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La destra vuole creare un ‘bosco rosso’ con telecamere dove far andare le donne per l’ultimo incontro con l’ex

Un parco chiuso con videocamere per dire addio al partner in sicurezza: è quanto suggerito dalla Regione Lazio con il progetto del Bosco Rosso. E ancora una volta il contrasto alla violenza di genere viene strumentalizzato dalla destra.
A cura di Beatrice Tominic
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La destra preferisce prevenire la violenza di genere creando delle aree videosorvegliate in cui rinchiudere le donne piuttosto che educare gli uomini. È quanto emerge dal progetto presentato in Regione Lazio lo scorso giugno, avviato dall'Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza, la legalità e la lotta alla corruzione della Regione Lazio, presieduto dal generale Serafino Liberati e l’ente del Terzo settore Algaxia, presieduto da Sabrina Zolla.

Si chiama "Bosco Rosso" e prevede la "realizzazioni di spazi aperti protetti finalizzati alla prevenzione di violenze, abusi e molestie contro le donne nonché alla promozione di una socialità fondata sul rispetto, l’equità e la sicurezza". Un luogo dove organizzare, nell'ottica della proposta, primi appuntamenti o ultimi incontri con gli ex partner dopo la fine di una relazione. Sembra difficile, però, promuovere rispetto, equità e sicurezza rinchiudendo le coppie (ma soprattutto le donne) in un recinto, piuttosto che promuovere una formazione maschile che contrasti la violenza di genere. Un lavoro più strutturato potrebbe partire, invece, proprio dai corsi di educazione sessuoaffettiva tanto demonizzati dal governo.

L’idea di creare ‘spazi sicuri' come il Bosco Rosso, dove la sicurezza dipenderebbe solo da telecamere e sorveglianza, si fonda su un presupposto distorto: che, quando un incontro finisce in tragedia, la colpa sia delle donne, accusate di aver scelto un luogo ‘sbagliato' per l’ultimo appuntamento.
È la stessa logica che alimenta la vittimizzazione secondaria: la colpa viene sempre riportata sulle vittime. Così, la vecchia domanda ‘come era vestita?' si è solo trasformata in ‘perché sei andata? perché lo hai rivisto?'. Non si fa nessun riferimento a misure di prevenzione, non si accenna minimamente al fatto di dotarsi di strumenti che possano effettivamente cambiare la società, come l'educazione sessuoaffettiva o il liberarsi degli stereotipi di genere. Non interessa: e allora si mantiene lo status quo, con interventi di facciata – e in questo caso anche dannosi – solo per dire che si è fatto qualcosa per la violenza contro le donne.

Il commento di Michela Cicculli: "Strumentalizzano la violenza di genere, ma il Bosco Rosso non riguarda questo"

Lo scopo del progetto è quello di riqualificare delle aree verdi, oggi trascurate e degradate e trasformarle in Boschi Rossi, per la prevenzione dei femminicidi e il rafforzamento del benessere collettivo, come si legge sul sito della Regione. "È un intervento di manutenzione del verde che include l'installazione di telecamere. Dire che serve al contrasto alla violenza di genere è soltanto una strumentalizzazione –  spiega Michela Cicculli, presidente della Commissione pari opportunità al Comune di Roma – C'è forse qualche soggetto che fa contrasto alla violenza di genere dentro il progetto Bosco Rosso? No. Per un progetto del genere bisognerebbe almeno essere un po' più competenti in materia".

Il Bosco Rosso, lo ribadisce, non parla di contrasto alla violenza di genere. "Non mischiamo le cose. È una strumentalizzazione di soggetti che non hanno nulla a che fare con la sicurezza di genere. Se vogliamo parliamo di sicurezza, se vogliamo parliamo di verde, se vogliamo parliamo di manutenzione di spazio pubblico. Ma non di contrasto alla violenza di genere".

Nel frattempo, nella capitale, fatta eccezione per il VI municipio (governato dal centrodestra), nessuno ha deciso di aderire all'iniziativa. "Dobbiamo ricordarci che se ci troviamo di fronte a una situazione tossica o se c'è un maltrattante, la relazione di coppia semplicemente non persistere e non può persistere. Dobbiamo continuare ad investire come già facciamo, nei centri antiviolenza, implementare i programmi di educazione sessuoaffettiva". Sicuramente non creare dei parchi spacciandoli per un aiuto per le donne.

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