Ue risponde a domanda su Gaza che ha fatto perdere il lavoro al giornalista Nunziati: “Israele paghi i danni”

L’eurodeputato Pasquale Tridico ha chiesto a Kaja Kallas se Israele debba contribuire alla ricostruzione di Gaza. L’Alto rappresentante Ue ha risposto che, in base al diritto internazionale, chi causa un danno è tenuto a ripagarlo.
A cura di Francesca Moriero
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Per settimane è rimasta sospesa nell'aria, rimbalzando nella sala stampa della Commissione europea come un interrogativo scomodo: Israele dovrà contribuire alla ricostruzione di Gaza? Una domanda semplice, estremamente diretta, che aveva però avuto conseguenze pesanti. A porla per primo era stato Gabriele Nunziati, giovane giornalista dell'Agenzia Nova, durante il briefing di mezzogiorno al Berlaymont. Una domanda che la portavoce della Commissione aveva liquidato con un rinvio ("interessante, ma non commento") e che, pochi giorni dopo, era costata al reporter il posto di lavoro, come abbiamo raccontato su Fanpage.it. Da allora, molti colleghi a Bruxelles hanno scelto di riproporre quel quesito in segno di solidarietà, trasformando un episodio di censura aziendale in un caso politico e professionale; ogni giorno, la stessa domanda; ogni giorno, nessuna risposta. Finché qualcuno non è stato obbligato a rispondere.

Tridico (M5s): "Esiste piano affinché Israele paghi per la distruzione a Gaza?"

È accaduto durante un'audizione nella Commissione per il controllo dei Bilanci del Parlamento europeo: a chiedere conto delle responsabilità nella ricostruzione è stato questa volta l'eurodeputato del Movimento 5 Stelle Pasquale Tridico, che ha incalzato l'Alta rappresentante Ue per la Politica Estera, Kaja Kallas, con un parallelo già evocato a Bruxelles: "Abbiamo stabilito che la Russia debba ripagare i danni causati dalla sua aggressione all’Ucraina. Allora le chiedo se esista un piano affinché Israele paghi per la distruzione a Gaza". La risposta, finalmente, è arrivata, con un peso politico particolare, proprio perché proveniva dal massimo livello della diplomazia europea: "Non abbiamo accesso a Gaza, quindi non possiamo ancora stimare i danni — ha precisato Kallas — ma il principio fondamentale del diritto è che chi causa un danno deve ripagarlo". Parole nette, dopo settimane di silenzi.

Per Tridico si tratta di una risposta "significativa", che "restituisce giustizia anche al giornalista Gabriele Nunziati: la stessa domanda che a lui era costata il licenziamento". L'eurodeputato ha poi sottolineato come la mancanza di accesso del personale Ue alla Striscia impedisca qualsiasi valutazione precisa ma non cancelli il principio giuridico evocato da Kallas.

Ora resta da capire se l'Unione europea sarà davvero coerente con queste dichiarazioni, perché, come ricorda l'eurodeputato, "finora è stato fatto troppo poco per rendere giustizia alle oltre 70mila vittime". E perché quella domanda — oggi finalmente evocata e riconosciuta — rimane al centro di un dibattito che intreccia diritto internazionale, responsabilità politica e libertà di stampa.

Cosa è successo al giornalista Gabriele Nunziati

Tutto era iniziato il 13 ottobre, durante uno dei briefing quotidiani tra stampa e istituzioni europee. In platea sedeva Gabriele Nunziati, collaboratore dell'Agenzia Nova. Quando aveva preso il microfono, aveva rivolto una domanda diretta alla portavoce della Commissione, Paula Pinho: se l'Unione Europea riteneva che la Russia dovesse pagare la ricostruzione dell'Ucraina, lo stesso principio non sarebbe dovuto valere anche per Israele, dopo la devastazione quasi totale della Striscia di Gaza? Nel video di quello scambio si vedeva chiaramente l'imbarazzo della portavoce, che definiva il tema "interessante" ma evitava di rispondere; un silenzio tanto più evidente perché, in quelle stesse ore, si discuteva proprio dei primi accordi per la ricostruzione e del ruolo di Israele.

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Da quel momento, tuttavia, la vicenda aveva preso una piega inattesa. L'agenzia per cui lavorava Nunziati lo aveva contattato più volte, lasciando intendere che quella domanda non era stata gradita. Nel frattempo il video circolava sui social, alimentando critiche al presunto doppio standard europeo: duro con Mosca, prudente — se non reticente — quando si trattava dei crimini di Israele a Gaza. Due settimane più tardi, il collaboratore viene licenziato con una lettera formale.

Nella versione dell'Agenzia Nova, la domanda era "tecnicamente sbagliata": la Russia aveva invaso uno Stato sovrano, sostenevano, mentre Israele avrebbe agito in risposta a un'aggressione armata. L'agenzia contestava anche che il video della conferenza fosse stato rilanciato da "canali Telegram nazionalisti russi" e da media vicini a movimenti islamisti, creando imbarazzo e incrinando il rapporto di fiducia.

Nunziati, dal canto suo, aveva sempre rivendicato che la sua domanda si basava sui fatti. E i fatti, certificati dalle Nazioni Unite, indicano che circa l'80% degli edifici della Striscia risultava distrutto dai bombardamenti israeliani. La questione, insomma, appare quindi inevitabile: chi ricostruirà Gaza? E soprattutto: quali responsabilità vengono riconosciute per le devastazioni e per il massacro di civili palestinesi? Interrogativi ancora più urgenti se si considerava che il premier israeliano Benjamin Netanyahu è ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

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