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Frane, esondazioni e allagamenti: per mettere in sicurezza Roma servono 900 milioni di euro

La mappa del rischio idrogeologico a Roma: per mettere in sicurezza Roma servono 900 milioni di euro. Intervista al professor Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale.
A cura di Enrico Tata
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A Roma sono 400mila le persone che vivono in aree soggette ad esondazioni e sono 4mila i cittadini che convivono con circa 700 fenomeni franosi censiti sul territorio della Capitale. Mediamente, circa il 14 per cento della popolazione romana è esposta a eventi di dissesto idrogeologico. Sono i dati diffusi dall'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Centrale. Secondo l'Autorità, soltanto per salvaguardare il territorio di Roma, servirebbe un investimento di circa 900 milioni di euro per interventi di messa in sicurezza e riduzione del rischio idrogeologico.

Professor Marco Casini, segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Centrale, quello di Roma è certamente un territorio complesso. Dal punto di vista del rischio esondazioni e allagamenti, quali sono le zone più a rischio?

Quello di Roma è certamente un territorio molto esteso e complesso, con oltre 2,8 milioni di abitanti. Partiamo col dire che con il rischio idrogeologico si individuano due fattispecie: il rischio idraulico e il rischio geologico da frana. Se parliamo del rischio idraulico, cioè del rischio di esondazioni e allagamenti, il problema di Roma è legato al cosiddetto reticolo secondario, cioè a tutti quegli affluenti che alimentano il fiume Tevere. Sono tanti: ci sono il fiume Aniene, la marana di Prima Porta, torrenti come l'Acqua Traversa, il fosso Caffarella e altri. Il problema è legato alla loro portata limitata e a rifiuti, sedimenti e alla vegetazione che cresce velocemente e blocca il passaggio dell'acqua. Quando ci sono fenomeni intensi di pioggia, questi fiumi, canali, fossi e torrenti si riempiono ed esondano, creando allagamenti.

La mappa di pericolosità idraulica
La mappa di pericolosità idraulica

A questo problema si aggiungono le zone di bonifica a Roma Sud, che presentano rischi da rigurgito del sistema fognario e fossi che esondano. Ancora, per esempio, la zona di Ponte Milvio, Roma Nord, per la sua conformazione geografica è ad alto rischio di flash flood. Quando arriva una pioggia intensa, quella zona si allaga molto rapidamente. Non c'è nessuna esondazione in questo caso, ma è l'acqua che non riesce a defluire dai canali di scolo. Un esempio è quello dello scorso 24 ottobre, con l'allagamento proprio della zona di Ponte Milvio.

L'allagamento a Ponte Milvio di ottobre
L'allagamento a Ponte Milvio di ottobre

E il Tevere? Presenta problemi di questo tipo?

Per quanto riguarda il Tevere, tutta la parte che va da Castel Giubileo fino all'Isola Tiberina e oltre, grazie ai muraglioni non è a rischio di esondazione. Il Tevere può invece esondare a Sud, per esempio a Ostia e a Tor di Valle, ma anche a Nord, nell'area di Monterotondo, Primaporta e Settebagni. Per proteggere questa zona, per esempio, è in corso un progetto per realizzare una diga sul fiume Paglia con l'obiettivo di ridurre il carico d'acqua su queste zone.

Cosa fare per ridurre il rischio allagamenti?

Per ridurre questi rischi è chiaro che bisogna fare una manutenzione ordinaria costante. Per esempio, stiamo intervenendo su sei fossi romani, togliendo piante e rifiuti (abbiamo trovato anche lavatrici) e rimodellando le sponde per conto della Regione Lazio. In secondo luogo, occorre realizzare opere di mitigazione, come per esempio argini più robusti e meccanismi che possano aiutare a smaltire quantitativi d'acqua improvvisi.

 segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Centrale
segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Centrale

Il cambiamento climatico sta avendo un impatto importante sull’aumento di rischi. Negli ultimi anni gli eventi estremi nella Capitale sono aumentati?

I nostri dati sono confermati anche da altre fonti e una delle più note è il rapporto Città Clima di Legambiente. Gli eventi di questo tipo certamente sono aumentati e la città di Roma è quella che presenta il maggior numero di eventi estremi. La città è stata interessata da ben 66 eventi estremi dal 2010 al 2022, con 6 soltanto nel 2022. Si tratta di esondazioni, frane, allagamenti, ondate di calore, mareggiate, grandinate. Quello che sta succedendo è certamente un aumento delle temperature a cui si associano le sempre più frequenti ondate di calore. Quando l'aria è più calda, ha più vapore, è più umida e quando arriva una perturbazione l'acqua cade giù tutta insieme e determina allagamenti. È come se ci stessimo  ‘tropicalizzando'.

Per quanto riguarda le frane, quali sono le zone della città più a rischio?

Nella città di Roma sono stati censiti (lo abbiamo fatto insieme ad Ispra) 700 fenomeni franosi e le persone direttamente interessate sono almeno 4mila. Gli eventi più importanti per dimensione e rischio sono 26 e si trovano soprattutto nella parte Ovest della città. I municipi che sono più interessati da questi fenomeni sono il quattordicesimo, il quindicesimo, il terzo e il primo. I siti sono molti, da Villa Glori a viale Bruno Buozzi, da villa Madama al Campidoglio.

La mappa dei 26 siti di Roma più a rischio frana
La mappa dei 26 siti di Roma più a rischio frana

Che impatto ha il consumo di suolo sui rischi idrogeologici?

Il tema del consumo di suolo è un tema molto serio. L'Italia ha un triste primato e Roma è tra le città che consumano più suolo nel Paese. Soltanto lo scorso anno sono stati consumati a Roma 70.300 ettari di suolo. Questo causa due problemi: riduce le capacità di infiltrazione dell'acqua, la permeabilità del terreno, e, secondo aspetto, questo consumo sta avvenendo in zone giudicate già a rischio idrogeologico, da zone a rischio sismico a zone a rischio frane e zone agricole.

Nel documento di Strategia di adattamento climatico nell'ambito del Piano clima di Roma Capitale avete individuato 900 milioni di investimenti per mettere in sicurezza Roma dal punto di vista idrogeologico. È così?

Il nostro lavoro istituzionale riguarda la pianificazione e la mappatura del rischio. Abbiamo lavorato a stretto contatto con l'Amministrazione capitolina per fornirgli tutti i dati di pericolosità di rischio e di pianificazione. Il piano ha come obiettivo proprio quello di individuare interventi da fare il prima possibile, sia per colmare il gap esistente che per prepararsi a un trend sempre più negativo. È stato realizzato con il nostro supporto e prevede 900 milioni di euro di investimenti, che l'Autorità ha individuato come prioritari. Sono stati inseriti nella nostra programmazione, sono all'attenzione del ministero e adesso dobbiamo trovare i fondi per poterli realizzare. Abbiamo lavorato assieme e abbiamo individuato un percorso da fare e, secondo me, è stato un ottimo lavoro sinergico, ben fatto. Dal canto nostro, oltre a dare le informazioni all'amministrazione, siamo impegnati nella conoscenza sempre più aggiornata e profonda del territorio per individuare interventi sempre più mirati ed efficaci.

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