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La storia del bimbo di Ladispoli sospeso per 20 giorni perché iperattivo: potrà tornare a scuola

Bambino di sei anni sospeso perché ritenuto iperattivo. Dopo la decisione del Tar, potrà rientrare in classe. Il preside di un istituto di Ladispoli si difende: “Non avevo letto la sentenza dei giudici, potrà rientrare. Il problema è che i genitori ritengono la scuola babysitteraggio”.
A cura di Enrico Tata
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Un bambino di sei anni è stato sospeso da scuola perché giudicato iperattivo. Per 21 giorni, secondo il preside di un istituto comprensivo di Ladispoli, non avrebbe potuto frequentare le lezioni insieme ai suoi compagni. Per la precisione il piccolo è stato sospeso dal 28 febbraio al 21 marzo. 

Il Tar del Lazio, però, ha accettato il ricorso dei genitori e ha annullato il provvedimento. Dopo la decisione dei giudici, la famiglia aveva accompagnato il bambino a scuola, ma il primo marzo il preside non lo ha fatto entrare. Per questo, i genitori si sono appellati al ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, che ha inviato gli ispettori dell'Ufficio scolastico regionale per indagare.

"Sono a disposizione della chiarezza e della verità. Per questo sono contento della presenza degli ispettori. Perché tutti noi siamo certi di avere fatto il meglio proprio per il bimbo", ha spiegato all'agenzia Ansa Riccardo Agresti, il preside della scuola di Ladispoli.

Il dirigente scolastico si è giustificando dicendo di non aver fatto entrare l'alunno a scuola, perché ancora non gli era stata notificata la decisiione dei giudici: "Una volta letta la decisione del Tar ho dato disposizioni di non impedire l'accesso".

Ha raccontato ancora il preside all'Ansa: "Parcheggiata la mia auto ed entrando nel cancello di scuola è arrivata una pattuglia dei Carabinieri, per cui ho atteso nel mio ufficio il loro arrivo (papà, bimbo e Carabinieri). Invece poi non è entrato nessuno e sono "spariti" tutti . Una volta letta la decisione del Tar ho dato disposizioni di non impedire l'accesso ad alcuno e stamani mi attendevo che il papà entrasse con il bimbo ed in effetti mi sono insospettito del fatto che il bimbo non si fosse presentato. Nessuno impedirà l'accesso del bimbo dopo la decisione del Tar".

Secondo il preside il problema è legato al fatto che la famiglia del piccolo "ritiene la Scuola un babysitteraggio e se ne infischia del fatto che altri 21 bambini non stanno imparando a leggere e scrivere a causa della situazione della classe".

Il bambino, stando a quanto si apprende, è assistito per due ore al giorno da un Oepac, assistente scolastico, e la classe ha 11 ore di docente di sostegno a cui si aggiunge un'ulteriore ora che la docente svolge in classe.

"Per vie traverse sappiamo che il bimbo ora ha una certificazione che illustra una situazione ben peggiore del comma 1, ma questa documentazione non è mai stata consegnata alla scuola", ha spiegato ancora il preside.

La Legge 104 art 3 comma 1 "riconosce a chi ancora non ha compiuto 18 anni la condizione di handicap senza connotazione di gravità". Bambini, cioè, che non necessitano di assistenza continua. Il comma 3, invece, riconosce una disabilità grave.

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