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Doc - Nelle tue mani 3

Doc 3, Laura Cravedi: “Martina e Riccardo si scopriranno simili, ma il ricordo di Alba ci sarà sempre”

Intervista a Laura Cravedi, la giovane attrice piacentina che interpreta Martina Carelli nella serie Doc – Nelle tue mani. Ha raccontato del suo personaggio, di come si sia preparata, dei suoi inizi sui palcoscenici teatrali e del suo sogno di non abbandonarli mai.
A cura di Ilaria Costabile
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Laura Cravedi è la giovane attrice Piacentina che interpreta Martina Carelli, una delle nuove specializzande arrivate nella terza stagione di Doc – Nelle tue mani. I suoi inizi sono stati in teatro, la sua grande passione, ma della fiction con Luca Argentero era stata anche spettatrice: "L'avevo vista e mi era piaciuta moltissimo". Del suo personaggio racconta alcune sfumature, tracciando anche il rapporto con Riccardo, interpretato da Pierpaolo Spollon, con il quale si è creato un legame professionale davvero speciale: "Mi ha aiutato molto, è stato davvero importante per me". Diventare attrice è stata una scelta fatta col cuore, seppur non senza fatica, ma Laura è convinta di una cosa: "Non c'è strada che senza la luce e la forza dell'amore non possa essere battuta, nonostante le difficoltà". Mai affermazione è stata più calzante nel parlare del mestiere dell'attore, ma anche della vita che siamo chiamati a vivere ogni giorno, come ci racconta in questa intervista.

Laura, come è stato rivederti in tv in queste prime puntate?

È stato molto emozionante. Ho visto il frutto di un lavoro durato tanti mesi, mi sono resa conto di come ho lavorato, di quello che avrei potuto fare meglio, però un bellissimo momento.

Martina Carelli è il tuo personaggio, una ragazza appassionata di medicina con un passato ancora da scoprire. Si nasconde perché teme il giudizio dei suoi colleghi o perché ricordare sarebbe troppo doloroso?

Entrambe le cose. Penso ci sia sempre la paura del giudizio esterno, è qualcosa che proviamo tutti sulla pelle, soprattutto quando un percorso non è canonico, magari non lo è socialmente. Il passato per Martina rappresenta una parte importante, qualcosa di non risolto dentro di sé, che le rende difficile esprimere il dolore che ha provato.

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Ed è stato questo dolore a far sì che si avvicinasse alla medicina?

Credo sia più una vocazione nei confronti della medicina, l'ha vista come la possibilità di essere utile, di poter cambiare davvero le cose. Il dolore che ha vissuto l'ha portata a vivere con maggiore difficoltà il contesto in cui si trova, ma è stato un percorso che le ha permesso di diventare quello che desidera.

Come tutti i nuovi specializzandi Martina viene affidata a Riccardo Bonvegna (Pierpaolo Spollon ndr.). Inizialmente ci saranno motivi di scontro tra loro, cos'è che le farà cambiare approccio nei suoi confronti?

Il conoscersi come esseri umani, superando i confini professionali. Capiranno chi sono, al di là di quello che fanno, della professione medica, e scopriranno di essere più vicini di quanto avrebbero mai pensato.

Il loro avvicinamento potrebbe avere dei contorni romantici, ma quanto sarà predominante la presenza di Alba in questa conoscenza?

È un passato importante che Riccardo si porta dietro. Anche in questa nuova conoscenza, quella di Alba è una presenza continua.

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La coppia tra Alba e Riccardo era tra quelle più amate. Hai temuto che i fan potessero non gradire questa intromissione?

È un dubbio che ancora mi pongo. Il pubblico si affeziona ad una linea narrativa e ora che la vede interrompersi, potrebbe non accettare questo cambio di rotta. Devo ancora capire, onestamente, cosa avverrà, ma sono molto curiosa.

Riccardo e Alba in Doc alias Pierpaolo Spollon e Silvia Mazzieri
Riccardo e Alba in Doc alias Pierpaolo Spollon e Silvia Mazzieri

Primo ruolo tra i protagonisti in una fiction importante, inoltre nei panni di un medico, come ti sei preparata per risultare quanto più credibile agli occhi del pubblico?

La produzione ci ha permesso di fare un training di una settimana in ospedale a contatto con gli specializzandi e i medici. Ci hanno accompagnato in sala operatoria, abbiamo potuto vedere e imparare con i nostri occhi qualcosa del mestiere, che energia ci fosse all’interno di un reparto, quali fossero i rapporti, le tensioni, i momenti di svago. È stata una grande preparazione, mi ha permesso di afferrare meglio tutto quello che a casa non avrei potuto studiare. Poi c'è stato un lavoro più personale in cui ho costruito il mio personaggio, ho cercato di scavare nel passato di Martina, di capire quali potessero essere le sue debolezze, i momenti di rottura, la sua forza.

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Prima di sostenere i provini avevi visto la serie?

Sì, ero già telespettatrice di Doc, ricordo che ero a casa con la mia famiglia quando trasmisero la prima stagione. Poi, la seconda, l’avevo leggermente persa e recuperata su RaiPlay. Quando mi è arrivato il provino ero entusiasta, esaltata.

Hai dichiarato di avere in comune con Martina delle fragilità, quali sono?

Parlando in maniera onesta, direi un passato importante di cui ci si vergogna un pochino. Forse è proprio questa è la cosa che ho portato di Martina in me.

L'aver affrontato un passato così difficile, riuscirà a farla aprire?

Come individui avanziamo nel mondo tramite delle pulsioni interne, poi ci sono degli incontri che ti cambiano e ti permettono di guardare le cose da un’altra prospettiva. Anche a Martina accadrà e riuscirà a cambiare la sua visione.

Doc sin dalla prima stagione è stata seguitissima, hai fatto i conti con l'idea di dover gestire la popolarità all'improvviso?

Sì, inevitabilmente. Tendo ad essere una persona molto riservata, quindi figuriamoci l’approccio con una possibile popolarità. Continuerò a fare il mio mestiere al meglio delle mie potenzialità, lo faccio per il pubblico. Il mio lavoro è quello di raccontare storie, a quante più persone arrivano, tanto più sono felice e più mi stimola. Però presterò molta attenzione a mantenere la mia vita privata protetta.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro di attrice?

La possibilità di incontrare dei caratteri, dei personaggi, che hanno dei modi di vivere diversi dal mio, fare esperienza di cose molto distanti da me. È la cosa più stimolante al mondo.

I tuoi inizi sono in teatro, speri di poter conciliare il lavoro in tv con l'attività teatrale?

È il mio grande sogno, spero di vivere il futuro tra cinema e teatro, fare un cinquanta e cinquanta. Scrivo per il teatro, ho una mia compagnia con la quale stiamo portando avanti due progetti, spero possano arrivare anche a persone che magari mi hanno visto in televisione, o al cinema, e che possano riconoscere in me una nuova voce narrante.

Alcuni dicono che per diventare attori la strada è piuttosto difficile. Cosa ne pensi?

Penso che ogni strada sia difficile quando non viene vista con la luce della passione e dell’amore. Se un ragazzo sceglie di fare il panettiere o l’attore, o l’avvocato e lo fa con una dedizione importante, intendo un fuoco dentro che ti spinge a cercare, studiare, capire, come, quando e perché, credo che per forza riesca in qualcosa. Quando c’è la pressione dell’amore, per forza accade qualcosa.

Quando è stato il momento in cui hai capito che avevi fatto la scelta giusta?

Ho frequentato un'accademia triennale, si chiama Fondamenta, ma sono entrata con il beneficio del dubbio, mi sono detta "vediamo se questa è la mia strada". Questo mondo mi attirava tantissimo, sentivo quel fuoco dentro di me, ma non capivo se fosse un fuoco derivato dalla proiezione di questo mestiere, quindi quello che sarebbe potuto essere, o quello che effettivamente era.

Poi?

Poi un giorno, una mattina, mi sveglio alle sei e mezza per studiare un monologo che dovevo portare a lezione. Mi metto alla scrivania e in quel momento mi rendo conto che non volevo essere in nessuna altra parte del mondo a fare nessun’altra cosa, stavo perfettamente vivendo la mia vita, ed è stata una consapevolezza bellissima.

Un momento che custodisci vissuto sul set?

Un bellissimo momento che ricordo era con Pierpaolo (Spollon ndr.), stavamo girando una scena molto emotiva che vedremo tra qualche puntata. Fra me e Pier, a livello professionale, si è creata una grande complicità, sul set scherzavamo molto, ci tenevamo compagnia, ci aiutavamo, soprattutto lui a me, in quel momento cercavo concentrazione e lui è stato così cauto nell’approcciarsi a me, si è avvicinato con molta delicatezza, mi ha parlato, mi ha detto un paio di cose e mi ha lasciato lavorare dentro di me. Quando ha visto il momento in cui ero pronta dentro, è partito per la scena. È stato un bellissimo momento di complicità, mi ha percepito e ha percepito esattamente quali fossero i tempi e la modalità di cui avevo bisogno e lo ricordo come un gesto bellissimo, mi è rimasto impresso.

Un bell'esempio di sintonia, che immagino si sia creata complessivamente sul set.

Eravamo una grande famiglia, loro lo erano già perché si conoscevano da anni. Ci hanno accolto con una dolcezza incredibile, noi siamo entrati in punta di piedi, da nuovi arrivati dovevamo capire quale fosse l’orchestra, quali fossero gli strumenti, come potevamo introdurci nella maniera più naturale possibile. Luca Argentero mi si avvicinò e mi disse come lavoravano dicendo che mi sarebbe potuto essere utile per studiare, capire. Ma tutti, anche i registi, il trucco la mattina dove ti accoglievano con un come stai, come va oggi. È stato un set meraviglioso, la mia prima famiglia di set.

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