411 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Alessandro Haber: “Giovani lobotomizzati dalle piattaforme. Meloni e Salvini mi stanno sul caz*o”

Lunga intervista con uno dei più grandi attori italiani, che ha raccontato a Fanpage.it come sono cambiati il cinema e il teatro, dei giovani lobotomizzati dalle piattaforme, dell’avversione per certi politici come Meloni e Salvini «che mi stanno sul cazzo», dell’amore riscoperto a 76 anni e di quello infinito per sua figlia Celeste.
A cura di Gianmarco Aimi
411 CONDIVISIONI
Immagine

Nevrotico, egocentrico e accentratore. Nello stesso tempo altruista, empatico e dotato di uno stile unico. Alessandro Haber è uno dei migliori attori della storia del cinema e del teatro. Un uomo attanagliato dai fantasmi, esorcizzati «ubriacandomi di lavoro» e che ancora trova la passione per continuare, nonostante quasi un anno in sedia a rotelle a causa di una operazione non perfettamente riuscita.

In questa intervista ci ha raccontato di aver ricominciato a camminare (ma non ha mai smesso di andare in scena). Di come vede cambiare il cinema, tra il rischio di perdere le sale e i «giovani lobotomizzati» dalle piattaforme streaming. Chi se la passa meglio, almeno un poco, secondo lui è il teatro perché «è un abbracciarsi totale, una danza che si fa insieme». Ha ricordato il rapporto speciale con Carmelo Bene e ci ha rivelato che avrebbero dovuto fare una tournée con un Don Chisciotte (lui nei panni di Sancio Panza). Ancora i nuovi attori sui quali scommettere, o il ruolo che sogna e non è ancora arrivato.

L’apprezzamento per Greta Thumberg e la repulsione per certi politici («Meloni, Salvini e La Russa mi stanno sul cazzo»), convinto che nella cultura «puoi essere di destra, di sinistra o di centro, basta esprimere qualità». Oggi ci confessa di essere innamorato e a 76 anni lo definisce miracolo. E mentre risponde si commuove soltanto quando parla di una persona: sua figlia Celeste, per la quale darebbe la sua vita.

Come stai dopo l’operazione andata male e il lungo periodo in sedia a rotelle?

Meglio, mi sto riprendendo. La carrozzina non la uso più, deambulo e lavoro. Come il pubblico ha potuto vedere nello spettacolo teatrale La signora del martedì, tratto da un romanzo di Massimo Carlotto e con la regia di Pierpaolo Sepe. A fine agosto inizio le prove de La coscienza di Zeno. E ho diversi progetti cinematografici in programma, anche in un film di Fabio De Luigi.

Nonostante avessi parlato di «uno stato d'animo decisamente fragile» non ti sei abbattuto.

Se ti abbatti muori. Se non reagisci è finita. Il mio lavoro mi sta salvando la vita. Mi dona energia, mi fa dimenticare lo stato in cui verso. Ora sono abbastanza indipendente, uso solo il deambulatore.

Immagine

Chi è oggi Alessandro Haber?

Ma sai, non vorrei arrivare a dichiarare un congedo. Già quando ho scritto l’autobiografia Volevo essere Marlon Brando poteva sembrarlo, ma ormai vedo che le scrivono anche i giovani. Quello è stato un resoconto, un tirare le somme, ma non è che non abbia più voglia di mettermi in gioco. Anzi, più gioco a questo mestiere, seriamente, e meno penso che sono in dirittura di arrivo. Io mi devo ubriacare di lavoro, mi distoglie dai pensieri di turbamento.

Cosa ti turba?

Le zone della “terra di nessuno” sono le più pericolose, quelle che ti portano alla depressione. Non ci dovrei pensare, ma l’età avanza e il passaggio del tempo è tremendo.

Qual è l’ultima volta che hai rischiato di finire nella “terra di nessuno”?

Durante il lockdown, per quello ho scritto un’autobiografia. Quella solitudine, dove non potevo abbracciare tutti a teatro o essere di fronte alla macchina da presa, mi ha portato a uno sconcerto e a un malessere che ha rasentato la depressione. Quel libro mi ha distratto e nello stesso tempo mi ha fatto immergere in un mondo che mi ha commosso.

Veniamo al cinema. Qualche tempo fa Piefrancesco Favino ha detto: «Vedo scemare il rispetto che c'è all'estero per il cinema italiano e per le sue professionalità».

Il problema dei film italiani è sempre stato la lingua. Quelli in inglese arrivano in tutto il mondo, non c’è verso. Il nostro cinema, invece, tranne qualche capolavoro, arriva al massimo entro il confine con la Svizzera. Credo che la lingua sia il nostro maggior limite.

Nanni Moretti è tornato con un film, Il sol dell’avvenire, e ha ribadito che è stato pensato per le sale cinematografiche. È una forma di resistenza o di nostalgia?

Per chi dobbiamo lavorare se non per la sala cinematografica? I film sono fatti per le persone e le persone vanno al cinema. Il presupposto quando fai cinema è che poi si vada in sala. Nanni, con il quale ho avuto il piacere di lavorare in Sogni d’oro, è un regista fuori dal comune. Ha uno stile unico. Lo amo profondamente, nonostante il carattere non facile. Ha delle riflessioni molto interessanti e, a differenza di tanti registi che non hanno personalità, lui ce l’ha eccome.

Tu che rapporto hai con le piattaforme streaming?

Non avevo mai visto una serie sulle piattaforme prima del lockdown. In quel periodo mi sono detto: sai che c’è? Vediamocele tutte! Mi facevo consigliare da amici esperti e devo dire che in quel periodo mi hanno aiutato. Nello stesso tempo, però, mi sto accorgendo che adesso ci hanno narcotizzato. C’è di tutto e di più e non è un male, solo che adesso sarà difficile recuperare la sala. Almeno per qualche anno rischiamo di perderle.

Immagine

Parallelamente al cinema non hai mai abbandonato il teatro. Ma anche quello è un settore in crisi?

Il teatro preferisco più farlo che vederlo.

Sembra più difficile che tornino in sala o a teatro i giovani, che spesso ormai non ci hanno mai messo piede.

I giovani di oggi mi impressionano, hanno tutto sul cellulare, dal sesso alla letteratura. Non c’è più una ricerca come in passato, stanno diventando degli automi. Sono omologati. Infatti vedo in giro pochissima personalità, non la trovo una cosa positiva. La tecnologia ha aiutato, ma invece di andare su Marte adesso cercherei di ragionare più come Greta Thumberg, perché noi lasciamo una grande ferita a questi giovani.

Alessandro Haber attivista per il clima, questa è una novità.

Ma perché sono convinto che un giorno la Terra si rivolterà. Io non avrò modo di vederla, altri più giovani di me sì. Ma ho paura di un cataclisma, qualcosa di imprevisto. Pensiamo agli interessi che ci ruotano intorno. Siamo tutti controllati, dei burattini in mano a delle persone che fanno il buono e il cattivo tempo. Non posso pensare che ci siano ancora nel 2023 persone che vivono di stenti e bambini che muoiono di fame.

Ci sono dei giovani attori che ti hanno colpito ultimamente?

A parte Elio Germano, Pierfrancesco Favino e Claudio Santamaria, che però non sono più dei ragazzini, io credo molto in Alessandro Tedeschi. È di una bravura unica. L’ho conosciuto a teatro quando abbiamo recitato ne Il visitatore di Éric-Emmanuel Schmitt. Andatelo a vedere su RaiPlay e mi farete sapere. Ha una grande capacità mimetica ed è un attore che parla dal di dentro, insomma della scuola haberiana.

Nella tua autobiografia, ma in generale da quello che si racconta di te, sembra che tu abbia sempre avuto una particolare attenzione per il talento altrui. 

È vero, come con Giuliana De Sio. L’ho aiutata all’inizio perché aiuto sempre dove c’è talento. Comunque, in generale, penso di essere una persona molto generosa e altruista.

Immagine

Quale ruolo ancora ti manca e che insegui da tutta l vita?

Dopo Morte di un commesso viaggiatore, che ambivo a fare da anni, mi manca un Re Lear. E poi vorrei tornare alla regia. L’ho fatta in Scacco pazzo e La vera vita di Antonio H, che si trovano su Youtube. Secondo me sono due gioielli. Se avessero avuto una distribuzione adeguata ne avrei fatti altri, invece è fallita la società. E mi piacciono i concerti, cantare è un linguaggio che arriva a tutti.

Hai ricevuto persino i complimenti di Francesco De Gregori sul tuo modo di cantare.

Perché reinterpreto le canzoni a modo mio. Ma non farmi fare le pippe da solo (ride, ndr)

Senti, ma è vero che Carmelo Bene aveva un debole per te?

Sì e posso dire di aver avuto la fortuna di lavorarci insieme e conoscerlo. Carmelo aveva per me una predilezione particolare. Quando ho fatto con lui La cena delle beffe mi ha richiamato varie volte, solo che ho capito che se fossi rimasto con lui sarei diventato il suo schiavo, che non sarei mai cresciuto. Perché tendeva a sfruttarti, a usarti, a manipolarti e a doppiarti. Gli ho detto diversi no, con fatica perché l’ho amato molto. Comunque con Carmelo Bene e con Gigi Proietti è stata una esperienza fantastica che ricorderò per sempre.

C’è un episodio che ricordo con affetto di Carmelo Bene?

Qualche anno prima di morire mi ha chiamato dicendo che dovevamo vederci. Ci troviamo da Camponeschi (un ristorante di Roma, nda) e a un certo punto tira fuori un libro ed è il Don Chisciotte. Lo avrebbe interpretato lui e aveva scelto me per il ruolo di Sancio Panza. Aveva già scritto un’opera a due per una tournée insieme. Io purtroppo declinai temporaneamente, perché avevo dei progetti già fissati, ma pensa te cosa sarebbe successo tra noi due insieme.

Ma nell’ambiente dello spettacolo si può coltivare vere amicizie?

Per me sì. Io tifo per gli attori amici. Posso invidiarli in maniera costruttiva, cioè dico: «Merda, quel personaggio avrei voluto farlo io». Non riesco a mascherare il mio entusiasmo. Diversi amici non ci sono più, come Ennio Fantastichini, Monica Scattini e Flavio Bucci. Erano ancore di salvezza, adesso senza di loro mi sento che sto per annegare. Giovanni Veronesi è un mio amico del cuore, ma a volte c’è e altre non c’è. Ora sto frequentando Alessandro Capitani con cui c’è un bel rapporto. Ha 40 anni ma non sento la differenza d’età.

Un altro punto di riferimento che sembra perso è nella politica. Come ti ci rapporti oggi?

Vedo che c’è sempre una parte di italiani che ha bisogno di sentirsi dominata, anche un po’ violentati, mentre la la maggior parte vuole la democrazia. A me la Meloni e Salvini stanno veramente sul cazzo. Fanno l’occhiolino agli estremisti, con quelle dichiarazioni che poi subito dopo ribaltano. Non mi piacciono quel tipo di persone. Sento che sono pericolose, mi turbano.

C’è qualcosa che ti ha turbato più di altre?

Per esempio quando la Meloni in Spagna ha tenuto quel comizio dove diceva: «Sono una donna, sono una madre, sono cristiana». Con quella faccia da matta che era molto vicina a quella di Hitler. Certo ha una forza che ti prende e ti ribalta come un calzino, ma a me piace gente come Letta o Gentiloni. Le persone pacate con capacità lessicale, che non sono esaltati. Chi ha piedi per terra, chi è propositivo. Gli estremismi li condanno.

Però dopo mesi di governo Giorgia Meloni ti sembra così pericolosa?

Forse no, ha fatto meno paura di quel che sembrava. Lasciamola governare. Ma Matteo Salvini e Ignazio La Russa continuano a starmi sul cazzo, come altra gente che hanno attorno. Soggetti che cerco di tenere alla larga. Invece Elly Schlein mi piace, mi sembra una con le palle. Io rimango un uomo di sinistra, anche se ormai sinistra, destra e centro sono tutto un grande minestrone. Non c’è nessuno che mi eccita veramente. Gli argomenti sono i soliti, lavoro, migranti, economia, ognuno ha le sue teorie ma ho la percezione che sia difficile cambiare qualcosa con la politica.

Hai mai avuto problemi al cinema o a teatro per le tue idee politiche?

Guarda, se c’è un grande attore o un grande musicista di destra a me non me ne frega niente. Nel suo lavoro lo apprezzo, la cultura non deve avere colori politici. Se nel tuo campo riesci a dare emozioni e a esprimere qualità va bene. Lucio Battisti sembrava uno di destra, eppure ha fatto canzoni che ancora tutti cantano, compreso io. Comunque non sono mai stato penalizzato, forse avrà prevalso il mio talento.

Se non avessi fatto l’attore che strada avresti scelto?

Forse sarei diventato un missionario laico in Africa. Non so bene perché. Probabilmente perché da piccolo apprezzavo Tarzan e mi sarebbe piaciuto trovare la mia Jane. O forse perché sono propenso ad aiutare gli altri. Oppure, a ragion veduta, il cantante. Che però è un po’ lo stesso mestiere dell’attore.

Il filosofo Stefano Bonaga, che è anche tuo amico, un giorno mi ha raccontato, scherzando ma non troppo, che tra i suoi valori vengono prima Spinoza e poi le belle ragazze.

Le belle ragazze sono fondamentali. Ma nel mio caso sono sempre state loro a scegliermi. Mentre a Marlon Brando, senza fare un cazzo, gli saltavano addosso. A me è successo al massimo che mi dicessero: «Sai che mentre eri in scena ti avrei scopato?». Sarà stato il fascino dell’attore. Una volta però c’erano le minigonne, i reggipetti e le giarrettiere, invece oggi si mettono tutte questi calzoni…

C’è meno femminilità?

Ma certo, si vestono come dei maschiacci. La magia del sex appeal si è persa, prima ce n’era di più. Gli uomini facevano gli uomini e le donne le donne. In generale li considero alla pari, anzi, le donne hanno più testa di noi, sono più razionali, fanno i figli, sono fortissime. Ma prima c’era il corteggiamento, senza alludere a cose scabrose. Era semplicemente il gioco dell’amore, della vita. Quella roba lì mi manca da tanto tempo.

Siamo su un terreno scivoloso in epoca di catcalling, body shaming e simili.

Sono tutte definizioni che non conosco. Solo una volta nella mia vita mi è scappata una sberla a Giuliana De Sio, perché mi aveva esasperato. Poi con altre ci siamo tirati qualsiasi cosa, dai libri ai televisori, ma in generale non ho mai picchiato una donna. Quando è successo con Giuliana ero fuori di testa. Una sberla in 55 anni ce po’ sta, o no? Anche perché me ne sono fatte dare molte.

L’ultima volta che hai detto «ti amo» quando è stato?

Ultimamente, visto che ho una storia con Francesca, una donna che mi piace molto in un rapporto tra alti e bassi. Sono innamorato e speriamo che duri, è un miracolo. Avevo accantonato quel sentimento due anni e mezzo fa ed ero rassegnato. Invece è successo di nuovo, mi aiuta a vivere meglio, ho ritrovato sensazioni che sembravano dimenticate. Non posso che essere grato alla vita che a 76 anni ancora qualcosa mi scuote.

Alessandro Haber con la figlia Celeste
Alessandro Haber con la figlia Celeste

Immagino ti scuota anche l’amore per tua figlia Celeste. Qual è il più grande insegnamento che pensi di averle dato?

Io non so fare il padre, interpreto un personaggio. Quello di cui sono certo è che per lei darei la vita. Adesso, in questo momento, mi sparerei per Celeste. Ma non farmi dire altro che mi commuovo.

Ci hai mai pensato a come vorresti morire?

Sul palco sarebbe interessante. L’egocentrismo portato all’eccesso, che per un attore fa parte della vita. In questo caso anche della morte. Estremo, ma non male. Come un personaggio che finisce lì, per sempre. Ma in generale è importante per me, in qualunque modo arriverà, che sia in serenità.

411 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views