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“Sanità pubblica sempre più debole, così il diritto alla salute non viene garantito”: il report Gimbe

Il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha presentato oggi a Roma il report annuale sul Servizio sanitario nazionale, descrivendo una situazione di estrema precarietà: “Il nostro Ssn è al capolinea, il diritto costituzionale alla salute così non viene più garantito”.
A cura di Annalisa Girardi
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Il servizio sanitario nazionale è al capolinea e i principi fondamentali su cui si fondava – universalità, uguaglianza, equità – sono stati traditi. Lo ha detto il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, presentando a Roma, presso la Sala Capitolare del Senato, il sesto rapporto sullo sul Ssn. Un documento che sottolinea la gravità della situazione nel nostro Paese: il diritto alla tutela della salute, si legge, è stato compromesso e questo pesa soprattutto sulle fasce economiche meno abbienti. Questo indebolimento, ha rimarcato Cartabellotta, non è accaduto dall'oggi al domani, ma dura da almeno 15 anni ed è stato perpetrato da tutti i governi, di ogni colore politico: "Non è più tempo di utilizzare il fragile terreno della sanità e i disagi della popolazione per sterili rivendicazioni politiche su chi ha sottratto più risorse al Ssn", ha aggiunto il presidente della fondazione, lanciando un appello per "un patto sociale e politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di governi, rilanci quel modello di sanità pubblica, equa e universalistica, pilastro della nostra democrazia".

Secondo Cartabellotta serve una "profonda riflessione politica", contando che "il tema della manutenzione ordinaria per il Ssn è ormai scaduto". In tal senso sono necessarie delle scelte: "O si avvia una stagione di coraggiose riforme e investimenti in grado di restituire al Ssn la sua missione originale, oppure si ammetta apertamente che il nostro Paese non può più permettersi quel modello di Ssn". E ancora: "Nel caso (non auspicabile) di un processo di privatizzazione, che ormai da anni si sta insinuando in maniera strisciante approfittando dell'indebolimento della sanità pubblica, la politica non può sottrarsi dal gravoso compito di governarlo".

Gimbe ha già presentato un piano di rilancio del servizio sanitario nazionale e ha ribadito come la bussola debba sempre rimanere l'articolo 32 della Costituzione: "Se la Costituzione tutela il diritto alla salute di tutti, la sanità deve essere per tutti". Cartabellotta ha quindi evidenziato una serie di ambiti in cui si concentrano criticità e sfide per il futuro: dal finanziamento pubblico alla spesa sanitaria, dai Livelli Essenziali di Assistenza alle diseguaglianze regionali e alla mobilità sanitaria, dal personale alla Missione Salute del PNRR, sino al Piano di Rilancio del SSN.

Per quanto riguarda il finanziamento pubblico Gimbe nel report ha sottolineato come dal 2010 al 2023 il fabbisogno sanitario nazionale sia aumentato complessivamente di 23,3 miliardi di euro. La pandemia è arrivata dopo un decennio di tagli alla sanità: il fabbisogno nella stagione della pandemia ha conosciuto un'impennata e il rilancio degli investimenti al settore è stato comunque assorbito dal contrasto alla pandemia. In seguito la crisi energetica ha nuovamente aumentato il fabbisogno e assorbito gran parte delle risorse che venivano stanziate.

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Per quanto riguarda la spesa sanitaria, nel 2022 questa era pari a 171.867 milioni di euro: di questi 130.364 milioni erano di spesa pubblica e 36.835 milioni di spesa out of pocket, cioè a carico delle famiglie. Altri 4.668 milioni erano invece di spesa intermediata da fondi sanitari e assicurazioni. In totale la spesa sanitaria pubblica italiana rappresenta il 6,8% del Pil, una cifra al di sotto sia della media europea che di quella Ocse.

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Il divario rispetto agli altri Paesi si è ampliato negli anni della pandemia, a tal punto che per colmare il divario pro-capite con la media dei Paesi europei bisognerebbe investire oltre 122 miliardi di euro in più da qui al 2030. Delle cifre che, ha sottolineato Cartabellotta, sono inavvicinabili per la finanza pubblica.

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Sui livelli essenziali di assistenza il report di Gimbe mette in chiaro che l'obiettivo dichiarato di continuo aggiornamento dei Lea (con la proposta di esclusione di prestazione divenute obsolete e di inclusione invece di quelle innovative) non sia in realtà mai stata raggiunto. Dall'analisi della griglia Lea, comunque, emerge una chiara frattura strutturale tra Nord e Sud: nessuna Regione del Mezzogiorno si posiziona infatti tra le prime dieci. Questo compromette l'equità di accesso ai servizi sanitari e spinge la mobilità sanitaria dalle Regioni meridionali a quelle settentrionali. "Ecco perché abbiamo proposto di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie, perché l'autonomia differenziata in sanità legittimerebbe normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute".

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Per quanto riguarda la carenza del personale sanitario – che tra l'altro le fonti disponibili non permettono nemmeno di analizzare in maniera oggettiva – il rapporto Gimbe sottolinea la gravità della situazione, comunque sottostimata.

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In un contesto di questo tipo, la fondazione ha sottolineato come il Pnrr rappresenti una grandissimi opportunità per finanziare il Ssn, ma che la sua attuazione debba essere sostenuta da forti azione politiche, in primis "coraggiose riforme di sistema" che lo rafforzi complessivamente.

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