“Ridotta a oggetto, la chiamava ‘schiava sessuale'”: 36enne a processo dopo anni di violenze sull’ex

Finisce a processo dopo quattro anni di abusi sessuali, vessazioni e insulti nei confronti della sua ex: mercoledì 1 ottobre il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma ha deciso per il rinvio a giudizio di un uomo, 36 anni, accusato di violenza sessuale e maltrattamenti. La corte, che si riunirà per la prima seduta il 26 ottobre 2026.
A processo dopo quattro anni di violenze sessuali: "La riduceva a un oggetto"
Nelle carte giudiziarie il racconto di un comportamento violento e ossessivo, in cui il trentaseienne pretendeva controllo assoluto sulla ragazza fino a disumanizzarla. "In numerose occasioni, durante tutto l’arco della relazione, costringeva la sua fidanzata a subire atti sessuali con violenza – si legge nel capo d'imputazione – riducendola a mero oggetto e destinataria inerme della proprie pulsioni". Agli stupri si aggiungevano, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, i maltrattamenti continui, le umiliazioni e gli insulti finalizzate a spezzare la volontà della compagna "determinando un clima di sottomissione e prostrazione tale da cagionarle un ‘disturbo da stress post traumatico'".
Gli insulti e le minacce nelle chat acquisite dall'inchiesta
Terminata la relazione nel 2019, ha iniziato un percorso di psicanalisi che l'ha aiutata a prendere atto degli abusi subiti nel corso degli anni. Un'esperienza, quella con una professionista della salute mentale, che la stessa ragazza, assistita dall'avvocata Stefania Nubile, ha raccontato come determinante nella realizzazione di ciò che le era stato fatto: "Sono felice di essere stata ascoltata e di aver incontrato persone preziose che mi hanno sostenuto. Penso anche a tutte le donne in difficoltà e auguro loro di trovare la forza di denunciare per loro stesse e per tutti noi", ha commentato.
Verrà raccolta probabilmente a porte chiuse la testimonianza della donna. Mentre sono già state acquisite le chat su whatsapp. Messaggi violenti e intimidatori in cui lui la chiamava "schiava sessuale" e la minacciava di morte o di stupro "se avesse avuto rapporti sessuali con altri uomini". L'opera di denigrazione e umiliazione passava anche attraverso pesanti insulti a sfondo misogino, in cui la donna veniva definita con epiteti sessisti e degradanti e continuamente sminuita sul piano personale e intellettivo.