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“Diffondete questa foto”: l’ultimo messaggio lasciato dall’ex campione di basket morto in povertà

Il gesto commovente compiuto da Sam Smith prima di morire, per cercare di salvare gli ultimi superstiti di una generazione persa: sono rimasti vivi in 138, ma il tempo corre veloce.
A cura di Paolo Fiorenza
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Sam Smith è morto lo scorso 18 maggio a 79 anni nella sua modesta casa di Indianapolis. L'ex giocatore di basket ha legato il suo nome alla ABA, la lega professionistica statunitense che tra il 1967 e il 1976 rivaleggiò con la più affermata NBA, soccombendo alla fine nel confronto. La fusione parziale tra le due leghe salvò solo quattro squadre di quelle che erano sopravvissute alle difficoltà dell'ultima ABA (New York Nets, oggi Brooklyn Nets, Denver Nuggets, Indiana Pacers e San Antonio Spurs), condannando gli altri team e lasciando disoccupati parecchi giocatori.

Giovani atleti che col passare degli anni sono diventati uomini e poi anziani in condizioni di indigenza. I giocatori che non hanno trovato un posto a lungo termine nella NBA sono infatti rimasti – oltre che senza stipendio – anche senza pensione né assicurazione sanitaria. Questi ex giocatori dell'ABA oggi hanno tra i 70 e gli 80 anni. Alcuni sono senzatetto, vivono sotto i ponti, altri muoiono da soli senza soldi neanche per un degno funerale.

Smith si considerava fortunato rispetto ai suoi ex compagni di squadra, almeno aveva l'assicurazione sanitaria. Ma per il resto la sua situazione non era molto diversa da quella drammatica di una generazione di cestisti persi. I riflettori delle arene di basket per lui si erano spenti da decenni: dopo essere stato campione ABA con gli Utah Stars, aveva ottenuto un lavoro come supervisore della sicurezza presso lo stabilimento di assemblaggio Ford di Indianapolis. Col passare degli anni, le cose per Sam si sono fatte sempre più difficili, fino al punto in cui ha dovuto fare una telefonata per chiedere soldi per la benzina.

Sam Smith in azione nella ABA
Sam Smith in azione nella ABA

È successo cinque anni fa in occasione della 50ª riunione per il campionato vinto col Kentucky Wesleyan College: con l'avvicinarsi dell'evento, Smith ha chiamato la Dropping Dimes Foundation, che aiuta i giocatori ABA in difficoltà e le loro famiglie, per chiedere un prestito non avendo i soldi per arrivare alla riunione. Ha parlato direttamente col CEO e fondatore di Dropping Dimes, Scott Tarter, insistendo che fosse solo un prestito, di 250 dollari. L'ente gli ha dato i soldi e gli ha detto che era un regalo, non un prestito.

Due anni dopo, Smith ha dovuto fare un'altra chiamata a Dropping Dimes. Sua figlia era morta da madre single, lasciando a lui e a sua moglie Helen il figlio di 5 anni affetto da autismo, perché se ne prendessero cura. "Mi ha chiamato in lacrime", ha detto Tarter. Smith non aveva i soldi per pagare il funerale di sua figlia. L'associazione lo ha aiutato ancora, mentre l'ex giocatore continuava ad aspettare una pensione dalla NBA che non è mai arrivata. Una pensione negata a molti altri nella sua stessa condizione.

E proprio per attirare l'attenzione su questo dramma non solo suo, Smith – qualche settimana prima di morire – si è fatto fotografare sdraiato in un letto d'ospedale accanto ad un pallone da basket ABA, un'icona che riporta negli occhi quel basket romantico in cui Julius Erving, prima di diventare una leggenda nella NBA, teneva in mano come un'arancia quella palla a spicchi colorati e la schiacciava a canestro. È una foto carica di angoscia, che Sam voleva che fosse vista da più persone possibile. "Mi ha afferrato il braccio e mi ha tirato più vicino a lui – ha raccontato Tarter, che ha scattato la foto – E mi ha detto: ‘Farei di tutto per convincere la NBA ad aiutare questi ragazzi' ". Forse questa foto potrà fare qualcosa: per Smith è stato troppo tardi, per qualcun altro potrebbe esserci ancora tempo per assicurargli anni dignitosi.

La foto di Smith su un letto d'ospedale col pallone ABA vicino a lui
La foto di Smith su un letto d'ospedale col pallone ABA vicino a lui

I giocatori della NBA hanno un piano pensionistico dal 1965. Qualsiasi giocatore che abbia giocato almeno tre anni nella lega ha diritto a un pagamento mensile e l'accesso ad altri vantaggi, come la copertura sanitaria a vita, un programma di rimborso delle tasse universitarie e altro ancora. Molti dei giocatori dell'ABA non sono mai arrivati ​​​​alla NBA dopo la fusione. Alcuni l'hanno fatto, ma hanno giocato solo un anno o due. Senza quei tre anni di militanza, non importa quanto abbiano contribuito all'ABA, rimangono senza nulla tra le mani. Smith è uno di quelli che ha dato tutto se stesso ad una sola delle due leghe e si è ritrovato senza niente. "Sono così arrabbiato con la NBA – ha detto Tarter a USA Today – Ecco un ragazzo che avrebbe dovuto godersi la pensione e invece… un altro se n'è andato".

Una foto commemorativa di Smith diffusa dalla Dropping Dimes Foundation
Una foto commemorativa di Smith diffusa dalla Dropping Dimes Foundation

I duemila dollari al mese di pensione sarebbero stati una manna per la famiglia, ha detto la moglie di Smith: "Ci avrebbero cambiato la vita". Nel febbraio dell'anno scorso, dopo che è stato pubblicato un report in cui si rivelava che la maggior parte dei giocatori dell'ABA in difficoltà sono neri, l'NBA ha risposto alla questione. "Stiamo discutendo con la Dropping Dimes Foundation su questo problema", ha detto all'epoca il portavoce della NBA Tim Frank, che questa settimana ha confermato che quelle discussioni continuano. Ci sono 138 giocatori ABA ancora vivi che secondo Dropping Dimes dovrebbero ricevere le pensioni: il tempo corre veloce, ma la NBA sarebbe ancora in tempo per fare un grande gesto che sanerebbe una profonda ingiustizia.

Se infatti oggi la lega professionistica americana è uno spettacolo con pochi eguali al mondo, che fattura miliardi di dollari, è anche grazie ai pionieri della ‘sorella' meno fortunata, la ABA. Per pagare queste pensioni, peraltro, basterebbe che la NBA utilizzasse un terzo di quello che dona in beneficenza ogni anno dalle multe dei giocatori.

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