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Libero De Rienzo e la “sregolatezza che non ha a che fare col genio”

Il 15 luglio del 2021 se ne andava Libero De Rienzo. Un attore che diverse volte ha annullato la linea di confine tra l’interprete e il personaggio. Ed è la ragione per cui piace ricordarlo.
A cura di Andrea Parrella
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Il 15 luglio del 2021 è stato un giorno molto triste. Per i molti che conoscevano bene Libero De Rienzo, per i tanti altri che lo avevano conosciuto per assaggi, spizzichi e bocconi di cinema entrati nell'immaginario indipendentemente dalla volontà di chi guardasse. Se non è questo il segreto del cinema, d'altronde, quale mai dovrebbe essere?

De Rienzo era stato una presenza fluttuante nel mondo del cinema, pervasivo con i suoi ruoli più incisivi, poi inabissatosi più per volontà sua, stando a quanto raccontano le cronache, che per un'effettiva ritrosia del sistema nei suoi confronti. I tratti e le caratteristiche di chi poteva permettersi di farsi desiderare dallo star system anziché inseguirlo, li aveva tutti. Possedeva il phisyque du role e pure il carattere per fare il bello e il cattivo tempo, cosa che in fondo ha fatto. Su questa stessa scia di strafottenza se n'è andato, attraverso una di quelle modalità difficili da riportare per chi è chiamato a narrare per mezzo di dettagli, perché corrono il rischio di sporcare la reputazione del personaggio agli occhi di chi predilige il facile incasellamento di una persona in una definizione, allo sforzo di capire veramente qualcosa di quella persona.

Chi ha adorato Libero De Rienzo pur non avendolo conosciuto se non per una breve chiacchierata, forse, non ha preteso di capirlo. Possedeva il talento, difficile da decifrare, che è proprio di chi non deve spiegare troppe cose e rimane impresso per questo. Tanti, un anno fa, criticarono il ricordo retorico dell'attore solo attraverso poche interpretazioni, come se fosse limitante. Ma De Rienzo era il Giancarlo Siani di Fortapàsc che compra una giacca di seconda mano al mercato riconoscendo dalla puzza che forse era di uno scrittore; era il matematico squattrinato di di Smetto quando voglio, così com'era il Bart di Santa Maradona con la sua esaltazione per "la sregolatezza che non ha a che fare col genio". Certamente era anche molto altro, ma sono questi i momenti in cui è stato difficile intravedere quella linea di confine tra il personaggio e l'interprete che, nella maggior parte dei casi, finisce per consegnare i personaggi alla storia.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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