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Referendum Trivelle, M5S denuncia viceministro: “Fa campagna per l’astensione”

Maurizio Buccarella, senatore del M5S, ha presentato un esposto alla Procura contro il viceministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova, che si era espressa a favore dell’astensione del voto al referendum del 17 aprile.
A cura di Redazione
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Mentre infuria la polemica intorno al caso che ha portato alle dimissioni del ministro Guidi, un altro caso coinvolge il ministero per lo Sviluppo Economico. Il senatore del Movimento 5 Stelle Maurizio Buccarella ha infatti presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma contro il viceministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova, esponente del Partito Democratico. L’oggetto dell’esposto di Buccarella riguarda il referendum del 17 aprile, con il quale gli italiani saranno chiamati a esprimersi in relazione alla possibilità di non rinnovare automaticamente le concessioni per le trivellazioni fino all’esaurimento dei giacimenti all’interno delle 12 miglia marine.

La Bellanova è da tempo schierata per l’astensione dal voto e durante un’intervista a L’Unità ha ribadito il suo pensiero spiegando di considerare il non voto del 17 aprile come “la cosa più saggia da fare”. Una posizione che non va giù ai Cinque Stelle che, facendo riferimento a un paio di articoli del testo unico sulle leggi elettorali (art. 98 TU e 51 della legge 352 del 1970), ritengono che si possa ravvisare un vero e proprio reato nelle parole dell’esponente di Governo.

Si legge nell’esposto presentato da Buccarella:

sulla testata “L’Unità” del 27 Marzo 2016 veniva pubblicata un’intervista all’on.le Teresa Bellanova (nata a Ceglie Messapica il 17/08/1958), deputato del Partito Democratico ed attualmente Viceministro del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Nell’articolo a firma Francesco Zappa e titolato “Bellanova: ”Non voto. Dal sì solo terrore sulla politica energetica”, la parlamentare, oltre ad esplicitare ragioni critiche sulla consultazione referendaria fissata per il prossimo 17 Aprile 2016, rispondendo all’ultima domanda dell’intervista (“Quindi, lei cosa consiglia di fare agli italiani il 17 aprile ?”), rispondeva fra l’altro asserendo, sempre in virgolettato, quanto segue: “…Se vogliamo far prevalere la ragione, la cosa più saggia da fare il 17 aprile è non andare a votare. Questa è la mia posizione e del mio partito, il Pd. E questo io farò”.

Tale asserzione, tanto più perché particolarmente qualificata poiché proveniente da una parlamentare con specifico ruolo ministeriale, a parere dell’esponente viola palesemente la disciplina normativa sanzionatoria in materia elettorale e referendaria.

Più precisamente, a mente dell’art. 98 del DPR 361/1957 e ss.mm.ii. (cd. Testo Unico delle leggi per l’elezione della Camera dei Deputati), è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 600.000 a 4.000.000 di lire, il pubblico ufficiale e comunque chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile che, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera, fra l’altro, ad indurre gli elettori all’astensione.

L’art. 51 comma 2 della L. n. 352 del 25/05/1970 (“Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sull’iniziativa legislativa del popolo”), dispone espressamente poi che, in materia referendaria, le sanzioni previste dagli articoli 96, 97 e 98 del predetto testo unico si applicano anche quando i fatti negli articoli stessi contemplati riguardino, fra l’altro, anche le astensioni di voto relativamente ai referendum, come quello abrogativo fissato, come detto, per il 17 aprile 2016 ed avente ad oggetto la proposta abrogazione di disposizioni normative in materia di proroga di impianti estrattivi di idrocarburi entro le 12 miglia marine.

Tali disposizioni normative sanzionatorie sono quindi e con ogni evidenza poste a presidio della libertà di partecipazione democratica dei cittadini in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie e scoraggiano, punendole, quelle condotte dei soggetti qualificati in virtù del proprio ruolo o funzione istituzionale o ufficio pubblico, che inducono gli elettori all’astensione e cioè alla rinuncia, alla non partecipazione all’esercizio democratico del voto sia esso di carattere elettivo così come referendario.

Non è chi non veda che la condotta posta in essere dalla parlamentare, lungi dall’essere una legittima posizione “politica” (pubblicamente espressa peraltro dal suo partito di appartenenza o quantomeno da parte di esso), si esplica, a parere dell’esponente, precisamente nelle condotte sussumibili a quelle previste dalla fattispecie di reato, sol che si consideri che nell’articolo de quo la stessa on.le Bellanova, abusando del suo ruolo e pubblicamente a mezzo stampa, si esprime non già come “privata cittadina” o semplice iscritta al partito, bensì con l’ ”attribuzione”, espressamente citata nello stesso pezzo giornalistico, di parlamentare e Viceministro dello Sviluppo Economico, peraltro con delega all’energia.

E’ pure fuor di dubbio l’induzione all’astensione dal voto referendario nell’espressione proferita dall’on.le Bellanova quando dice “…la cosa più saggia da fare il 17 aprile è non andare a votare…”, chiaramente riferendosi la frase non già al merito del quesito referendario o ad una posizione politica “indifferente” rispetto alla consultazione, bensì all’invito espresso e censurabile penalmente di “disertare” le urne, nella consapevolezza implicita che il mancato raggiungimento del quorum previsto dalla legge renderebbe nullo l’esito del voto, con conseguente mortificazione dello strumento costituzionalmente previsto di partecipazione democratica dei cittadini, bene giuridico tutelato dalla norma.

***

Tanto si espone a codesta ill.ma Autorità Giudiziaria, affinchè, previa verifica dei fatti e delle responsabilità sottese, si proceda a far rispettare la Legge e si intervenga sanzionando la responsabile.

Allegati: 1) Copia articolo de “L’Unità” del 27 marzo 2016 titolato “Bellanova: “Non voto. Dal Sì solo terrore sulla politica energetica”, pure visibile all’indirizzo web

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