Scontro sulle rette dei malati gravi in Rsa: perché i costi rischiano di finire a carico dei pazienti

Lo scontro sulle rette delle Rsa è finito al centro della Conferenza Stato-Regioni. La questione riguarda i malati gravissimi, ovvero quelli affetti da Alzheimer o patologie neurodegenerative, per i quali diverse sentenze dei giudici – tra cui un recente pronunciamento della Corte di Cassazione – hanno stabilito che i costi del ricovero in Rsa debbano essere interamente a carico del Servizio sanitario nazionale.
Negli altri casi, la normativa nazionale sui Lea (i livelli essenziali di assistenza) prevede che il costo sia spartito tra il Ssn e il privato: un 50% a carico dello Stato e un 50% a carico del malato (o del Comune se la famiglia non dispone delle possibilità economiche per sostenere la spesa).
Il regime diverso applicato nei confronti dei pazienti gravissimi trova una spiegazione nel fatto che in questi casi l'attività socio-assistenziale non può essere distinta dalle prestazioni sanitarie, che appunto sono coperte dallo Stato. In altre parole, la gravità della patologia di cui soffre il malato è tale da far ritenere l'assistenza fornita (ad esempio la nutrizione tramite sondino, la movimentazione di persone allettate o l'igiene personale) un servizio sanitario a tutti gli effetti.
Secondo i dati del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono più di un milione i pazienti affetti malattie neurodegenerative, di cui 600.000di Alzheimer, mentre sono quasi 3 milioni i familiari e caregiver che si occupano a tempo pieno della loro assistenza.
Spesso il peso economico delle Residenze sanitarie assistenziali (le Rsa appunto) è difficile da sostenere per una famiglia. Il costo della retta in generale si aggira attorno ai 2mila euro al mese, una cifra rilevante che non tutti riescono a permettersi.
Il blitz della destra contro i malati gravi nelle Rsa
Sul tema si era accesa la polemica negli scorsi mesi quando la senatrice della Lega Maria Cristina Cantù aveva presentato un emendamento per rendere a carico esclusivo dei malati affetti da patologie gravissime delle loro famiglie, le spese assistenza sociosanitaria erogate nelle strutture residenziale convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale. In altre parole, la proposta puntava a separare – peraltro con efficacia retroattiva – le spese socio assistenziali da quelle sanitarie per i malati non autosufficienti più gravi ricoverati in Rsa, lasciando a carico dello Stato solo quelle sanitarie. Alla fine l'emendamento è stato bocciato ma lo scontro non si è sopito.
Il dibattito tra le Regioni
Il dibattito è arrivato in Conferenza Stato-Regioni, dove il Veneto ha proposto di modificare la normativa applicando la spartizione delle spese al 50% tra paziente e Ssn anche per i pazienti anziani con patologie degenerative o Alzheimer. Un'idea di cui si starebbe discutendo anche in Lombardia, dove – come riporta il Fatto quotidiano – l'Unione Nazionale Enti di Beneficenza e Assistenza Uneba, ha chiesto al presidente Attilio Fontana di intervenire per scongiurare il collasso del Ssn.
Dall'altra parte c'è chi si oppone con forza a questa proposta, come la onlus Fondazione promozione sociale, che teme per i diritti dei pazienti e rivendica la previsione normativa secondo cui nei casi gravissimi di cui abbiamo parlato e in cui è pressoché impossibile distinguere tra sanità e assistenza i ricoveri devono essere coperti interamente dal servizio sanitario.