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Sparatoria a Fidene

Uccise 4 donne alla riunione di condominio, perché Campiti è stato condannato all’ergastolo: “Ha pianificato tutto”

Claudio Campiti, l’uomo che l’11 dicembre 2022 ha ucciso quattro donne a Fidene, è stato condannato all’ergastolo il 16 aprile scorso. Secondo la Prima Corte d’Assise di Roma avrebbe agito in maniera premeditata e lucida, come dimostrerebbe la preparazione del delitto e a un’eventuale fuga.
A cura di Francesco Esposito
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"Non ha agito d'impulso né in uno stato emotivo improvviso" Claudio Campiti quando l'11 dicembre del 2022 ha ucciso quattro donne aprendo il fuoco durante la riunione di un consorzio condominiale a Fidene. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 16 aprile, la Prima Corte d'Assise di Roma presieduta dalla giudice Paola Roja ha condannato l'uomo all'ergastolo per l'omicidio di Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis.

Le motivazioni della sentenza: "Aveva messo da parte proiettili ed era pronto alla fuga"

"Ha pianificato i suoi delitti, in maniera minuziosa, con lucidità e determinazione", continua la corte, rigettando la tesi della difesa che aveva chiesto la non punibilità per tutti i reati per vizio totale di mente. Campiti era lucido e aveva programmato la sua azione da tempo, ad esempio mettendo da parte proiettili. Oltre ai cento noleggiati lo stesso giorno della strage, ne sono stati trovati altri ottanta nell'abitazione dell'uomo. Ma "aveva iniziato ad acquistare cento munizioni in luogo delle abituali cinquanta" addirittura da settembre 2022.

Ci sono poi il coltello e il pugnale da sub, tenuto in una fondina legata intorno alla coscia, che secondo i giudici avrebbe portato "in alternativa alla pistola". Gli inquirenti hanno anche ricostruito come Campiti ha raccolto informazioni sul luogo della riunione del consorzio Valleverde. Sembrava, poi, pronto alla fuga: "Disponeva di un mezzo con cui allontanarsi, aveva con sé denaro contante (5.700 euro), abbigliamento, documenti medicine, tutto quello che era il ‘suo mondo'; aveva, infine, per non essere rintracciato, staccato la batteria dal proprio telefono cellulare", si legge ancora nelle motivazioni della sentenza.

Omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, tentato omicidio di altre cinque persone sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti. Questo l'elenco completo dei capi d'imputazione di cui è stato riconosciuto colpevole e che gli sono valsi, oltre l'ergastolo, anche tre anni di isolamento diurno.

Strage di Fidene, la corte: "Claudio Campiti non si è mai pentito"

Di aver commesso la strage Claudio Campiti non si sarebbe mai pentito, come testimonia, secondo la corte, il comportamento avuto immediatamente dopo il delitto, quando "anche una volta bloccato a terra, manifesta rabbia nei confronti della presidente del Consorzio, Bruna Marelli e di altri consorziati".

Campiti non era l'unico imputato. L'allora presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma Bruno Ardovini è stato condannato a tre mesi con pena sospesa per omessa custodia dell'arma, mentre è stato assolto il dipendente addetto all'armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto, dove l'omicida prese la Glock calibro 45 con cui ha ucciso le vittime.

Esclusi dalla sentenza tre responsabili civili su quattro

Dalla sentenza sono stati esclusi anche tre dei quattro responsabili civili individuati dai pubblici ministeri Giovanni Musarò e Alessandro Lia: Ministero degli Interni, Ministero della Difesa e Unione Italiana Tiro a Segno. Mentre era stato condannato il Tiro a Segno Nazionale. "Per noi è stata una giustizia a metà – aveva dichiarato deluso a Fanpage.it uno dei sopravvissuti -. Per quanto riguarda Campiti, anzi è stato aumentato anche l'isolamento rispetto alla richiesta di condanna. Eravamo convinti che almeno il Ministero degli Interni venisse condannato".

La strage di Fidene l'11 dicembre 2022

L'11 dicembre 2022 Claudio Campiti si è recato al poligono di Tor di Quinto. Qui ha preso una pistola ed è uscito senza essere fermato o notato dagli addetti del centro sportivo. Si è quindi diretto al bar ‘Il posto giusto' a via Monte Giberto, nella cui area esterna, sotto un gazebo, era in corso una riunione del consorzio Valleverde, un comprensorio di case sul lago del Turano. Qui ha fatto fuoco, uccidendo quattro donne e ferendone altre. Non si è mai pentito, e ha sempre detto di aver sparato per un torto subito e per legittima difesa.

L'uomo era da anni in guerra col consorzio, dove aveva acquistato all'asta lo scheletro di una casa che non era mai stata terminata. Qui viveva in condizioni terribili, senza acqua né luce. All'esterno della sua abitazione aveva anche appeso uno striscione con scritto "Consorzio raus" (Via il consorzio) e, come scoperto in seguito, gestiva un blog dove scriveva minacce e deliri di ogni genere contro il Valleverde.

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