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Nell’epoca del ricambio generazionale in NBA, Chris Paul è ancora in vetta

All’alba dei 37 anni e mentre tanti dei giocatori della sua generazione iniziano lentamente la loro parabola discendente, CP3 non smette di dominare.
A cura di Luca Mazzella
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Tra meno di una settimana, il 6 maggio, compirà 37 anni. Gli anni di LeBron James, 3 anni in più di Kevin Durant e Russell Westbrook, 5 in più di James Harden. Colleghi di "generazione", alcuni tra i giocatori più forti e vincenti di sempre, ma entrati in una fase non necessariamente calante quanto diversa delle rispettive carriere. Inutile negare infatti, e i Playoffs e la stagione regolare NBA l'hanno dimostrato, quanto la pallacanestro dei signori citati sia in qualche modo cambiata, tra un atletismo vistosamente calato negli ultimi anni a causa di infortuni o un modo di giocare meno efficace e non più impattante come un tempo.

E se per LeBron forse ci sarebbe da fare un discorso di tipo evolutivo, su come cioè il 6 dei Lakers sia riuscito a resistere all'incedere degli anni cambiando il proprio stile di gioco e arricchendolo di ulteriori pezzi per restare sempre dominante, lo stesso discorso non può farsi per altre leggende dell'NBA recente che stanno lentamente cedendo il passo alla prepotente emersione della nuova generazione di fenomeni, dagli ormai consolidati MVP caliber Giannis Antetokounmpo, Luka Doncic, Nikola Jokic, Joel Embiid e Jayson Tatum ai più giovani emergenti come Ja Morant, Anthony Edwards, Trae Young o LaMelo Ball.

In questo evidente passaggio di consegne e logorio fisico che il tempo ha accelerato in tanti dei giocatori simbolo degli ultimi 15 anni, c'è un'eccezione di nome Cristopher Emmanuel Paul. Che all'alba dei 37 anni, con un fisico ben diverso per conformazione dai titanici giocatori sopracitati, e con una storia di infortuni notevole, è ancora nell'élite della pallacanestro americana. Al punto da regalarsi, come fatto nella notte contro i Pelicans, record storici che non dovrebbero necessariamente essere scritti da una point-guard di 185 centimetri alla 17esima stagione nella lega.

Nel "close-out game" contro New Orleans, sul campo di Brandon Ingram e compagni e con tutta la pressione del mondo per aver reso combattuta una serie che appariva scontata a favore dei suoi Phoenix Suns titolari del miglior record di regular season, Chris Paul ha scritto la storia, diventando il primo giocatore di sempre ai Playoffs a segnare 14 canestri dal campo senza sbagliare nemmeno un tiro tentato. Un 14/14 perfetto, con una sola conclusione da 3 in pieno stile CP3, che da inizio carriera predilige una zona di campo ormai in via di estinzione come il mid-range (lo spazio tra la linea da 3 e l'area dei 3 secondi, all'altezza del tiro libero), 4/4 in lunetta e 8 assist, che portano il suo personalissimo score nella serie finita 4-2 per i Suns a 60 assist totali a fronte di 6 sole palle perse. Un dato impressionante se si pensa alla pressione difensiva ricevuta da tutte le guardie dei Pelicans e in particolare dal sorprendente Jose Alvarado, il rookie entrato nel cuore di tutta New Orleans per agonismo e aggressività.

Chris Paul ha fatto tutto ciò giocando dal secondo tempo di gara 2 fino a gara 6 senza Devin Booker, rientrato solo per l'ultimo appuntamento, e quindi con tutte le attenzioni difensive della squadra ben allenata da Willie Green nei suoi confronti. E per quanto un incrocio tra prima e ottava classificata (per giunta dai play-in) non andrebbe celebrato come un'impresa, l'entusiasmo con cui i Pelicans hanno giocato questa serie prendendo fiducia partita dopo partita e mostrando dei miglioramenti continui in termini di consapevolezza e maturità stava per giocare comunque un brutto scherzo alla squadra per molti favorita all'anello.

Un motivo in più per inquadrare tra le migliori prestazioni di sempre ai Playoffs i 33 punti "perfetti" di Paul, che a differenza di tanti giocatori della sua età che stanno assistendo alla post-season comodamente dal divano di casa, continua a dominare il Gioco alla sua maniera: tiri dal midrange, controllo del ritmo, capacità di servire i compagni coi tempi giusti, lucidità continua nella gestione della palla e soprattutto un killer instinct unico nel suo genere nel leggere il momento della partita in cui salire di livello e fare le giocate decisive. Farlo con un fisico normale nell'epoca dei super-atleti e delle point-guard ormai abituate a dare del tu al ferro con atletismo fuori dal comune, non è che un merito ulteriore. Perché gli anni passano, ma Chris Paul continua a dominare. E a proposito di scontri generazionali, ora ad attenderlo ci sono prorio i Dallas Mavericks di Luka Doncic. Una sfida che può rappresentare un passaggio di consegne, o arricchire di un ulteriore capitolo la saga di uno dei migliori interpreti di sempre di questo gioco.

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