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Annunziata lascia la Rai, Sandro Ruotolo: “La prepotenza di questo governo ricorda l’Editto bulgaro”

Responsabile dell’informazione per il Partito Democratico, Ruotolo commenta le nomina Rai avvertendo il governo: “Vigileremo sul pluralismo, non facessero liste di proscrizione. Le voci scomode sono l’essenza della Rai”. E sulle dimissioni di Lucia Annunziata: “Dopo Fazio lascia lei, un giorno triste per la democrazia”.
A cura di Andrea Parrella
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L'annuncio delle dimissioni di Lucia Annunziata è un'altra scossa di terremoto per la Rai. A poche ore dall'annuncio delle nuove nomine, con una svolta a destra in linea con il colore dell'esecutivo evidente, la giornalista ha deciso di lasciare l'azienda dopo anni in aperta contestazione con il governo. Ne parliamo con Sandro Ruotolo, responsabile dell'informazione per il Partito Democratico, apprendendo della notizia proprio durante una conversazione telefonica. Ruotolo commenta così a caldo:

Perdere una voce fa sempre male, dopo l'addio di Fabio Fazio ora c'è Annunziata. Chiaro che l'approfondimento giornalistico è il servizio pubblico, che senza informazione la Rai è una televisione commerciale. Lei si dimette nel giorno in cui arrivano i nuovi e quindi non è un bel giorno per la nostra democrazia. Di certo da oggi l’offerta informativa della Rai è più povera.

Quella di Annunziata sembra una scelta che arriva prima ancora di subire pressioni politiche

Non l'ho ancora sentita, ma secondo me, invece, lei avrà subito pressioni e non ce l'ha fatta più.

Ruotolo, queste nuove nomine sono un asso pigliatutto del centrodestra. 

Intanto c'è stata un prendi prendi tutto al maschile, non c'è una donna e questo per la parità di genere è un fatto che io ritengo gravissimo. Il secondo elemento Palazzo Chigi, la stortura derivante dalla riforma della governance targata Matteo Renzi che dà all'esecutivo facoltà di decidere della Rai. Altro elemento grave è che sia un monocolore, oltre al fatto che si decide il cambio senza aver discusso del piano industriale ed editoriale. Non ci sono quei passaggi fondamentali per un'azienda che deve occuparsi di cultura e informazione.

L'unico segno del PD che resta è Mario Orfeo, legato tuttavia a una fase della storia del partito, quella di Renzi, che pare molto lontana da quella di oggi.

Hanno fatto tutto quello che potevano, Tg1 e Tg2, le radio, persino il daytime, prime time e approfondimento giornalistico. È tutta una spartizione tra Fratelli d'Italia e Lega. Hanno fatto bingo e poi hanno dato briciole ai cinque Stelle che si sono astenuti, mentre noi abbiamo espresso il parere contrario insieme al consigliere dei dipendenti Laganà. Trovo anche molto positivo che la presidente Soldi abbia votato contro.

Fa discutere la nomina di Gian Marco Chiocci alla direzione del Tg1. Mi dà un parere da giornalista?

È un giornalista di destra e la Meloni lo ha messo al Tg1 perché pensa che sia proprietà sua. Viene da fuori, è un esterno e pure professionalità interne alla Rai ci sono. Il problema è proprio l'idea statica che il Tg1 debba essere del governo, il Tg2 della maggioranza e all'opposizione il Tg3. Si tratta di una narrazione degli sconfitti della storia.

Cosa farete ora? 

Saremo quelli che si batteranno a garanzia del pluralismo, in difesa delle voci scomode affinché in Rai restino.

A proposito di Fazio e Annunziata, per forza di cose quello che sta accadendo avrà effetto su volti e conduttori che articoleranno la nuova narrazione. 

Dobbiamo vigilare, svolgeremo un ruolo di garanzia, l'opposizione ha questo ruolo. Non facessero liste di proscrizione, Le voci scomode sono l'essenza della Rai, la Rai senza voci scomode non è più Rai.

Prima che da politico, lei ha vissuto scenari come quello attuale da giornalista. Vede analogie con il famoso Editto Bulgaro di Berlusconi?

La prepotenza dei partiti, da un certo punto di vista, me lo ricorda. Ma la Rai è sempre stata concepita in modo sbagliato, quest'azienda dovrebbe essere al servizio dei governati, non dei governanti. Mi colpisce che mentre l'ultima volta si aspettarono le scadenze naturali per questi passaggi, a questo giro si sono inventati un decreto per movimentare gli assetti, spingendo l'ex amministratore delegato Carlo Fuortes alle dimissioni. Questo è l'altro elemento di gravità.

La lottizzazione logora chi non ce l'ha.

Noi da ora ci metteremo a vigilare, non pensino di avere una prateria davanti a sé, ma soprattutto lavoreremo a un'ipotesi di riforma della governance Rai. Anche perché c'è una questione di conflitto d'interesse che va prima o poi scardinata. Non si può pensare di parlare di Rai senza parlare di Mediaset, della proprietà editoriale di tutti i giornali di destra e dei quotidiani di destra di un impero che sta nella sanità privata e che è anche parlamentare. Questi sono i conflitti di interessi.

Secondo lei la dinamica automatico della spartizione della Rai ad ogni cambio di governo potrà mai essere disinnescata?

Intanto io penso che il passaggio fondamentale è che la gestione della Rai dall'esecutivo debba tornare al parlamento, altrimenti perde ogni senso la stessa commissione parlamentare di vigilanza. E poi penso che si possa studiare insieme a un grande ascolto di società civile, il modello vincente. Si tratti di una fondazione o altre modalità, serve una legge di sistema.

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