30 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Così Roberto Mancini ha trasferito il suo genio calcistico in panchina

Oggi Roberto Mancini compie 56 anni, quasi tutti passati su un campo da calcio, da giocatore prima e allenatore ora. Nella Sampdoria di Mantovani e nella Lazio di Cragnotti ha distillato momenti di grande genio calcistico. Da tecnico sa sintetizzare diverse esperienze, nella speranza di raggiungere il grande obiettivo: l’Europeo con l’Italia.
A cura di Jvan Sica
30 CONDIVISIONI
Immagine

Scrivere di genio nel calcio quando se n’è appena andato Diego Armando Maradona, “il genio” per eccellenza, sembra impossibile. Eppure per Roberto Mancini, che oggi compie 56 anni, il termine non è scialbo, sprecato o esagerato. Oggi va molto di moda la locuzione “Come spiegare un calciatore a chi non lo ha mai visto”. Ne stiamo parlando in continuazione per Maradona, ma anche per Mancini un piccolo riassunto ci sta bene. Roberto Mancini era un calciatore senza ruolo, senza compiti specifici, senza schemi o strategie di base da rispettare. Era libero di fare quello che chiedeva alla sua testa, prima che ai suoi piedi. Una frase che lui diceva sempre era:

“Il calcio è fatto di cervello, non solo di tecnica o qualità”

Questa massima Mancini la metteva in pratica in ogni partita giocata, nonostante avesse due piedi immaginifici e bravi nel capire le partite come pochi altri. Quello che stupiva del Mancini calciatore era la sua capacità di gestire spazio, pallone, tempo, corpo suo e degli avversari in quel determinato spazio e in quei tempi. Era una sorta di scienziato del gioco, ma non uno di quelli con gli occhialoni spessi e la volontà di riuscirci come prima molla del sapere e dello scoprire, ma uno alla Einstein, con la stessa grandiosa volontà di comprendere, ma muovendosi per intuizioni continue.

Le cose più belle di Mancini calciatore spesso sono andate perse, perché un suo compagno di squadra non aveva capito che movimento fare o a quale velocità. E le sue cazziate sono ancora oggi cult. Quando però le cose accadevano come la sua intuitiva intelligenza spaziale presupponeva, gli assist fioccavano. Gianluca Vialli deve ringraziarlo per decine, decine e decine di gol, così come tanti altri compagni di una Sampdoria bellissima perché manciniana fin nel midollo.

“L'unico limite di Mancini è la scarsa capacità di concentrazione. Impossibile per lui restare con la testa nella partita per 90 minuti. Mezz'ora da fenomeno, quindi un sonnellino. Poi, ops, la sveglia e altri 20 minuti da brividi” – Vujadin Boškov

C’è un gol che potrebbe spiegare quello che era Mancini in pochi frame. 18 marzo 1990, c’è lo scontro proprio tra la Sampdoria di Mancini e il Napoli di Maradona. Salsano a centrocampo lancia sulla sinistra Mancini, che si decentra. È seguito da Nando de Napoli che gli soffia sul collo e di fronte a lui ha Baroni che lo aspetta. È chiuso, per cui rallenta. Ma non si ferma. In un attimo capisce che nella fascia centrale del campo avanza di corsa Dossena. Quell’attesa diventa quindi una sorta di passo di danza, per cogliere l’unico istante buono per far passare di sinistro la palla tra De Napoli e Baroni e farla arrivare a Dossena, appena fuori area. Il centrocampista della Samp non deve né fermare la corsa, né stoppare il pallone, né accelerare. Deve semplicemente continuare a correre come stava facendo e calciare la palla, che va in gol.

“Se non gioca Mancini non vado allo stadio. Non mi diverto” – Paolo Mantovani

Quello di cui scrivevo per spazi e tempi è perfettamente esemplificato in questa azione. Mancini capisce come servire un pallone per un compagno che corre a 30 metri da lui, affinché il compagno abbia il modo più semplice per calciare in rete. Impressionante e appunto geniale.

“Vorrei avere l'inventiva di Baggio, i piedi di Mancini, la potenza di Vialli” – Attilio Lombardo

La stessa genialità, ma secondo caratteristiche differenti le ha portate poi nel ruolo di allenatore. Mentre da calciatore era il genio dell’intuizione, ora è il genio della sintesi, fra tattiche, caratteristiche dei calciatori e tendenze del gioco del calcio. Lo ha fatto in tutte le sue squadre e questa sua capacità si sta sublimando in Nazionale, dove è riuscito a coniugare Juego de posición spagnolo, verticalismo kloppiano e tradizione italiana, adeguando tutto a calciatori che sa far rendere al loro meglio (quasi tutti). Adesso però deve riuscire in quello che non ha mai fatto in Nazionale da calciatore, affermarsi completamente con una vittoria da protagonista. Agli Europei non manca tanto e non vediamo l’ora di tifare tutti per la sua squadra.

30 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views