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Quando il ministro Nordio era contro la separazione delle carriere: l’Anm pubblica una lettera del 1994

L’Associazione nazionale magistrati ha firmato un documento con cui, nel 1994, l’attuale ministro Nordio aderì a un appello contro la separazione delle carriere: la misura che oggi Nordio ha inserito nella sua riforma della giustizia. La replica del ministro: “Era il periodo di stragi e Tangentopoli, dopo dissi che stavamo esagerando e non ho più cambiato idea”.
A cura di Luca Pons
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La riforma della giustizia, e in particolare la separazione delle carriere di giudici e pm, è uno dei temi che ha acceso di più lo scontro tra il governo Meloni – in particolare il ministro della Giustizia Carlo Nordio – e la magistratura. Martedì il Senato ha dato il via libera al testo, che ora dovrà passare nuovamente da entrambe le Camere prima di essere sottoposto a un eventuale referendum. Nordio ha detto che con l'approvazione della riforma si realizza una sua aspirazione: "Cose che scrivo da trent'anni. Da magistrato, è una cosa che credevo fermamente". Oggi l'Associazione nazionale magistrati ha pubblicato una lettera risalente al 1994: si tratta dell'adesione di Nordio, all'epoca magistrato a Venezia, a un appello della stessa Anm che si opponeva proprio alla separazione delle carriere. Il ministro ha replicato spiegando di aver cambiato idea l'anno successivo, dopo il suicidio di un suo indagato.

"Anche Carlo Nordio era contrario alla separazione delle carriere", ha scritto l'associazione che rappresenta le toghe, condividendo l'immagine del documento anche sui social. Il testo risale al 3 maggio 1994, e si legge: "I sottoscritti Magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia aderiscono al comunicato dell’Associazione Nazionale Magistrati in quanto contrari alla divisione delle carriere dei Magistrati con funzioni requirenti e con funzioni giudicanti". Firmato, tra gli altri, Carlo Nordio.

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L'Anm, sulla sua rivista ufficiale La magistratura, ha insistito ricordando che nell'appello in questione, il primo punto recitava: "Nella storia dell’Italia repubblicana l’indipendenza del Pm rispetto all’esecutivo e l’unicità della magistratura ha rappresentato in concreto una garanzia per l’affermazione della legalità e la tutela del principi di eguaglianza dinanzi alla legge". Motivazioni che ancora oggi l'associazione sostiene, contestando la riforma, mentre il ministro ha cambiato idea.

Da parte sua, lo stesso Nordio aveva parlato della nascita delle proprie idee a riguardo in un'intervista pubblicata oggi sul Giornale. Questo perché, in Aula, la deputata del Pd Debora Serracchiani lo aveva già accusato di aver firmato un altro appello, sempre contro la separazione delle carriere, nel 1992.

Nell'intervista, il ministro ha affermato che fu proprio il 1995, l'anno del suo primo libro, il momento in cui cambiò idea sulla questione e prese una posizione ‘impopolare' anche tra i magistrati. "Naturalmente fui pesantemente criticato dall’Anm. Non era facile a quei tempi mantenere la barra dritta. Ora questa impresa si sta realizzando".

Il periodo in cui era contrario alla separazione delle carriere, ha detto, era quello di "stragi e Tangentopoli", in cui "la magistratura doveva restare compatta", anche perché lo stesso Nordio era stato colpito da "attacchi da parte della politica perché avevo arrestato democristiani e socialisti". Nel 1995 poi, come detto, adottò la sua nuova linea, diametralmente opposta a quella precedente: "Dissi che stavamo esagerando, e che erano necessarie riforme radicali". E da allora "non ho più cambiato idea".

La replica di Nordio: "Cambiai idea dopo suicidio di un mio indagato"

Il ministro è intervenuto per chiarire le ragioni che hanno motivato la sua marcia indietro sul tema della separazione delle carriere e che sono legate ad un episodio vissuto nella sua carriera da magistrato. "In quegli anni ero contro la separazione delle carriere perché auspicavo che la magistratura restasse compatta, in tempo di stragi e tangentopoli. Poi ci fu il caso del suicidio di un indagato in una mia inchiesta a Venezia", ha raccontato. "Da lì capì che si stava esagerando e nel 1995 cambiai idea, tanto che anche alcuni giornali il giorno dopo titolarono su questa mia nuova decisione. Del resto non sono stato certo l'unico tra i magistrati, tra i politici e tra i giornalisti a cambiare idea. Nel 1997 fui chiamato dai probiviri dell'Anm per render conto delle mie idee, che ribadì", ha aggiunto.

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