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Monster la storia di Ed Gein, il figlio di Anthony Perkins attacca: “Non mi ci avvicinerei neanche con un palo”

Osgood Perkins, figlio di Anthony Perkins, attacca Monster: The Ed Gein Story per come viene rappresentato suo padre in Psycho: “Netflix sta riducendo il dolore reale a contenuto glamour”.
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Monster: The Ed Gein Story ha mostrato un aspetto relativo alla vita personale di Anthony Perkins, l'attore che ha interpretato Norman Bates in Psycho, personaggio ispirato a proprio al serial killer. Viene mostrata l'omosessualità dell'attore e c'è una scena nella quale Alfred Hitchcock confessa a questi di averlo scelto proprio perché ha dei punti in comune col mostro. Ne avevamo parlato qui, in questa scheda. Questa vicenda, però, ha indispettito Oz Perkins, figlio di Anthony e regista di Longlegs e The Monkeys.

La rappresentazione controversa di Anthony Perkins in Monster

L'episodio che ha scatenato la reazione di Osgood Perkins riguarda la ricostruzione del set di Psycho. La serie dedica un segmento al dietro le quinte del capolavoro hitchcockiano, mostrando il rapporto tra il Maestro del Brivido e il suo protagonista. Ma è il modo in cui questo rapporto viene dipinto ad aver provocato l'ira del regista di Longlegs.

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Sullo schermo, Anthony Perkins appare come un attore tormentato dalla propria sessualità, rappresentato nell'atto di vomitare dopo un incontro intimo con un altro uomo. Hitchcock, in questa ricostruzione, sfrutta questa fragilità equiparando l'orientamento sessuale dell'attore alle devianze del killer del Wisconsin. "Solo tu puoi capire questo segreto", gli fa dire la sceneggiatura. E ancora: "C'è un segreto che ti rende malato".

Un padre che non può più difendersi

Anthony Perkins se n'è andato nel 1992, stroncato dalle complicazioni dell'AIDS. Non può replicare a questa versione della sua vita, né contestare un ritratto che lo dipinge come un uomo schiacciato dalla vergogna. Tocca al figlio raccogliere il testimone, e Osgood non ha usato mezzi termini nell'intervista rilasciata a TMZ.

"Non mi ci avvicinerei neanche con un palo di tre metri", ha dichiarato quando gli è stato chiesto se avesse visto la serie. Una presa di distanza totale, senza sfumature né diplomazia. Il tipo di risposta che non lascia margini di interpretazione. Ma Osgood Perkins non si è limitato a difendere la memoria paterna. Ha allargato il tiro, puntando il dito contro l'intera macchina del true crime come viene confezionato dalle major dello streaming: "Le piattaforme hanno edificato un impero economico su questi contenuti, spacciandoli per prodotti di valore culturale e artistico".

Il problema, secondo il regista, non sta nella singola rappresentazione sbagliata o nella licenza drammatica mal gestita. È qualcosa di più profondo e sistemico: "Mi spaventa osservare come gli Overlords stiano riscrivendo la nostra cultura in diretta, svuotandola di ogni contesto storico. La Netflix-izzazione del dolore reale – le esperienze traumatiche vissute da persone in carne e ossa – sta servendo interessi che non sono i nostri".

L'appello finale del regista suona quasi profetico: "Abbiamo il dovere di salvaguardare la storia autentica, di non piegarla alla logica della convenienza. Serve spingersi oltre la superficie dell'incomprensibile e ritrovarci attraverso linguaggi artistici che ci espandano, non che ci riducano".

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