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Senato approva la separazione delle carriere, cosa cambia per i magistrati e quali sono i prossimi passi

Passa al Senato la riforma della giustizia, che prevede anche la separazione delle carriere: 106 i favorevoli e 61 i contrari. È la seconda approvazione, e visto che è una riforma costituzionale ora dovrà tornare alla Camera. Ecco quali sono le novità, dalle carriere separate di giudici e pm al nuovo Csm e l’Alta corte disciplinare.
A cura di Luca Pons
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Il Senato ha dato il via libera alla riforma della giustizia che contiene la separazione delle carriere per i magistrati, un nuovo Consiglio superiore della magistratura separato, e un'Alta corte disciplinare per le toghe. I voti a favore sono stati 106, i contrari 61. È la seconda approvazione, dopo quella della Camera, ma dato che si tratta di una riforma costituzionale l'iter non è ancora concluso: il testo dovrà tornare a Montecitorio per una terza lettura, e poi di nuovo al Senato per il via libera definitivo. Se non ci sarà una maggioranza dei due terzi, servirà poi anche un referendum – che potrebbe arrivare già il prossimo anno – per confermare il passaggio della riforma.

Sulla riforma della giustizia punta soprattutto Forza Italia, oltre al ministro della Giustizia Carlo Nordio. La separazione delle carriere e gli altri contenuti del testo hanno suscitato forti critiche negli ultimi anni non solo dalle opposizioni, ma anche da molti giudici e magistrati. In Aula, dopo il voto, i partiti di minoranza hanno protestato platealmente mostrando anche dei cartelli con la Costituzione capovolta.

La separazione delle carriere per i magistrati

Il punto più discusso è la separazione delle carriere. I magistrati oggi possono essere sia pubblici ministeri, che conducono le indagini in ambito penale (la cosiddetta magistratura requirente), sia giudici nei tribunali (la magistratura giudicante). La legge attualmente prevede che un giudice possa scegliere di diventare pm e viceversa, anche se è permesso un solo cambio di carriera, e solo nei primi dieci anni di attività professionale. A farlo, negli ultimi anni, è stata una percentuale bassissima dei magistrati.

In ogni caso, se passasse la riforma questa possibilità sparirebbe: all'inizio della carriera bisognerebbe decidere quale percorso seguire, senza cambiamenti successivi. La motivazione data dal centrodestra per questa riforma è che questo garantirebbe che il giudice sia imparziale.

Un nuovo Consiglio superiore della magistratura

Con la separazione delle carriere nascerebbe anche la necessità di due Consigli superiori della magistratura separati, uno per i pm e uno per i giudici. Ciascun Csm guarderebbe solamente ai magistrati del proprio gruppo. A presiedere entrambi gli organi sarebbe il presidente della Repubblica, come avviene oggi per il Csm.

Farebbero parte di entrambi gli organi, oltre al capo dello Stato, anche il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri membri invece sarebbero scelti a sorte. Per un terzo sarebbero pescati da un elenco stilato dal Parlamento, per i due terzi invece tra i magistrati. Questa mossa servirebbe, sempre nelle intenzioni dichiarate del centrodestra, a fare sì che le correnti della magistratura abbiano meno peso nella composizione del Csm.

L'Alta corte disciplinare

Infine, nascerebbe una Alta corte disciplinare per occuparsi, appunto, dei casi di violazioni delle norme disciplinari da parte dei magistrati. Questa funzione verrebbe tolta al Csm e assegnata a un organo del tutto nuovo. L'Alta corte si occuperebbe sia dei magistrati requirenti che dei giudicanti. Ne farebbero parte quindici componenti: sei estratti tra i giudici (che rispettino alcuni requisiti) e tre tra i pm, tre estratti da un elenco stilato dal Parlamento, e gli ultimi tre scelti dal presidente della Repubblica. Il presidente di questo organo dovrebbe essere poi scelto o tra le persone nominate dal capo dello Stato, o tra quelle di nomina parlamentare.

Cosa succede adesso alla riforma della giustizia

Il governo ha ottenuto l'obiettivo di arrivare al secondo via libera alla riforma della giustizia prima della pausa estiva del Parlamento. Dopo il via libera del Senato, come detto, il testo dovrà ritornare alla Camera. Poiché si tratta di una riforma costituzionale, e non di una legge ordinaria, servono infatti quattro approvazioni (due a Montecitorio e due a Palazzo Madama).

L'iter ripartirà probabilmente in autunno. È possibile che per il ‘secondo giro' i tempi siano più ristretti rispetto al primo, ma molto dipenderà dagli equilibri interni della maggioranza e dalle priorità del governo. Insomma, per adesso resta difficile stimare una data per l'approvazione definitiva della legge.

Anche quando arriverà il via libera ufficiale del Parlamento, poi, la riforma non sarà completata. I cambiamenti alla Costituzione, infatti, devono essere approvati dai parlamentari con una maggioranza di almeno i due terzi per entrare subito in vigore. In caso contrario, c'è la possibilità di richiedere un referendum confermativo.

Se si arriverà a questo punto, i cittadini saranno chiamati a votare sulla riforma della giustizia. Non ci sarà nessun quorum da raggiungere: il risultato sarà valido in ogni caso. In caso di conferma, la riforma sarà definitivamente approvata. Se invece gli elettori la bocceranno, il testo sarà nullo.

Costituzione capovolta, "non per Falcone e Borsellino ma per Berlusconi": le proteste delle opposizioni

Dal governo, naturalmente, è arrivata l'esultanza dopo l'approvazione. Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato sui social: "Un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione", ha detto. "Il percorso non è ancora concluso, ma oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all'Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente". Il ministro Nordio, parlando con i cronisti fuori dal Senato, ha parlato di una "riforma epocale", e ha detto che se finora "le divergenze di opinioni si sono acuite" la speranza è che adesso "il dialogo riprenderà con maggiore serenità". La seconda lettura, ha aggiunto, "dovrebbe essere rapida, poi andremo al referendum, che io auspico, perché una materia così delicata va sottoposta al giudizio degli italiani". Il vicepremier Antonio Tajani ha detto che è una "giornata storica" in cui "si realizza il sogno di Berlusconi".

Da parte delle opposizioni, invece, ci sono state durissime proteste. Subito dopo la votazione sulla riforma sono spuntati dei cartelli: alcuni con la Costituzione capovolta, mostrati dal Pd; altri, dai banchi del M5s, con i volti di Falcone e Borsellino e la scritta "Non nel loro nome", affiancata da Silvio Berlusconi e Licio Gelli con la scritta "…ma nel loro". I lavori sono stati sospesi per oltre mezz'ora prima di riprendere. "Ingiustizia è fatta", ha scritto sui social Giuseppe Conte, dicendo che l'obiettivo della riforma è "mettere il guinzaglio ai magistrati, proteggere politici e potenti dall'azione dei tribunali e realizzare il sogno di Licio Gelli e della P2".

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Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha detto che "quando la destra in questo Paese parla di riforma della giustizia e di efficientamento del sistema, di snellimento delle procedure, in realtà nasconde sempre un altro sottotesto. Un sottotesto in cui c'è scritto invece a chiare lettere l'attacco all'autonomia della magistratura, la volontà di subordinare i giudici al potere politico. Per i più deboli c'è il decreto Sicurezza: l'arresto immediato, la condanna penale. Per i grandi corruttori e i corrotti invece ci vuole tanto garantismo…". Anna Rossomando, vicepresidente del Senato e esponente del Pd, ha dichiarato che la riforma "delegittima e colpisce" il Csm, perché il governo "vede nel potere giudiziario un avversario con cui regolare i conti e da ridurre in una condizione di subalternità rispetto al potere politico".

Anche l'Associazione nazionale magistrati, come già fatto in passato, ha condannato la riforma della giustizia: "Toglierà garanzie ai cittadini, questa è la nostra principale preoccupazione. Ed è chiaro che l'intento di questa riforma sia quello di avere una magistratura addomesticata e subalterna, che rinunci al proprio compito di controllo di legalità", ha dichiarato la Giunta esecutiva centrale dell'Anm.

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