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Covid 19

Coronavirus, Ekdal: “Non riesco a pensare al calcio ma a chi muore o perde il lavoro”

Il centrocampista svedese della Sampdoria risultato positivo, come altri sei compagni al Coronavirus, ha fatto il punto sulle sue condizioni di salute. Difficile per lui al momento pensare al calcio: “L’unica cosa che conta è tornare a un qualche tipo di normalità, che le persone si sentano meglio e non debbano perdere il lavoro”
A cura di Marco Beltrami
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Albin Ekdal è uno dei sedici calciatori di Serie A risultato positivo al Coronavirus. Il centrocampista svedese della Sampdoria (club con il maggior numero di contagiati, ben sette), ai microfoni del Corriere dello Sport, ha fatto il punto sulle sue condizioni di salute, spiegando come la pandemia abbia inevitabilmente stravolto la lista delle sue priorità, con il calcio messo in secondo piano.

Ekdal racconta la sua esperienza con il Coronavirus

Albin Ekdal è stato uno dei calciatori della Samp, (oltre a Manolo Gabbiadini, Antonino La Gumina, Morten Thorsby, Fabio Depaoli e Bartosz Bereszynski) a risultare positivo al Coronavirus. Il centrocampista svedese ha raccontato la sua esperienza con il COVID-19: "Sto bene da diversi giorni. Sembra che il virus abbia lasciato il corpo e non me lo sento più. In realtà non stavo così male. Per me sono stati i classici sintomi dell’influenza. Un po’ di febbre, mai alta, un po’ di mal di testa, un po’ di dolori articolari e così via. Ovviamente non è stato piacevole risultare positivo al test, ma mi sono reso conto subito che si stava diffondendo rapidamente e che molte persone si erano infettate".

Il centrocampista della Sampdoria ha rivisto le sue priorità

Il calcio italiano (e internazionale) s'interroga sugli scenari per la possibile conclusione dei campionati. Al momento però pensare al pallone è davvero difficile, anche per i calciatori professionisti. Ekdal infatti rivela di aver rivisto le sue priorità: "Non sto davvero pensando al calcio in questo momento. L’unica cosa che conta è tornare a un qualche tipo di normalità, che le persone si sentano meglio e non debbano perdere il lavoro. Quando l’economia va all’inferno e la gente muore, il calcio non mi passa nemmeno per la mente".

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