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Kings e Clippers scrivono un pezzo di storia NBA: è la partita dei record

Attacchi scintillanti, difese allegre, record sgretolati. Nella notte, la sfida tra Los Angeles e Sacramento è sembrata il secondo capitolo dell’All-Star Game di una settimana fa.
A cura di Luca Mazzella
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176 a 175, 58 minuti giocati, due templi supplementari, il secondo maggior numero di punti segnati nella storia in una partita NBA, e uno show a suo modo destinato a restare nella mente degli appassionati NBA a lungo. Perché se è vero che la sfida di questa notte tra Kings e Clippers ha messo a nudo alcune delle note criticità della regular season attuale, nella quale i tanti impegni ravvicinati ma soprattutto la prospettiva sempre più mirata all’anello in palio a giugno nelle Finals hanno finito per abbassare impegno e dedizione delle superstar nei mesi che precedono l’inizio dei Playoffs, la vagonata di canestri spettacolari e il duello colpo su colpo tra le due squadre californiane non può non aver divertito persino i più critici e cinici esteti del Gioco, il cui giudizio su una lega sempre più votata all’attacco (a proposito, con i quarantelli di Julius Randle, Malik Monk, Kawhi Leonard e De’Aaron Fox siamo ufficialmente al record storico (143) per prestazioni da 40 punti, superando le 142 che duravano ormai dal 1961-62, anno dei 100 di Wilt Chamberlain per intenderci) è spesso fin troppo severo.

La leggerezza con cui però la squadra di Mike Brown, sempre più candidato al premio di coach dell’anno, e quella di Tyronn Lue, hanno battagliato sul parquet dei losangelini, ha messo in piedi uno spettacolo godibile e di enorme intrattenimento, iniziato in piena notte italiana e concluso all’ora di colazione, quando i tweet in successione sul finale elettrizzante di partita hanno suscitato l’attenzione di tutti gli appassionati, connessi giusto in tempo per godersi i due tempi supplementari utili a ammirare la sfilza di canestri di Malik Monk, autore di 45 punti in uscita dalla panchina, e De’Aaron Fox, 42 con 12 assist, 5 rimbalzi e 5 palle recuperate, a ribaltare il vantaggio più volte costruito e più volte dilapidato da Kawhi Leonard (44 punti con 16/22 dal campo) e Paul George (34 punti). Il tutto per 351 complessivi che si piazzano al secondo posto all-time per punteggio di una partita nella storia NBA, alle spalle dei 370 segnati tra Pistons e Nuggets in un triplo overtime giocato il 13 dicembre del 1993 e chiuso sul 186-184 per Detroit.

Light the Beam è più di un motto ormai

Alla fine ad uscire vincitrice dalla battaglia è Sacramento, sempre più in possesso del terzo posto a Ovest e anzi ormai in orbita Grizzlies, fino a qualche settimana fa certi del secondo seed ma oggi a 1.5 gare di distanza. Una vittoria arrivata in modo rocambolesco nonostante il +14 dei Clippers a 4 minuti da fine regolamentari, limato fino al +9 a 2:40 minuti dalla fine, prima di essere riacciuffato dalla tripla a fil di sirena di Malik Monk. E ancora, in rimonta dal -6 con 3 minuti da giocare nel primo overtime e un altro -6 a 2 minuti dalla fine del secondo supplementare.

Per la squadra che a inizio anno ha coniato il motto “Light The Beam”, riferito al fascio di luce viola che dal Golden 1 Center di Sacramento viene proiettato nei cieli della città ad ogni vittoria dei californiani, si tratta del quarto successo su quattro gare giocate nel supplementare quest'anno. Una svolta culturale per una franchigia che negli ultimi due decenni ha fatto parlare di sé più per le sconfitte e gli errori in sede di draft (come scegliere Marvin Bagley III al posto di Luka Doncic) che per i risultati, e che dopo la rivoluzione attuata tra febbraio (con lo scambio tanto discusso tra Tyrese Haliburton e Domantas Sabonis) e giugno (con le firme di Kevin Huerter e Malik Monk e la scelta dell’ala Keegan Murray) sta vivendo la sua miglior annata dagli anni 2000 a oggi, facendo sognare ai tifosi di poter ripetere le gesta del team che allenato da Rick Adelman e trascinato da Chris Webber, Mike Bibby, Peja Stojakovic e Vlade Divac si affermò come una delle squadre più forti della Western Conference, messa in ginocchio dai soli Lakers di Kobe e Shaq. Merito del nuovo allenatore, Mike Brown, scippato allo staff tecnico dei Warriors campioni NBA, e dell’esplosione definitiva di De’Aaron Fox, “Mr.Clutch”, ovvero il giocatore più incisivo della lega quando le partite arrivano in volata. Il tutto a generare quella che oggi è considerata la squadra più divertente della lega: 118.8 punti di offensive rating (punti segnati su 100 possessi), il più alto mai registrato nella storia NBA; 120.6 punti di media a partita (primo attacco della lega) e ben 16 partite oltre i 130 punti, anche in questo caso massimo stagionale.

Tutti i record della partita

La gara di questa notte, oltre che per i 351 punti complessivi segnati dalle due squadre, entra di diritto nella storia NBA per una serie di record superati e per alcune statistiche letteralmente folli. Detto del secondo punteggio più alto mai registrato, la gara è anche la seconda migliore di sempre per triple totali segnate, 26 delle quali portano la firma dei Clippers che hanno così registrato il record di franchigia. In generale, sono state irreali le percentuali di entrambe le squadre, coi Kings capaci di tirare con il 59% dal campo e il 44% da tre e la squadra di Lue a rispondere con il 61% al tiro, il 59% da oltre l’arco e l’86% ai liberi. Kawhi Leonard, autore come detto di 44 punti, ha salutato per la prima volta in carriera una prestazione da 40 o più punti con una sconfitta, a dare ancora più eccezionalità alla gara.

L'esordio a due facce di Russell Westbrook

Oltre alla sconfitta casalinga e al dispendio di energie non necessariamente messo in preventivo da una squadra che aveva finora sapientemente gestito le sue superstar, Kawhi su tutti, in ottica post-season e per evitare sciagurate ricadute, è sulle rotazioni post-firma di Russell Westbrook che ora coach Lue deve dimostrare di avere il polso della situazione. Perché se è vero che la firma dell’ex Lakers è arrivata sostanzialmente su richiesta dei senatori del gruppo, Paul George e Marcus Morris su tutti con approvazione implicita di Kawhi Leonard, lo status della point-guard MVP coi Thunder pone enormi contraddizioni tra il minutaggio e l’utilizzo che per le caratteristiche impulsive del suo gioco Westbrook meriterebbe, e lo spazio che da subito il coach gli ha concesso anche al punto da utilizzare per appena 18 minuti quel Terrance Mann titolare della posizione fino a qualche giorno fa e con cui la squadra stava trovando continuità di rendimento (10-2 nelle ultime 12 sfide con il terzetto completato da Kawhi e PG).

Le tante azioni in cui Westbrook, senza palla, è stato di fatto battezzato dalla difesa con tanto di diretto difensore sguinzagliato verso i raddoppi sugli avversari, impongono delle riflessioni tecniche su una prevedibilità offensiva di squadra che rischia di agevolare e di molto le difese con in campo il numero 0. La vera sfida, pur al netto di diverse azioni incoraggianti di “The Broodie”, uscito per 6 falli tra gli applausi dei suoi nuovi tifosi, sarà assimilare un giocatore così disfunzionale in un sistema offensivo che non ha bisogno della sua hero-ball, provando poi nei finali di partita ad affidare la palla alle sapienti mani del padrone di fatto di questa squadra, Kawhi Leonard. Facile a dirsi, meno ad attuarsi. Trovare il punto di equilibrio tra la volontà dei senatori e l'esigenza, mai come quest’anno, di traghettare la squadra verso l’obiettivo dichiarato e più volte ribadito dalla dirigenza ovver il titolo NBA, è la vera sfida da vincere per coach Tyronn Lue.

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