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Scajola e la scorta a Biagi, si indaga su omicidio per omissione

Secondo il Corriere della Sera alcuni documenti dell’archivio segreto di Scajola smentiscono la versione dell’ex ministro sulle minacce al giuslavorista ucciso dalle Br.
A cura di A. P.
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Ore 19.45 – Luciano Zocchi: “Mai ascoltato da chi fece la relazione sulla protezione revocata a Biagi”. Zocchi, ex segretario di Claudio Scajola, alla notizia dell'apertura della nuova inchiesta, ha rivelato all'Ansa di non essere stato mai sentito da chi al Viminale fece la relazione sulla scorta a Marco Biagi, ed invece “avrei potuto parlare di queste cose”. Ha confermato quanto disse ai pm un anno fa dopo il ritrovamento a casa sua di documenti su Biagi: “Ho sempre detto la verità e non da oggi. Ho conservato i documenti a mia tutela e li ho messi a disposizione appena mi sono stati chiesti. Auspico che possano concorrere al pieno accertamento della verità”. Zocchi ha sottolineato che le carte che gli sono state trovate sono sue e non di Scajola. Zocchi, inoltre, ha raccontato di aver messo al corrente della vicenda della mancata scorta al giuslavorista l'allora segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone: “Gli parlai come a un padre spirituale in modo molto sommario, non andai nei dettagli e lui mi disse di agire secondo coscienza”. L'avv. Nico D'Ascola, senatore del Nuovo Centrodestra, ha annunciato intanto di avere rinunciato all'incarico di difensore di Scajola. A breve il parlamentare spiegherà i motivi della sua decisione.

AGGIORNAMENTO- La procura di Bologna riapre il caso della scorta a Biagi – Dopo la trasmissione a Bologna dei documenti dell'archivio segreto di Scajola trovati in casa del suo ex segretario Luciano Zocchi, il pm Antonello Gustapane ha deciso di riaprire le indagini sulla revoca della scorta al professor Marco Biagi. La Procura del capoluogo emiliano aveva già indagato sui comportamenti omissivi di alcuni funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista ucciso dalle Brigare Rosse il 19 marzo del 2002, ma poi le indagini non avevano portato a nulla. La nuova ipotesi di reato formulata dal Pm bolognese è omicidio per omissione. In pratica il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Antonello Gustapane, titolari del fascicolo, ipotizzano che chi sapeva delle minacce a Biagi non abbia fatto tutto quello che era in suo potere per metterlo al sicuro.

L'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola sarebbe stato a conoscenza dell'imminente pericolo che correva il giuslavorista Marco Biagi, poi ucciso dalle Brigate Rosse. Secondo quanto racconta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, è quello che ergerebbe dalle centinaia di documenti trovati dalla Guardia di Finanza nell’archivio segreto di Claudio Scajola durante le perquisizioni per altre indagini su uomini a lui vicini. Nelle cartelline che Scajola aveva consegnato ad un agente dei servizi segreti militari, infatti, oltre alle vicende di Tangentopoli e ai fatti riguardanti il suo incarico di ministro dell’Interno, sarebbe stata trovata anche un'informativa da lui vistata sulle minacce che Biagi stava ricevendo. Un particolare non di poco conto visto che l'ex Ministro ha sempre sostenuto di non essere a conoscenza del reale rischio che correva il giuslavorista a cui era stata tolta la scorta.

I documenti alla procura di Bologna – Sempre come rivela il Corriere della Sera, l'informativa sarebbe contenuta nel fascicolo trasmesso dalla Procura di Roma a quella di Bologna che indaga sul caso del Professore ucciso dalle Br. Il documento vistato da Scajola sarebbe stato inviato da un politico vicino allo stesso Biagi e spedito al Viminale "pochi giorni prima dell’attentato delle Brigate Rosse del 19 marzo 2002 per caldeggiare l’assegnazione del dispositivo di protezione evidenziando la serietà della minaccia".

Archivio costantemente aggiornato –  Dai documenti sequestrati dalle Fiamme Gialle, però, emergerebbe anche un'altra verità scomoda per Scajola. L'esponente di Forza Italia si dimise da ministro nel 2002 dopo aver definito Marco Biagi "un rompicoglioni", ma nell'archivio segreto ci sono documenti e fascicoli che vanno ben oltre quella data tanto da far sospettare che la raccolta di informazioni sia costantemente proseguita in tutti questi anni. I magistrati ora vogliono fare chiarezza anche su questo punto e scoprire se quei documenti riservati possano essere stati utilizzati a fini illeciti.

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