Opinioni

Salvini cerca lo scontro aperto con Mattarella, ma i suoi alleati non hanno intenzione di seguirlo

Sul decreto Infrastrutture Matteo Salvini cerca lo scontro aperto con il Quirinale, che lo ha costretto a rimuovere una norma che puntava a semplificare i controlli antimafia per il Ponte sullo Stretto. Ma non è detto che gli alleati di centrodestra lo seguiranno nella sua nuova crociata.
A cura di Annalisa Girardi
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Quasi tutti i principali quotidiani oggi ci raccontano dell'alta tensione tra la Lega e il Quirinale. O meglio, tra Matteo Salvini e il Colle. Che il Capitano non abbia mai preso troppo in simpatia Sergio Mattarella non è certo una novità, basti pensare a quando era deputato europeo nel 2015 e indossò la maglietta con la faccia di Vladimir Putin per accogliere il capo dello Stato a Strasburgo. Non contento rincarò anche la dose sui social, postando una foto con la sua maglietta dall'emiciclo e scrivendo "Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!". E ancora, sempre quello stesso anno, in vista del tradizionale discorso di fine anno, Salvini diceva che piuttosto di ascoltarlo si sarebbe visto volentieri una puntata di "Masha e Orso". E nel caso il messaggio non fosse arrivato forte e chiaro, sempre nel giorno di San Silvestro, aggiungeva nero su bianco in un post su X (allora ancora Twitter): "Mattarella non è il mio presidente".

Però parliamo di dieci anni fa. Nel frattempo Salvini ha fatto il ministro e il vicepremier e i toni sono cambiati. Certo, qualche increspatura rimane. E stavolta al centro dell'alta tensione c'è il Ponte sullo Stretto, il progetto cavallo di battaglia del leader leghista.

A spiegarci cosa è successo è Angelo Picariello, su Avvenire:

Il decreto infrastrutture varato dal governo e promulgato dal presidente della Repubblica contiene una correzione di rotta "dettata" dal Quirinale rispetto al testo originale. La questione riguarda i controlli antimafia per il Ponte sullo Stretto di Messina. Una consultazione preventiva fra gli uffici di Palazzo Chigi e quelli del Colle ha portato a convenire che non andasse prevista per un progetto così importante, in un'area a così alto rischio di infiltrazione malavitosa una deroga alle norme previste dal codice antimafia, come avrebbe voluto il ministro Salvini.

Mettiamo in fila i passaggi. Lunedì scorso il governo Meloni ha approvato in Consiglio dei ministri il decreto Infrastrutture. Questo è stato poi emanato dal presidente della Repubblica, con una modifica: è stata di fatto saltare una norma che avrebbe "accentrato", diciamo così, il coordinamento dei controlli antimafia sotto il Viminale. L'idea era di far convergere i controlli in una struttura facente capo a un prefetto, quindi sotto l'egida del ministero dell'Interno, in modo da renderli più rapidi. Questa non è una novità, è già stato fatto in passato per degli eventi eccezionali, come le Olimpiadi o l'Expo. Però va sottolineato che quelli erano casi particolari, con esigenze straordinarie. Il Ponte sullo Stretto, un progetto di cui si parla da decenni e che sarà terminato (forse) tra anni e anni, è un altro paio di maniche.

Sul Corriere della Sera, Andrea Ducci riporta la posizione del Quirinale, sottolineando tra l'altro che la norma sui controlli antimafia era stata aggiunto dai Matteo (Salvini e Piantedosi) dopo che il testo era già stato inviato al presidente della Repubblica. Che a quel punto ha avuto un confronto con Palazzo Chigi, chiedendo di eliminarla: una richiesta accolta dall'esecutivo, tanto che la norma non figura nel testo firmato da Mattarella e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Nel Corriere si legge:

Un corto circuito istituzionale con il Quirinale che affida a una nota la spiegazione di quanto avvenuto negli ultimi giorni. "La legislazione in vigore contempla norme antimafia rigorose per le opere come il Ponte di Messina. La norma proposta prevedeva invece una procedura speciale adottata soltanto in casi di emergenza, come i terremoti, o di eventi speciali, che non risulta affatto più severa delle norme ordinarie.

Una spiegazione che però non piace al leader del Carroccio. Su Repubblica, Lorenzo De Cicco scrive:

Per Matteo Salvini non finisce qui. Il giorno dopo lo stop del Quirinale al passaggio del decreto Infrastrutture che modificava i controlli antimafia per il Ponte sullo Stretto, il ministro dei Trasporti rilancia. Alza i toni. Soprattutto, profila uno scontro con il Colle, che contrapporrebbe il potere legislativo alla massima autorità dello Stato.

Andiamo per gradi, prima i toni e poi lo scontro frontale. Per quanto riguarda i toni, dobbiamo andare ad ascoltare quello che Salvini ha detto parlando con i giornalisti a margine di un sopralluogo in un cantiere di Genova: "Chiederemo il massimo del rigore, il massimo della trasparenza, l’avevamo messo in decreto. Cioè più potere al ministero dell’Interno e alle prefetture per verificare che non ci siano infiltrazioni. Dal mio punto di vista sarebbe stato importante. Qualcuno ha pensato in maniera diversa, vorrà dire che sarà il Parlamento a mettere il massimo delle garanzie". Insomma un riferimento diretto a Mattarella e poi, come abbiamo anticipato, l'annuncio di uno scontro frontale.

Lo racconta bene Ugo Magri su La Stampa:

Matteo Salvini sfida il presidente della Repubblica. Chiede al Parlamento di resuscitare una norma sul Ponte dello Stretto che il Quirinale ha già bocciato. E non solo insiste per riproporla: il ministro fra credere che Sergio Mattarella si sia messo di traverso perché non vuole rafforzare i controlli antimafia, proprio lui, con la sua storia.

La storia sua e del fratello, Piersanti Mattarella, ex presidente della Sicilia e assassinato da Cosa Nostra nel 1980.

Insomma, Salvini vuole aggirare lo stop del Colle riproponendo quella stessa norma in Parlamento. Prima è arrivata una nota del ministero dei Trasporti, che diceva che "in sede di conversione il Mit auspica fortemente che il Parlamento possa valutare l'importanza di alcune integrazioni, a partire dai controlli antimafia sul Ponte sullo Stretto". Non solo, poco dopo è anche arrivata una nota dei deputati leghisti, che hanno scritto: "Lavoreremo in Parlamento per rafforzare i controlli antimafia. La Lega è determinata nel tenere una linea rigorosa, per assicurare che questo progetto strategico vada di pari passo con la lotta alla criminalità organizzata".

Insomma, le intenzioni della Lega sono chiare. Il Carroccio non ha intenzione di mollare, tutt'altro: vuole alzare il livello dello scontro. C'è da dire che non è chiaro se il resto della maggioranza gli andrà appresso. Sempre su Repubblica De Cicco spiega che i leghisti avrebbero sottolineato come a questa norma avessero lavorato anche altri ministeri, in particolare due in capo a Fratelli d'Italia, quello della Giustizia e della Difesa. E poi scrive

Nessuno dei due ministri interviene a sostegno del "lumbard", però. Anzi, dalla Difesa raccontano di non avere "mai visto o discusso" questo articolo "prima che arrivasse in Cdm". Come dire: noi non c'entriamo. È la spia di un disagio diffuso, tra i Fratelli. Che sale fino alla premier, che certo non vuole incidenti con il Colle.

E ancora:

Anche Forza Italia non si mette in scia alla Lega. Interpellato, il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, spiega che "bisogna essere realisti, vedremo la discussione in Parlamento certo, ma il Quirinale ha facoltà di intervenire e non si può che prenderne atto". Inutile tentare rilanci, che non hanno chance di riusciuta.

Quindi, per concludere: pare abbastanza evidente che Salvini stia cercando lo scontro aperto con il Colle. Ma è decisamente meno chiaro se avrà o meno il sostegno dei suoi alleati di maggioranza in questa crociata.

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Video. Scrivo, realizzo video e podcast su temi di attualità e politica, provando a usare parole nuove per raccontare il mondo di sempre. 
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