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Stupri di Palermo e Caivano, per Calenda lo Stato deve bloccare l’accesso ai siti porno per i minori

Dopo le violenze avvenute a Caivano e a Palermo, Calenda propone un intervento dello Stato “per limitare e proibire ciò che è dannoso per i ragazzi. Vale per l’accesso ai social, vale per la pornografia e per l’oscuramento dei contenuti pericolosi sulle piattaforme”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Gli stupri di Palermo e di Caivano, dopo le reazioni indignate, impongono una riflessione sulle cause e sulla violenza di genere. Non servono le passerelle, come non basta reprimere: serve un'azione preventiva, forte e mirata. Ne è convinto il leader di Azione Carlo Calenda, che si unisce al coro delle analisi, dei consigli, più o meno richiesti, alle vittime, proponendo in questo caso una soluzione che a parere dell'ex ministro potrebbe dare un contributo concreto per una vera svolta culturale: bloccare i siti porno per i minori di 14 anni.

"Nell'ambito del ddl sui social abbiamo proposto un sistema per autenticare l'età che oltre ad essere usato per limitare l'accesso ai social ai minori di 14 anni, può essere esteso a tutti i siti vietati (divieto oggi di fatto inapplicato) compresi i siti pornografici o violenti. Forse prima di arrivare all'oscuramento occorrerebbe rendere efficaci i divieti teoricamente già esistenti", ha scritto sui social intervenendo nel dibattito sviluppatosi anche a seguito dei recenti episodi di violenze di gruppo. La richiesta di oscurare i siti porno è arrivata ieri da don Patriciello dopo la visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Parco Verde di Caivano, luogo degli abusi ai danni di due cuginette di 11 e 12 anni.

"È sempre pericoloso estrapolare da fatti di cronaca considerazioni generali – ha scritto Calenda in un lungo post dal titolo ‘Limiti e morale' – Tuttavia siamo di fronte a un susseguirsi impressionante di aggressioni, violenze, stupri, omicidi per futili motivi che coinvolgono ragazzi come vittime e come carnefici. Io credo che ci sia qualcosa di profondamente “storto” nel modo in cui vengono cresciuti tanti ragazzi, negli esempi che traggono dai social e nella convinzione che tutto gli sia consentito in nome di una libertà illimitata. Si va diffondendo l’idea che esistano sempre meno barriere, divieti, proibizioni, codici di comportamento. Perché consentiamo ad un preadolescente di 12 anni di seguire i video di chi sfida la morte su tik tok, conoscere il sesso attraverso siti porno che contengono ogni genere di atto sessuale, ascoltare le farneticazioni del “pantera” o del “Brasiliano” su YouTube?".

"Esiste a mio avviso un’esplosiva contraddizione tra tentativo di farli rimanere piccoli il più a lungo possibile, dargli accesso a tutto ciò che vogliono e assumere una postura che da genitori porta ad essere più che altro compagni di giochi", scrive Calenda, secondo cui quella che si pone oggi è "una grande questione sociale e culturale". 

"Se le famiglie non riescono – sottolinea Calenda – lo Stato deve farsi carico di limitare e proibire ciò che è dannoso per i ragazzi. Vale per l’accesso ai social, vale per la pornografia e per l’oscuramento dei contenuti pericolosi sulle piattaforme. È un crinale difficile tra libertà e etica che passa anche per un poderoso piano di istruzione civile e culturale. Mi rendo conto dei rischi. Ma su questo dovremmo tutti riflettere. Se non ora quando?".

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