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La vita di Curcio e Franceschini dopo le Brigate Rosse: cosa fanno oggi i due ex brigatisti

Renato Curcio e Alberto Franceschini sono due tra i fondatori delle Brigate Rosse, entrambi arrestati nel 1974 grazie a un’operazione coordinata da generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Scontate le rispettive pene, entrambi hanno iniziato una nuova vita, il primo come saggista e scrittore, il secondo come dirigente di una cooperativa sociale.
A cura di Andrea Parrella
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Renato Curcio e Alberto Franceschini sono due ex terroristi e brigatisti italiani, insieme a Margherita Cagol, fondarono le Brigate Rosse. Entrambi sono stati incarcerati nel 1975 a Pinerolo, a seguito di un'iniziativa del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Renato Curcio oggi: l'attività da intellettuale e saggista

Renato Curcio, che ha scontato 25 anni di carcere per reati commessi durante la sua militanza nelle Brigate Rosse, è nato nel 1941 a Monterotondo ed ha fondato le BR con Alberto Franceschini e Margherita Cagol. Arrestato nel 1974, nell'ambito di un'operazione speciale coordinata dal generale Alberto Dalla Chiesa e grazie all'opera di Silvano Girotto, denominato Frate Mitra, prete che contattò i capi della BR Curcio e Franceschini fingendosi interessato a entrare nell'organizzazione, per poi far arrestare i due nel momento del loro incontro. Dopo la carriera criminale è diventato un sociologo e un saggista. Di lui ha parlato anche Fabrizio De André, con una strofa nel pezzo "La domenica delle salme". Nel 1975 Curcio riesce ad evadere temporaneamente dal carcere, grazie a un'azione coordinata dalla moglie Margherita Cagol, che a sua viene uccisa in un conflitto a fuoco con i Carabinieri nel giugno del 1975. Il 18 gennaio 1976 Curcio viene riarrestato insieme a Nadia Mantovani, nuova compagna di Curcio dopo la morte di "Mara", in un appartamento in Via Maderno, a Milano. Dopo la scarcerazione, avvenuta definitivamente nel 1998, Curzio ha proseguito nella sua attività di ricercatore e saggista, formatosi negli anni universitari come sociologo. Rispetto alla sua scarcerazione anticipata di quattro anno, i giudici di sorveglianza motivarono così la scelta: "Anche se Curcio non ha mai rinnegato il proprio passato politico a tutti noto, ponendosi come una sorta di interlocutore verso le istituzioni, mirando alla ridefinizione culturale, storica e politica degli anni '60 – '80, è pur vero che la sua attività lavorativa, oggi rivolta soprattutto alla ricerca e comunque coinvolgente le relazioni umane, è sintomatica di una sincera rivisitazione e messa in discussione delle scelte precedentemente operate, e sfociate nei delitti che oggi sta espiando".

Il matrimonio di Curcio con Maria Rita Prette, ex terrorista e madre di sua figlia

Dopo il primo matrimonio con la co-fondatrice delle BR Margherita Cagol, sposata nel 1969, Curcio si è risposato nel 1995 con Maria Rita Prette detta "Marita". un'ex terrorista condannata per banda armata e oggi scrittrice e ricercatrice sociale. Le nozze sono avvenute con rito religioso, essendosi riavvicinato nuovamente alla religione cristiana valdese e con lei ha avuto una figlia.

La vita di Alberto Franceschini dopo la scarcerazione nel 1992

Come Curcio, anche Alberto Franceschini ha partecipato alla fondazione delle BR e proprio con Curcio venne arrestato proprio nel 1975, in seguito all'operato di Silvano Girotto. Complessivamente Franceschini verrà condannato a oltre sessant'anni di carcere per duplice omicidio, costituzione di banda armata, costituzione di associazione sovversiva, sequestro di persona, oltraggio a pubblico ufficiale e rivolta carceraria, ma la sua pena verrà poi ridotta. Lascia infatti il carcere definitivamente nel 1992, quando la sua pena è estinta (grazie agli sconti derivati dai benefici di legge) dopo 18 anni di reclusione, e da allora lavora a Roma presso l'Arci, come dirigente di una cooperativa sociale che si occupa di lavoro e aiuto nei confronti di immigrati, disoccupati, minori a rischio, detenuti e tossicodipendenti. Nella biografia di Alberto Franceschini curata da Giorgio Dell'Arti, viene riportata una dichiarazione con cui il brigatista raccontò il progressivo avvicinamento alla lotta armata: "Agli inizi degli anni Sessanta, quando avevo quindici anni e i luoghi di socializzazione più importanti dalle mie parti erano le osterie dove si incontravano i vecchi partigiani, che poi avevano soltanto quarant’anni, e loro già si vivevano come dei finiti che ti raccontavano della Resistenza tradita".

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