel quartiere abbiamo organizzato un gruppo su Whatsapp, per conoscere le esigenze di tutti e aiutarci l'un l'altro". Quando può, Taylor si occupa di portare la spesa agli anziani in difficoltà, che non possono uscire di casa per paura di contagiarsi. Qualità umane che non passano inosservate agli occhi del designatore Uefa, Roberto Rosetti: "Gli arbitri non devono essere un esempio soltanto in campo. Siamo orgogliosi che abbiano questi valori anche in privato, che siano dei grandi uomini".

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