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Arresto di Camilla Marianera, continua la caccia alla talpa: trasferiti due cancellieri indagati

Dopo il blitz che ha portato in manette la praticante avvocato Camilla Marianera e il fidanzato Jacopo De Vivo, legato agli ultrà di estrema destra e al clan Casamonica, l’inchiesta si è allargata anche alle cancellerie del Tribunale di Sorveglianza e della Corte d’Appello.
A cura di Emilio Orlando
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Due dei cinque cancellieri indagati sono stati trasferiti in via precauzionale in altri uffici e ad altri incarichi meno delicati. Gli indagati, infatti, fino a ieri prestavano servizio presso le cancellerie della Sorveglianza e della Corte d'Assise d'Appello. È l'ultimo sviluppo dell'inchiesta che ha travolto la Procura capitolina, dove dalla settimana scorsa è in corso una caccia alla talpa e alle "gole profonde" che potrebbero aver ceduto le informazioni alla Marianera, che a sua volta le vendeva, con un tariffario che variava dai 300 ai 700 euro, a piccoli narcotrafficanti romani, tra cui Luca Giampà, e alla moglie Mafalda Casamonica, appartenete all'omonimo e legati a Jacopo De Vivo, compagno della professionista.

Due cancellieri indagati sono stati trasferiti

Chi conosce i due cancellieri trasferiti sarebbe pronto a giurare che si tratta di persone integerrime che non avrebbero mai favorito condotte illegali e ne tantomeno avrebbero mai accettato regalie di ogni tipo. "Conosco bene quegli impiegati – racconta un avvocato penalista assidue frequentatore degli uffici giudiziari. Sono persone molto cordiali e disponibili ma nei limiti della legalità. Non credo per niente al fato che possano essere coinvolti nella vicenda". Il pool di inquirenti che segue da vicino l'evolversi dell'inchiesta è convinto, indizi ed intercettazioni alla mano, che il duo Marianera – De Vivo non solo non millantasse entrature che gli permettevano di avere informazioni su indagini segrete e molto delicate su associazioni per delinquere dedite al narcotraffico ed estorsioni, ma che dietro vi sia un "sistema" criminale molto ramificato trasversale tra le tifoserie violente, l'estrema destra, il clan Casamonica, che utilizzava cocaina anche per corrompere pubblici ufficiali che ne avevano il vizio.

Le indagini su Camilla Marianera e Jacopo De Vivo

Il perno attorno al quale ruota l'intera indagine, coordinata dai pubblici ministeri Giulia Guccione e Francesco Cascini, è la figura di Jacopo De Vivo, figlio di "Peppone" al secolo Giuseppe, ultrà giallorosso, deceduto nel 2015. Il "rampollo" di De Vivo, che gestisce alcune sale scommesse, intestate a dei prestanome, avrebbe irretito la ventisettenne, finita con lui in manette. La ragazza infatti, nonostante il suo aspetto brillante e il suo piglio apparentemente sicuro, sarebbe un soggetto, secondo chi la conosce, molto fragile con il mito dell'uomo "criminale". Proprio questa sua debolezza l'avrebbe portata ad innamorarsi di Jacopo De Vivo, che seppur incensurato, si atteggiava a malavitoso e frequentava i locali romano ritrovo della criminalità di spessore, tra cui i Casamonica che erano anche suoi vicini di casa in vicolo di Porta Furba 107.

Nel frattempo lo studio legale Rocco Bruno Condoleo, dove Camilla Marianera aveva effettuato il praticantato prima dell'esame di abilitazione, si dichiara parte offesa e vittima della Marianera e del fidanzato, che utilizzavano del nome prestigioso dello studio sito in via Arezzo per accreditarsi, all' insaputa di Condoleo (non indagato), negli uffici giudiziari.

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