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Bufera sulla Rai, dopo il caso Scurati raccolte 15mila firme per “stop al pagamento del canone”

L’aria di disapprovazione per la Rai dopo il caso della censura di Scurati monta con il passare delle ore. Termometro di questo dissenso, soprattutto dopo il caso Scurati, sono le raccolte firme su Change.org contro l’azienda: quella per lo stop temporaneo al canone ha superato le 15mila firme.
A cura di Andrea Parrella
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Il caso Scurati e la presunta censura del suo intervento nel programma di Serena Bortone continua a tenere banco e generare effetti che sembrano andare ben oltre la questione politica e di gestione dell'azienda, andando ad intaccare la reputazione della Rai presso il pubblico. Nelle scorse ore il risentimento di parte della popolazione per la gestione dell'azienda di servizio pubblico ha prodotto una serie di raccolte firme in aperta protesta contro l'attuale dirigenza, in relazione ai retroscena emersi nei giorni scorsi.

La petizione contro il canone

Nelle ultime ore sono state raccolta oltre 15mila firme per la petizione online lanciata da alcuni cittadini per chiedere lo stop al pagamento del canone Rai. La petizione chiede alla politica e alla direzione della RAI di “rivedere le politiche editoriali per garantire un'informazione più equilibrata ed imparziale".

Nel testo si legge chemolti telespettatori ritengono che la sua politica informativa sia tendenziosa e orientata verso un certo tipo di politica. Questa percezione è problematica in quanto limita la libertà di scelta del pubblico. In una società democratica, ogni individuo dovrebbe avere la libertà di guardare ciò che vuole senza dover pagare per un servizio con cui non si identifica o non apprezza”, spiegano gli autori della petizione.

Diverse le raccolte firme contro la Rai

Nella stessa direzione si muove la raccolta firme lanciata da Alessandro Spinozzi, che dal 14 aprile ad oggi ha raccolto 40mila firme per abolire il canone Rai: “perché pagare per un servizio che non garantisce più la libera espressione ed è pieno di pubblicità come le altre reti?”, scrive.

Il caso Scurati rappresenta, evidentemente, l'apice di un risentimento che era già montato nelle scorse settimane. Nei giorni scorsi, a seguito dell’approvazione dell’emendamento sulla par condicio in Rai, un’altra petizione per la libertà d’informazione, lanciata da Alberto Giraudo, aveva raccolto 18mila adesioni. “Sono profondamente preoccupato per la democrazia e la libertà di stampa nel nostro paese”, scrive il promotore dell’appello. Ricordando poi che “il 3 maggio ricorre la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa. È il momento perfetto per noi cittadini italiani di dimostrare il nostro sostegno ai giornalisti e alla loro importante missione. Chiediamo a tutti di scendere nelle piazze italiane quel giorno per protestare contro queste azioni oppressive.”

E ancora nel Novembre 2023, un’altra raccolta firme con circa 30mila sottoscrizioni, aveva chiesto di offrire la possibilità di non pagare il canone a coloro che non utilizzano il servizio: “sono una cittadina italiana che, come molti altri, ha smesso di guardare la Rai”, si leggeva nel suo appello. “Dopo l'uscita dalla Rai di Fazio, Saviano, Annunziata, Mannoni e Augias, mi trovo a non utilizzare più questo servizio. Tuttavia, sono ancora obbligata a pagare il canone. Trovo che sia un abuso di potere e un obbligo che limita la mia libertà di scelta. Pago se ricevo un servizio di qualità”, aveva spiegato.

Il precedente con il caso di Barbara d'Urso

Se è vero che le petizioni di Change.org non rappresentano una fotografia esatta della popolazione, si tratta di un termometro che misura alcuni sentimenti e istanze che serpeggiano. In passato il sito di petizioni ha dato spesso spazio a questione legate al mondo della televisione – si ricordi il caso eclatante per la richiesta di cancellazione dei programmi di Barbara d'Urso – che avevano fatto da cassa di risonanza a polemiche molto vive nel dibattito quotidiano.

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