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Salvatore morì a 23 anni per uranio impoverito, Cassazione condanna Ministero della Difesa

La Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero della Difesa contro la precedente sentenza d’appello che accertava il nesso tra esposizione all’uranio impoverito e la morte del militare 23enne Salvatore Vacca e riteneva la Difesa responsabile di “condotta omissiva”, non avendo protetto adeguatamente il caporalmaggiore mentre partecipava ad una missione in Bosnia.
A cura di Antonio Palma
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Non vi è alcun dubbio sul nesso causale tra uranio impoverito e la morte di Salvatore Vacca, fante del 151° reggimento della Brigata Sassari, deceduto a soli 23 anni per una leucemia nel settembre 1999, così come è accertata la colpa dello stesso Ministero della Difesa che non ha protetto il militare. È quanto ha ribadito la terza sezione civile della Corte di Cassazione,  condannando contemporaneamente il nostro Ministero per "condotta omissiva", non avendo protetto adeguatamente il caporalmaggiore mentre  partecipava ad una missione in Bosnia con la brigata ‘Sassari' nel novembre 1998. Nel dettaglio, l'alta corte ha rigettato due motivi del ricorso avanzato dal ministero contro la decisione della Corte d'appello di Roma che già aveva confermato la condanna in primo grado della Difesa, e accolto solo il terzo in merito al capitolo risarcimenti alla famiglia del militare sardo.

Nei primi due motivi del ricorso il Ministero aveva chiesto la nullità della sentenza d'appello "per avere la stessa erroneamente dichiarato inammissibile l'appello per difetto di specificità", nonché per l'omessa motivazione della decisione. Nel terzo motivo, l'unico accolto dai giudici, la Difesa invece aveva contestato l'entità del risarcimento danni richiesti dai genitori e dalla sorella di Vacca. In pratica la Difesa aveva chiesto che l'indennizzo corrisposto ai parenti del militare morto doveva essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno. La Cassazione quindi ha rinviato gli atti alla Corte d'appello di Roma per un nuovo esame "che provvederà anche alla regolamentazione delle spese relative al presente giudizio di legittimità".

"È stato riconosciuto il nesso causale tra uranio impoverito e patologie tumorali e riconosciuta la ‘colpa' dell'Amministrazione della Difesa nell'aver ignorato i pericoli nell'esporre i nostri militari su teatri operativi in cui vi era stato l'utilizzo di munizionamento all'uranio impoverito", ha spiegato Domenico Leggiero, dell'Osservatorio Militare. Secondo l'accusa, Salvatore Vacca tra novembre 1998 e aprile 1999, prestando servizio quale pilota di mezzi cingolati in Bosnia, "ha inalato particelle tossiche prodotte dall’esplosione di proiettili composti da uranio impoverito"  che poi hanno portato alla sua malattia e alla morte. Nella sua attività Vacca ha trasportato munizioni sequestrate, materiale che, scrivono i magistrati, si sarebbe dovuto considerare "come ad alto rischio di inquinamento da sostanze tossiche" . Prima il Tribunale, poi la Corte d’appello, hanno ritenuto responsabile il Ministero per avere omesso "l’adozione di misure di prevenzione, precauzione e sicurezza idonee a ridurre al minimo i rischi per la salute" dei componenti dell’esercito. Questa condotta omissiva, secondo i giudici, "configura una violazione di natura colposa delle prescrizioni imposte non solo dalle legge e dai regolamenti, ma anche dalle regole di comune prudenza".

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