Mago Forest: “Al Gialappa Show nessuno ci impone niente. Pier Silvio Berlusconi sulla sua parodia? Ci ha riso su”

Se il Gialappa Show funziona così bene è anche, e soprattutto, merito di Mago Forest. Al secolo Michele Foresta, con i suoi amici di sempre, Marco Santin e Giorgio Gherarducci alias Gialappa's Band, mantengono vivo un format, nato dal mai dimenticato Mai dire Gol, che intrattiene e diverte il pubblico in un mix tra varietà e show comico. Nella nuova stagione, in onda tutti i lunedì su Tv8, sono state introdotte alcune parodie, tra cui quella di Pier Silvio Berlusconi e Silvia Toffanin: "Ho saputo che si divertono" ha dichiarato il conduttore in questa lunga intervista a Fanpage.it durante la quale, prima di arrivare a parlare dello show che dirige oggi, ha ripercorso la sua carriera, iniziata in un bar milanese che ha preso il volo nonostante la timidezza che nasconde "dietro questa corteccia".
Lunedì scorso, la puntata con Pierfrancesco Favino ha segnato il record di ascolti della stagione. Com'è stato dividere il palco con l'attore?
È stato bello. Ne sono arrivati tanti di personaggi grossi, all'inizio c'è un po' di imbarazzo perché pensi "saprò misurarmi?". E invece poi va tutto liscio. Favino è stato strepitoso, si è prestato tantissimo, è stato generoso in tutti gli sketch.
Un telespettatore, durante la puntata del Gialappa, ha scritto su X: "Loro ci scherzano, ma un film biopic su Mago Forest sarebbe un ottimo motivo per andare al cinema". Se fosse davvero in cantiere un biopic sulla tua vita, cosa ti piacerebbe che venisse raccontato più di ogni altra cosa?
La mia storia è come quella di tanti. Nasco in un piccolo paesino in Sicilia, mi accorgo da giovane di voler fare questo lavoro. La fortuna mi ha accompagnato, faccio quello che ho sempre desiderato fare.
Ma c'è qualcosa che il pubblico dovrebbe conoscere di te, oltre al personaggio comico?
La mia gavetta. Quando fai gavetta non ti accorgi di fare gavetta, la fai e basta. Io partivo per fare serate, sapevo quando partivo e non quando rientravo. Magari tornavo dopo una settimana. Se ci ripenso oggi, mi dico "Ma ero davvero io a fare quelle cose?".
Perché?
Perché sono abbastanza timido, riservato. Invece poi ho combinato un po' di cose.
Guardando il tuo percorso in tv, immagino tu ci abbia lavorato su questa timidezza.
Assolutamente no. Forse tutti i comici si nascondono dietro il personaggio per potersi esprimere. Dietro questa corteccia (ride, ndr), sono ancora quel ragazzo timido.

Se ripensi al tuo primo approccio alla magia e alla comicità, qual è stato il momento in cui hai capito che sarebbe diventata una carriera?
Non l'ho capito neanche adesso (ride, ndr). Mia madre ancora oggi mi dice "Dai trovati un lavoro serio". Quando sono arrivato a Milano lavoravo in un bar e guadagnavo 600mila lire al mese. Pensavo "Se riuscissi a lavorare nel mondo dello spettacolo e guadagnassi la stessa cifra, mi accontenterei". Avevo proprio voglia di fare questo lavoro, ed è quello che ho sempre fatto in realtà. A parte i primi anni come barista, o come imbianchino in Sicilia per aiutare la famiglia, ho sempre fatto il comico.
La popolarità è arrivata con Zelig a fine anni '90. Cosa ricordi di quel momento?
Zelig è stata una trasmissione esplosiva. Colmava un vuoto che c'era a Milano. Aveva chiuso il Derby Club, non c'era più la trasmissione Drive In da anni. Quando arrivò Zelig capii che qualcosa stava succedendo. C'era riscontro, la gente veniva agli spettacoli, mi arrivò un segnale.
Lavori con la Gialappa’s Band da 24 anni. Avrete condiviso migliaia di momenti insieme, ma ce n’è uno, più di tutti, che racconta davvero la natura del vostro rapporto?
Loro erano i miei datori di lavoro, poi sono diventati colleghi, ora siamo anche amici. Abbiamo condiviso momenti di vita privata, molto privata, e di lavoro. C'è un legame solido, c'è stima. Lavorare con loro era il mio sogno, e oggi non solo ci ho lavorato, ma sta durando anche da un quarto di secolo.

Ma tra di voi esiste un linguaggio non verbale, un codice interno, che il pubblico non vede ma che fa funzionare tutto?
Loro sanno tutto di me, così come io di loro. Negli sketch ci infilano sempre qualcosa di privato, che a volte magari è meglio non dire. Cercano di mettermi in imbarazzo con qualcosa di personale. Quindi sì, c'è.
Nel privato com'è Forest quando non deve intrattenere nessuno? Hai un hobby o un rituale che ti aiuta a "staccare" dalla tv?
Lo stereotipo dei comici che nella vita privata sono tristi, per me, non esiste. La mia vita è sempre allegra, mi diverto molto anche quando non lavoro. Ho un sacco di amici. Per staccare mi piace andare per musei, in giro per mercatini, a teatro. La cosa che so fare meglio di tutti è lo spettatore, mi rilasso andando a vedere gli altri.
Quanto c'è di preparato nei tuoi show e quanto, invece, di improvvisato?
Dietro il mio lavoro c'è molta preparazione, è tutto scritto. Raccolgo commenti e appunti che scrivo nei foglietti, tovaglioli, nelle note. Quando mi vedo con gli autori, mettiamo insieme le idee e le elaboriamo. Vengono scritte come se fosse un copione. C'è molta preparazione. Poi succede anche che quando siamo in scena, durante uno sketch, alcune cose prendono un'altra direzione. Ma a chi mi chiede "quanto c'è di improvvisato?", rispondo pochissimo. È sempre tutto scritto. A me piace scrivere di notte.
Al Corriere, tre anni fa, raccontasti: "Provo le gag con mia moglie, ma non mi dà più retta". È ancora così?
È ancora così. Faccio giochi di prestigio, battute, e lei non è così attenta. A volte le battute che a lei non piacciono le dico apposta per dispetto (ride, ndr). Le battute un po' hot, quelle che superano un certo limite, cerca di non farmele dire.
Ma, preparazione a parte, credi che l'arte del saper far ridere sia una cosa innata?
Sì, un po' di predisposizione ci vuole. Ognuno fa la cosa per cui è predisposto. C'è chi è portato per fare l'attore drammatico, ad esempio, e chi per fare il comico.
È mai capitato che temessi che qualche battuta non facesse ridere?
Sempre. Ho fatto migliaia di serate e non ne ho mai presa una a cuor leggero. Prima di iniziare c'è quella piccola ansia, poi quando si sale sul palco e ci sono le prime risate, tutto si distende. Ma guai se non ci fosse.
Da anni guidi il Gialappa Show che irride la tv generalista. Credi sia un programma che può esistere solo in questa condizione pirata che vi consente di prendere in giro i "potenti"? Non può trovare più spazio, quindi, sulle grandi emittenti televisive?
La storia del Gialappa è nata su Italia1, ma la televisione cambia. Sono arrivati i reality, i talk, che sono forse più semplici da organizzare e rendono di più. In questo momento è così. Penso sia un ciclo, ora ci sono pochi varietà in tv, magari un giorno torneranno. Su Tv8 siamo felici, stiamo bene, e nessuno ci impone niente.
In questa stagione, tra gli sketch, sono state inserite le parodie di Pier Silvio Berlusconi e di Silvia Toffanin. Sono arrivate reazioni da parte loro?
Ho saputo che si divertono. Con Pier Silvio ci hanno riso sù, non so con la Toffanin. Ma è gente che ne sa di televisione. Sa che si tratta di parodie, non nascono per offendere.