“Adesso inginocchiati” ordina a un amico della moglie che scambia per l’amante e lo massacra a martellate

Quattro anni di reclusione è la pena che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma ha stabilito nei confronti di un uomo di cinquantasette anni, accusato di tentato omicidio. Ha aggredito un amico della moglie, trovandolo in casa, convinto che fosse il suo amante. Lo ha costretto a inginocchiarsi, per poi prenderlo a calci e a pugni e lo a massacrato a martellate. L'uomo ha dovuto ricorrere a cure mediche urgenti. La vittima si è costituita parte civile nel processo, assistita dagli avvocati Angela Porcelli e Svevo Bonomo. La Procura nei confronti dell'imputato aveva chiesto una condanna a nove anni di carcere.
La sentenza è arrivata qualche giorno fa, al termine del rito abbreviato. I fatti risalgono a dicembre del 2024, a pochi giorni dal Natale, all'interno di un'abitazione nel quartiere San Giovanni a Roma. Secondo quanto ricostruito in sede processuale la vittima, un uomo, era in compagnia della sua amica, la moglie dell'aggressore. I due si sono incontrati per trascorrere del tempo insieme, comprare dei regali di Natale e scambiarsi gli auguri.
Terminata la passeggiata la donna ha proposto al suo amico di salire in casa per un caffè e lui ha accettato. Ma mentre erano nell'abitazione il marito di lei è rintrato. Vedendoli insieme ha ordinato all'uomo: "Adesso inginocchiati". L'amico di sua moglie lo ha assecondato, sperando che si calmasse e invece gli si è scagliato addosso, prendendolo a calci, pugni e martellate anche in testa. In particolare lo ha colpito all'altezza della tempia. L'uomo fortunatamente è riuscito a scappare e a mettersi in salvo, chiedendo aiuto ai vicini. Rimasto gravemente ferito, ha avuto bisogno di ricorrere a cure mediche ed è stato trasportato in codice rosso all'ospedale San Giovanni Addolorata.
Le forze dell'ordine hanno bloccato e arrestato il cinquantasettenne con l'accusa di tentato omicidio. Nel capo d'imputazione come riportato da Il Messaggero si legge che l'aggressore nei confronti della vittima ha "compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte".