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Valente a Fanpage.it, tra Olimpiadi e tifosi allo stadio: “Via libera ai vaccinati? Una possibilità”

Simone Valente, deputato del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura, ed ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel primo governo Conte, ha parlato a Fanpage.it della situazione generale dello sport e della sua crisi attuale, fino al decreto legge che ha garantito l’autonomia al CONI permettendo all’Italia di partecipare alle prossime Olimpiadi.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Simone Valente, deputato del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura, ed ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel primo governo Conte, ha parlato a Fanpage.it della situazione generale riguardante lo sport, di pari passo con la pandemia, ma soprattutto del decreto legge sull'autonomia del CONI. Il provvedimento, giunto alla vigilia della riunione del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, che ha avuto all'ordine del giorno l'eventuale esclusione dell'Italia dai Giochi Olimpici.

Thomas Bach ha escluso questa possibilità, complimentandosi con il governo italiano per aver raggiunto quest'accordo con il CONI. "Sono contento, perché il decreto è arrivato al termine di un duro lavoro – ha detto Valente – Felice anche per le parole di Bach che ha praticamente chiuso il caso". In agenda, anche il piano per la ripartizione di fondi destinati a rimodernare gli impianti sportivi e attrezzare le aree all'aperto di attrezzature adeguate per lo svolgimento di attività sportiva in sicurezza.

Ha mai pensato che davvero l’Italia rischiasse l’esclusione dalle Olimpiadi?
"Con il decreto legge che il governo ha approvato, il CONI riacquista la sua autonomia e ogni rischio, anche minimo, di sanzioni da parte del CIO, è svanito. Il presidente Bach ha chiarito che il CIO avrebbe preso delle misure nei confronti dell'Italia ma ha anche detto che sono soddisfatti del decreto e hanno chiuso il caso. Sono contento che il presidente dimissionario Conte abbia ascoltato tutte le preoccupazioni e le richieste che ho trasmesso e finalmente dopo un lavoro durato giorni questo decreto è arrivato all'approvazione. Anche se lontano, il pericolo di andare alle Olimpiadi senza inno e bandiera doveva essere evitato a tutti i costi".

Perché ci si è ridotti all’ultimo giorno?
"Io penso che le motivazioni possano essere molteplici. Partendo dal fatto che la riforma dello sport nasce nella legge di bilancio 2019 e poi continua con il disegno di legge 86/2019 approvato ad agosto, dove si delegava il governo a scrivere questi 6 decreti legislativi. Quindi diciamo che è passato più di un anno e questo ritardo è dovuto soprattutto alla questione della pandemia, che è stato un elemento determinate. Poi c'è stato un cambio di governo, che non è di poco conto dato che ad ogni ricambio ogni ministro si ritrova in mano tanti dossier da dover analizzare. Il terzo elemento, innegabile, è relativo alle visioni differenti che sono emerse all'interno del governo e della stessa maggioranza, tutte comunque totalmente legittime. Fatto sta che la delega è scaduta al 30 novembre". 

Qualcuno ha remato contro in questo anno e mezzo?
"Io non penso che qualcuno abbia potuto remare contro. Ai tavoli, le altre forze politiche hanno avuto un atteggiamento di dialogo e costruttivo, ma su alcuni punti, previsti anche dalla legge delega come il riordino del numero di mandati per quanto riguarda gli organi federali e il CONI, o il conflitto d'interessi tra i presidente del CONI e la fondazione Milano-Cortina, non si è mai trovata una quadra".

Il decreto approvato praticamente nei minuti di recupero andrà rivisto in qualche modo?
"Il decreto è a un buon punto di partenza perché in realtà il passaggio dei dipendenti al CONI, ovvero la pianta organica, era già immaginata nella riforma partita nel 2018, quindi il problema è stato proprio quello di aver fatto passare troppo tempo. Nessuno pensava di poter togliere l'autonomia al CONI, sarebbe stato scorretto. Però devo fare un'annotazione.

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Con questo decreto legge non si affossa la riforma dello sport del governo precedente, perché proprio perché il passaggio di dipendenti al CONI era già previsto, con questo decreto, che parla principalmente del passaggio di dipendenti, non è cambiato nulla. Rimane infatti l'integrità di Sport e Salute, la sua mission, rimane a questo ente la maggior parte dei dipendenti e una parte di immobili. È ovvio che quella parte lì di Sport e Salute, che è una società di servizi allo sport focalizzata sullo sport di base, deve essere sviluppata sempre di più. Chi ha usato questo decreto legge per provare ad affossare quella riforma e soprattutto Sport e Salute, secondo me ha agito strumentalizzando molto questa vicenda". 

Si può dire che a questo punto l’emergenza più grande a livello sportivo in Italia sia quella legata allo sport di base?
"Io sono contento che sia stato approvato questo decreto legge che ho fortemente voluto anche per mettere la parola fine a questa polemica che va avanti da mesi. Una polemica che ha disorientato tutto lo sport federale, enti di promozione sportiva, le società, di cui non ce n'era assolutamente bisogno. La pandemia ha messo in grande difficoltà lo sport e piuttosto che immaginare delle norme per lotte di potere dobbiamo concentrarci sui veri problemi che stanno attraversando gli sport di base. Noi abbiamo palestre, centri fitness, impianti sportivi, che stanno vivendo una crisi incredibile, con persone che non hanno più il lavoro e volontari che non possono dedicare il loro tempo allo sport. Il danno più grave lo stanno subendo le nuove generazioni: bambini e ragazzi.

È da più di un anno che non giocano, non praticano sport e attività motoria, così come tante altre persone con patologie che avrebbero la necessità, per motivi medici, di curarsi attraverso l'esercizio fisico e non possono farlo. L'attività motoria adattata dovrebbe essere un asset fondamentale nel nostro sistema sanitario, ma con la pandemia è diventata un aspetto marginale e questo è dovuto proprio dal fatto che l'esercizio fisico purtroppo non è considerato tra i livelli essenziali delle prestazioni. È importante quanto prima dare ristori alle società sportive, associazioni che devono anche pagare costi fissi. Sarà importante dare ristori a collaboratori sportivi che sono stati chiusi a gennaio e febbraio e poi vedremo anche a marzo per dare un'altra boccata d'ossigeno, ma bisognerà il prima possibile passare a una visione più ampia: capire come far ripartire lo sport in sicurezza, in base ai dati.  

Il recovery plan deve essere sviluppato per intervenire sulle problematiche che il mondo sportivo già aveva e che ora sono emerse maggiormente. L'impiantisca sportiva, per me, è sempre stata la priorità perché ad esempio diventa inutile parlare di sport e attività motoria nelle scuole se non ci sono le palestre scolastiche. Questo è il vero filone da seguire e sto lavorando molto per il rilancio dell'impiantistica.

Tra le altre cose, credo che si debba considerare di applicare il bonus 110% anche all'impiantistica sportiva, dato ad oggi la legge prevede che venga applicata solo alla parte dello spogliatoio. E poi dobbiamo fare in modo che lo sport si integri maggiormente con le città, che il movimento propriamente detto incida di più sulle città: penso ad esempio a parchi pubblici e aree attrezzate con strumenti specifici per fare sport". 

Come si immagina la ripartenza dello sport di base? C’è un anno che è andato perso e non tornerà indietro, specialmente per i più giovani.
"Io penso che per limitare i danni che i giovani hanno subito bisognerà mettere tante energie. Dovremo impegnarci a far fare ai bambini almeno il doppio delle attività che facevano prima. Una risposta forte alle nuove generazioni è la cosa più importante. I danni motori e psicologici subiti, li pagheranno nel futuro se non interveniamo subito, e con loro l’intero Paese".

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C'è qualche possibilità di vedere una minima percentuale di pubblico negli stadi?
"Io sto vedendo che in alcuni Paesi già qualcuno chiarisce che con la vaccinazione le persone potranno entrare negli stadi o palazzetti. Questo ovviamente farà parte di una politica generale del governo sulle vaccinazioni e su come le vaccinazioni dovranno incidere sullo spostamento delle persone. Io credo che questa sia una delle possibilità da tenere in considerazione, anche pensando all'economia dell'industria sportiva, che ha subito un danno molto pesante per l'assenza di persone". 

Anche la situazione legata a sport invernali e impianti sciistici è complessa. E la fine della stagione si avvicina.
"In queste settimane sto incontrando moltissimi gestori di diverse regioni e le due principali associazioni di categoria dei gestori d’impianti per affrontare il tema. Per il settore della montagna, che riguarda turismo e sport, l'attenzione deve essere massima perché è una stagione e mezza che quel settore è penalizzato senza ricevere ristori. Questo è un altro punto che dovrà esserci nel decreto ristori e che avevo chiesto al governo di inserire: garantire ristori ai gestori degli impianti, alle scuole di sci e anche agli albergatori".

La crisi di governo quanto può incidere su ulteriori ritardi su questo fronte?
"Io penso che questa crisi debba essere risolta il prima possibile. Lo dico da sempre perché sono stato tifoso e sostenitore della stabilità dei governi a prescindere dal colore. È chiaro che un ministro che può lavorare un anno è un conto, se lo fa per cinque anni è totalmente diverso. È inaccettabile che ogni anno e mezzo si debba ritrovare un ministro o un Presidente del Consiglio pronto a iniziare tutto da capo".

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