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Delitto di Arce, omicidio di Serena Mollicone

Omicidio Mollicone, Franco Mottola: “Tuzi suicida per vergogna e perché rifiutato dall’amante”

La famiglia Mottola sta affrontando un nuovo processo dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione giudicandola “incoerente in più punti e contraddittoria”.
A cura di Simona Berterame
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"Tuzi si è suicidato perché aveva capito di avere perso il senso dell'onore, perché aveva perso la stima in sé stesso, per la delusione del rifiuto della sua ex amante  a tornare assieme, per il pentimento e per la vergogna di avere messo in mezzo mio figlio innocente e per i suoi segreti personali sul proprio comportamento non collegato a noi, ma alle sue azioni extrafamiliari e ad altri eventi a me sconosciuti". Le parole dell'ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, Franco Mottola, imputato per la morte di Serena Mollicone insieme alla moglie Anna Maria e al figlio Marco, hanno aperto l'udienza di oggi del processo bis davanti alla terza sezione della Corte d'Assise d'Appello di Roma.  Mottola parla ancora una volta del suo ex collega Santino Tuzi, il brigadiere morto suicida nel 2008 e che alcuni giorni prima aveva dichiarato di aver visto una Serena Mollicone entrare in caserma. Dichiarazioni poi ritrattate fino ad arrivare al suicidio con un colpo di pistola all'interno della sua automobile. Per Franco Mottola "Santino Tuzi ha mentito quando ha dichiarato che quella mattina dell’1 giugno 2001 Serena è entrata in caserma per recarsi da mio figlio Marco. Io non so perché Tuzi abbia detto una menzogna del genere, però ritengo con assoluta certezza le sue dichiarazioni contraddittorie, false, tardive e illogiche".

Le parole dell'ex maresciallo

Franco Mottola, l'unico dei tre imputati presente in aula, ha chiesto alla corte di poter prendere la parola per rendere delle dichiarazioni spontanee. "Sono e siamo innocenti di quanto siamo accusati da moltissimi anni. Non abbiamo nulla a che vedere con la morte di Serena Mollicone: non l'abbiamo uccisa, non l'abbiamo picchiata, non l'abbiamo immobilizzata e confezionata col nastro adesivo e col fil di ferro, non l'abbiamo trasportata a Fontecupa".

Mottola parla anche della sentenza di appello, rigettata poi dalla Cassazione: "Siamo stati assolti in appello dopo una decina di mesi, circa 25 udienze e 50 testimoni. Purtroppo la sentenza è stata scritta male, ma non da noi:; è stata scritta una sentenza che dice “Vi assolviamo, perché non spieghiamo tutti i perché”.

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