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Telecomunicazioni, rinnovato il contratto: chi otterrà aumenti fino a 298 euro e cosa cambia

Rinnovato il contratto collettivo nazionale del settore Tlc: aumenti graduali fino a 298 euro, nuove regole sugli inquadramenti e più garanzie per chi lavora nei call center. Un accordo che vuole ridisegnare il futuro di un comparto strategico per la digitalizzazione del Paese.
A cura di Francesca Moriero
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Dopo mesi di trattative, è stato rinnovato il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il settore delle telecomunicazioni, un accordo che coinvolge circa 200mila lavoratrici e lavoratori in tutta Italia, dai tecnici di rete agli impiegati amministrativi, dagli operatori dei call center al personale dei servizi di assistenza. Il rinnovo arriva in un momento complesso per il comparto, che sta vivendo una fase di forti cambiamenti: le aziende del settore stanno infatti affrontando fusioni, ristrutturazioni, e una trasformazione digitale sempre più rapida, con l'intelligenza artificiale e le nuove tecnologie che modificano sempre più il modo di lavorare.

In questo contesto, l'accordo appena firmato punterebbe a due obiettivi principali: da un lato riconoscere economicamente i lavoratori con un aumento salariale progressivo, dall'altro ridisegnare le regole del lavoro nel settore, introducendo nuovi criteri di inquadramento professionale e maggiori tutele per le aree più fragili, come quella del customer care. In sintesi, non si tratterebbe soltanto di un aumento in busta paga, ma di un tentativo di aggiornare il contratto collettivo alle nuove esigenze di un settore in piena trasformazione, dove la tecnologia cambia rapidamente e le competenze diventano il vero motore del lavoro.

Di quanto aumentano gli stipendi nelle telecomunicazioni con il nuovo ccnl

L'incremento economico previsto per il 5° livello (corrispondente al nuovo livello C1) ammonta complessivamente a 298 euro, che verrebbero distribuiti in quattro tranche nel periodo 2026–2028:

  • 100 euro dal 1° gennaio 2026
  • 50 euro dal 1° dicembre 2026
  • 50 euro dal 1° luglio 2027
  • 98 euro dal 1° dicembre 2028

Un meccanismo graduale, pensato per conciliare le esigenze dei lavoratori, alle prese con un'inflazione che ha eroso il potere d'acquisto, e quelle delle imprese, ancora impegnate nel recupero dopo anni difficili. Se si considera un lavoratore con uno stipendio lordo di 1.800 euro, a regime l'aumento potrebbe portare il salario mensile oltre i duemila euro, con un recupero sensibile sul fronte del costo della vita. Secondo le parti, l'intesa terrebbe conto dell'inflazione IPCA, garantendo il recupero della dinamica dei prezzi maturata nei due cicli contrattuali precedenti.

Il customer care, tra tutele e sostenibilità: cosa cambia per chi lavora nei call center

Uno dei punti più delicati del nuovo contratto riguarda poi il settore del customer care, cioè tutte le attività di assistenza ai clienti e gestione dei servizi in outsourcing, spesso svolte da aziende esterne tramite appalti; un comparto particolarmente esposto alla concorrenza e alla pressione sui costi. Negli ultimi anni, infatti, molte società hanno scelto di affidare queste attività a imprese che applicavano contratti diversi, talvolta meno tutelanti: un fenomeno noto come dumping contrattuale, che ha contribuito a creare differenze di trattamento anche tra lavoratori che svolgevano lo stesso tipo di lavoro. Per ridurre questa disparità e rendere la filiera più stabile, il nuovo CCNL introduce regole più chiare e omogenee per il settore dei call center, prevedendo anche un aumento economico specifico. Gli operatori del customer care riceverebbero un incremento complessivo di 288 euro, distribuito in cinque passaggi:

  • +50 euro dal 1° aprile 2026
  • +35 euro dal 1° dicembre 2026
  • +50 euro dal 1° dicembre 2027
  • +50 euro dal 1° luglio 2028
  • +103 euro dal 1° dicembre 2028

Oltre agli aumenti, il contratto punterebbe a rafforzare le garanzie occupazionali attraverso una revisione della clausola sociale. In concreto, questo significa che quando un'azienda perde un appalto e un'altra subentra, un evento frequente nel settore, i lavoratori coinvolti non dovrebbero perdere il posto, ma essere riassorbiti dal nuovo gestore, mantenendo condizioni economiche e contrattuali analoghe.

Un esempio pratico: se un call center che gestisce l'assistenza di un grande operatore telefonico viene sostituito da un altro fornitore, gli operatori che rispondono alle chiamate o gestiscono le chat dei clienti continuerebbero a lavorare, semplicemente cambiando datore di lavoro ma senza perdere diritti o salario. L'obiettivo di queste misure sarebbe insomma duplice: da un lato assicurare stabilità e continuità occupazionale, dall'altro rendere sostenibile l'intera filiera dei servizi di assistenza, in un momento in cui il settore sta vivendo appunto una forte trasformazione tecnologica e organizzativa.

Una nuova mappa delle professioni

Uno dei passaggi più innovativi del contratto riguarderebbe poi la riforma degli inquadramenti professionali. Il sistema tradizionale, basato su livelli fissi, verrebbe infatti sostituito da un modello più dinamico, fondato su aree professionali. L'obiettivo dichiarato sarebbe quello di valorizzare le competenze effettive e collegare più chiaramente le responsabilità e i percorsi di crescita. In un settore dove le tecnologie cambiano rapidamente, infatti, il vecchio schema non riusciva più a rappresentare le nuove figure professionali: dagli esperti di cyber–sicurezza ai tecnici di rete specializzati in 5G, fino agli operatori digitali che gestiscono chatbot o sistemi di assistenza automatica.

Con la riforma, un operatore che acquisisce nuove competenze attraverso corsi e certificazioni potrebbe avanzare verso inquadramenti superiori, ricevendo un riconoscimento economico coerente; un cambiamento che, insomma, se applicato con coerenza, potrebbe favorire una maggiore occupabilità e una formazione continua più mirata.

Più previdenza e solidarietà di settore

Il contratto introdurrebbe poi anche un rafforzamento della componente di welfare. Dal 1° gennaio 2026,  infatti, il contributo aziendale al Fondo Telemaco (previdenza complementare) salirà all'1,6%, mentre quello destinato al Fondo Bilaterale di Solidarietà di Settore sarà incrementato allo 0,20% a carico dell’azienda e allo 0,10% a carico dei lavoratori. Si tratta di misure che dovrebbero potenziare la rete di protezione per i dipendenti, con l'obiettivo ultimo di offrire strumenti aggiuntivi in caso di crisi aziendali, riorganizzazioni o sospensioni temporanee delle attività.

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